30 gennaio 2014

SULLA RISCOPERTA DI GIUSEPPE PITRE




Ieri, sulle pagine palermitane di Repubblica, Tano Gullo in un suo bel pezzo parla della recente riscoperta di Giuseppe Pitrè. 
Lo studioso  di tradizioni popolari siciliane era un medico cresciuto, nella seconda metà dell'800, in uno dei quartieri popolari  di Palermo, il cosiddetto Borgo. Come medico era solito visitare gratuitamente la povera gente che in cambio gli regalava manufatti artigianali, ex voto, indovinelli,proverbi, filastrocche, canti raccolti nei 25 volumi della sua Biblioteca delle tradizioni popolari  e nel suo Museo.
Ma oggi noi vogliamo parlare di un suo poco noto lavoro di ricerca, valorizzato per primo da Leonardo Sciascia, che la casa editrice Sellerio ha pubblicato qualche anno fa:

  

Giuseppe Pitrè, Leonardo Sciascia

Urla senza suono. Graffiti e disegni dei prigionieri dell'Inquisizione

Palazzo dello Steri a Palermo, dimora di una grande famiglia feudale, poi sede dell'Inquisizione e delle sue carceri. Assieme al testo del Pitrè, questo libro raccoglie le vecchie foto dei graffiti, il commento di Sciascia e una Nota di Giuseppe Quatriglio che ripercorre tutta l'avventura della scoperta e della riscoperta, da quelle urla senza più suono alla memoria dei tempi presenti, testimoni di nuove inquisizioni.
Nota di Giuseppe Quatriglio 

Fotografie: Ferdinando Scianna (I-XV). Agenzia fotografica Labruzzo, Palermo (1-41). Le fotografie alle pagine 44-46 sono tratte dall'Archivio Alfano di Enzo Sellerio editore.

Agli inizi del Novecento, nel corso di uno dei tanti riadattamenti subiti dal palazzo dello Steri di Palermo - in origine dimora di una grande famiglia feudale, poi sede dell'Inquisizione e delle sue carceri - lo storico delle tradizioni popolