E' in corso di stampa il V numero di NUOVABUSAMBRA dedicato alla memoria di Francesco Carbone.
Il fascicolo contiene anche un breve ma denso testo di Federico Garcia Lorca che anticipiamo, seppure parzialmente, di seguito:
da Federico García Lorca...
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Alocución al pueblo de Fuentevaqueros, 1931
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Alocución al pueblo de Fuentevaqueros, 1931
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No sólo de pan vive el hombre. Yo, si tuviera hambre
y estuviera desvalido en la calle, no pediría un pan, sino que pediría medio
pan y un libro. Y yo ataco desde aquí violentamente a los que solamente
hablan de reivindicaciones económicas sin nombrar jamás las reivindicaciones
culturales que es lo que los pueblos piden a gritos. Bien está que todos los
hombres coman, pero que todos los hombres sepan. Que gocen todos los frutos
del espíritu humano porque lo contrario es convertirlos en máquinas al
servicio del Estado, es convertirlos en esclavos de una terrible organización
social. […] Cuando el insigne escritor ruso Fedor Dostoyevsky, padre de la
revolución rusa mucho más que Lenin, estaba prisionero en Siberia, alejado
del mundo, entre cuatro paredes y cercado por desoladas llanuras de nieve
infinita, pedía socorro en carta a su lejana familia, sólo decía: «¡Enviadme
libros, libros, muchos libros para que mi alma no muera!». Tenía frío y no
pedía fuego, tenía terrible sed y no pedía agua, pedía libros, es decir
horizontes, es decir escaleras para subir a la cumbre del espíritu y del
corazón. Porque la agonía física, biológica, natural, de un cuerpo por
hambre, sed o frío, dura poco, muy poco, pero la agonía del alma insatosfecha
dura toda la vida.
[…] |
Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e
mi ritrovassi abbandonato per strada, non chiederei una pagnotta, ma mezza
pagnotta e un libro. E attacco da qui, con violenza, coloro che parlano
soltanto di rivendicazioni economiche e non nominano mai quelle culturali,
che i popoli invocano disperatamente. È importante che tutti gli uomini
ricevano, oltre al cibo, anche il sapere; che godano di tutti i frutti dello
spirito, giacché altrimenti diventano macchine al servizio dello Stato,
schiavi di una terribile organizzazione sociale. […] Quando l’insigne
scrittore russo Fedor Dostoevskij -padre della rivoluzione russa assai più di
Lenin- scriveva alla sua famiglia dalla sua prigione siberiana, lontano dal
mondo, rinchiuso tra quattro pareti e circondato da desolate pianure di neve
infinita, diceva soltanto: «Mandatemi libri, libri, molti libri affinché la
mia anima non muoia!». Aveva freddo e non chiedeva fuoco, aveva una terribile
sete e non chiedeva acqua, ma libri, ovvero orizzonti, ovvero scale per
raggiungere la cima dello spirito e del cuore… Perché l’agonia fisica e
biologica di un corpo affamato, assetato o infreddolito, dura poco, assai
poco, mentre l’agonia dell’anima insoddisfatta dura tutta la vita. […]
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