16 gennaio 2014

F. GARCIA LORCA: MEZZO PANE E UN LIBRO...



E'  in corso di stampa il V numero di  NUOVABUSAMBRA dedicato alla memoria di Francesco Carbone.
Il fascicolo contiene anche un breve ma denso testo di Federico Garcia Lorca che anticipiamo, seppure parzialmente, di seguito:

da Federico García Lorca...
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Alocución al pueblo de Fuentevaqueros, 1931
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No sólo de pan vive el hombre. Yo, si tuviera hambre y estuviera desvalido en la calle, no pediría un pan, sino que pediría medio pan y un libro. Y yo ataco desde aquí violentamente a los que solamente hablan de reivindicaciones económicas sin nombrar jamás las reivindicaciones culturales que es lo que los pueblos piden a gritos. Bien está que todos los hombres coman, pero que todos los hombres sepan. Que gocen todos los frutos del espíritu humano porque lo contrario es convertirlos en máquinas al servicio del Estado, es convertirlos en esclavos de una terrible organización social. […] Cuando el insigne escritor ruso Fedor Dostoyevsky, padre de la revolución rusa mucho más que Lenin, estaba prisionero en Siberia, alejado del mundo, entre cuatro paredes y cercado por desoladas llanuras de nieve infinita, pedía socorro en carta a su lejana familia, sólo decía: «¡Enviadme libros, libros, muchos libros para que mi alma no muera!». Tenía frío y no pedía fuego, tenía terrible sed y no pedía agua, pedía libros, es decir horizontes, es decir escaleras para subir a la cumbre del espíritu y del corazón. Porque la agonía física, biológica, natural, de un cuerpo por hambre, sed o frío, dura poco, muy poco, pero la agonía del alma insatosfecha dura toda la vida. 
[…]
Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e mi ritrovassi abbandonato per strada, non chiederei una pagnotta, ma mezza pagnotta e un libro. E attacco da qui, con violenza, coloro che parlano soltanto di rivendicazioni economiche e non nominano mai quelle culturali, che i popoli invocano disperatamente. È importante che tutti gli uomini ricevano, oltre al cibo, anche il sapere; che godano di tutti i frutti dello spirito, giacché altrimenti diventano macchine al servizio dello Stato, schiavi di una terribile organizzazione sociale. […] Quando l’insigne scrittore russo Fedor Dostoevskij -padre della rivoluzione russa assai più di Lenin- scriveva alla sua famiglia dalla sua prigione siberiana, lontano dal mondo, rinchiuso tra quattro pareti e circondato da desolate pianure di neve infinita, diceva soltanto: «Mandatemi libri, libri, molti libri affinché la mia anima non muoia!». Aveva freddo e non chiedeva fuoco, aveva una terribile sete e non chiedeva acqua, ma libri, ovvero orizzonti, ovvero scale per raggiungere la cima dello spirito e del cuore… Perché l’agonia fisica e biologica di un corpo affamato, assetato o infreddolito, dura poco, assai poco, mentre l’agonia dell’anima insoddisfatta dura tutta la vita. […] 
 

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