28 gennaio 2014

RITROVATI NUOVI VERSI DI SAFFO

 

 Busto di Saffo(Musei Capitolini) 

Busto di Saffo

 

 Una novità fenomenale: il recupero di due frammenti di Saffo!


È stata da pochi giorni condivisa da Dirk Obbink la versione preliminare dell’edizione (che uscirà nel prossimo numero della rivista ZPE) di due nuovi carmi della poetessa eolica, presenti in un papiro proveniente da una collezione privata.
Si tratta di due spezzoni di componimenti provenienti dal primo libro dell’edizione alessandrina di Saffo (il metro utilizzato è infatti la strofe saffica): meglio conservato il primo, di cui rimangono cinque strofe pressoché integre, mentre del secondo poco si riesce a leggere (solo i resti lacunosi delle prime due strofe, da cui si evince che si doveva trattare di un carme in onore di Afrodite, cfr. Κύπρι, o forse Κύπρ᾽ al v. 2).
Qui di seguito il testo del primo componimento di cui è andato perso l’inizio (in mancanza di numero di frammento, Obbink lo indica come Brothers Poem):

….
ἀλλ’ ἄϊ θρύλησθα Χάραξον ἔλθην
νᾶϊ σὺμ πλέαι· τὰ μέν̣, οἴο̣μα̣ι, Ζεῦς
οἶδε σύμπαντές τε θέοι· σὲ δ᾽οὐ χρῆ
ταῦτα νόεισθαι,
ἀλλὰ καὶ πέμπην ἔμε καὶ κέλ⟦η⟧`ε ́ςθαι
πόλλα λίσσεσθαι̣ βασί̣λ̣η̣αν Ἤρ̣αν
ἐξίκεσθαι τυίδε σάαν ἄγοντα
νᾶα Χάραξον,
κἄμμ’ ἐπεύρην ἀρτέ̣ μ̣ εας· τὰ δ’ ἄλλα
πάντα δαιμόνεσσι̣ν ἐπι̣τ̣ρόπωμεν·
εὐδίαι̣ γὰ̣ρ̣ ἐκ μεγάλαν ἀήτα̣ν̣
αἶψα πέλ̣̣ο̣νται·
τῶν κε βόλληται βασίλευς Ὀλύμπω
δαίμον’ ἐκ πόνων ἐπάρ{η}`ω ́γον ἤδη
περτρόπην, κῆνοι μ̣άκαρες πέλονται
καὶ πολύολβοι.
κἄμμες, αἴ κε τὰν κεφάλαν ἀέρρῃ
Λάριχος καὶ δήποτ᾽ἄνηρ γένηται,
καὶ μάλ’ἐκ πόλλ⟦η⟧`αν ́ βαρ̣υθύμ̣ιάν̣ κεν
αἶψα λύθειμεν.
Questa la traduzione “provvisoria” che Franco Ferrari ha proposto nel suo profilo FaceBook:
L'edizione di Saffo curatada Franco Ferrari
L’edizione di Saffo curata
da Franco Ferrari

ma tu non fai che ripetere che Carasso è arrivato
con la nave stracolma: è cosa, credo,
che sanno Zeus e tutti gli dèi, ma non a questo
tu devi pensare,

bensì a congedarmi e invitarmi a rivolgere
molte suppliche a Era sovrana perché
giunga fin qua portando in salvo
la sua nave Carasso

e sane e salve (o ‘sani e salvi’) ci trovi:
tutto il resto affidiamolo ai numi,
ché a grandi tempeste d’improvviso
succede il bel tempo.

Coloro a cui il sovrano d’Olimpo voglia
mandare un demone che infine li protegga
dalle traversie, quelli diventano felici
e molto prosperi.

Anche noi, se alzasse la testa Larico
e diventasse finalmente un vero uomo,
allora sì che saremmo subito liberate (o ‘liberati’)
da molte tristezze.
Sono qui citati Carasso e Larico, i due fratelli altrimenti mai chiamati per nome nella produzione di Saffo a noi precedentemente nota (a parte un frustolo papiraceo di incerta attribuzione che propone un altrettanto incerto χαραξ), al punto che c’è stato chi ha persino messo in dubbio la loro esistenza. Vero è che nel fr. 5 Voigt è proposta la preghiera per il ritorno del fratello, ma in quel caso il contesto è molto incerto (e il termine κασί]γνητον è frutto di integrazione – anche se pressoché sicura -).
Su Carasso di Mitilene abbiamo informazioni da Erodoto II 135: figlio di Scamandronimo e fratello della poetessa Saffo, approdato in Egitto avrebbe liberato la cortigiana Rodopi a prezzo di grandi ricchezze (χρημάτων μεγάλων) e una volta ritornato in patria, «Saffo in una sua poesia lo ricoprì di improperi» (ἐν μέλεϊ Σαπφὼ πολλὰ κατεκερτόμησέ μιν). Strabone (XVII 1.33) aggiunge che Saffo chiama Dorica l’amante di Carasso, da altre fonti denominata Rodopi (e in effetti nel fr. 15, 11 Voigt di Saffo troviamo esplicito riferimento a Dorica).
Ateneo (XIII 586b-d) smentisce l’identificazione erodotea di Dorica con Rodopi:
Etère di gran fama e di non comune bellezza generò anche la città di Naucrati: come Dorica, colei che la bella Saffo discredita nelle sue poesie, sostenendo che l’etèra, divenuta amante del suo fratello Carasso quand’egli navigò alla volta di Naucrati per commercio, gli aveva spillato una fortuna. È quella che Erodoto chiama Rodopi, non sapendo che è persona diversa da Dorica (trad. di M. L. Gambato).
In questo stesso contesto, Ateneo cita un elegante epigramma di Posidippo di Pella dedicato proprio alla famosa etera (ep. 122 A.-B.: la traduzione è tratta dall’edizione Austin-Bastianini):
Dorica, polvere erano da tempo le tue ossa e il nastro
dei capelli e lo scialle fragrante di profumi,
col quale tu una volta avvolgendo il leggiadro Carasso,
corpo a corpo con lui, arrivavi a bere alle coppe mattutine.
Ma restano ancora, e resteranno, le limpide colonne
dell’amabile canto di Saffo, che fan risuonare
il tuo nome fortunato, che Naucrati qui custodirà,
finché salpi una nave dal Nilo verso le distese del mare.
Dell’altro fratello di Saffo, Larico, sappiamo ancora meno (non ci sono altri riferimenti a lui, nella produzione di Saffo a noi pervenuta): da Ateneo X 425a sappiamo che «la bella Saffo lo elogia in diverse occasioni, quale coppiere nel pritaneo di Mitilene» (Σαπφὼ ἡ καλὴ πολλαχοῦ Λάριχον τὸν ἀδελφὸν ἐπαινεῖ ὡς οἰνοχοοῦντα ἐν τῷ πρυτανείῳ τοῖς Μυτιληναίοις: Saffo, T. 203 Voigt).
Il nuovo frammento propone una vicenda che è tutta da chiarire: sono presenti un tu a cui ci si rivolge all’inizio, un lui (Carasso), un noi (Saffo? E chi, oltre a lei?) e un altro lui (Larico). Il contesto sembra essere il ritorno di Carasso dall’Egitto, che costituirebbe un motivo di salvezza per la famiglia, così come motivo di sicurezza potrebbe essere il pieno conseguimento della maturità da parte del fratello minore, Larico.
Ma il tutto è molto incerto. Insomma: tanto lavoro per i filologi;-)
Una suggestione personale: l’espressione πάντα δαιμόνεσσιν ἐπιτρόπωμεν della terza strofa mi richiama alla mente la raccomandazione permitte divis cetera rivolta da Orazio a Taliarco (carmina I 9.9), in un contesto che ha a che fare, come nel carme di Saffo, con una situazione di “quiete dopo la tempesta”: qui simul / stravere ventos aequore fervido / deproeliantes, sembra in qualche modo corrispondere a εὐδίαι γὰρ ἐκ μεγάλαν ἀήταν / αἶψα πέλονται. Il poeta latino, del resto, non sarebbe nuovo a riprese di questo tipo.



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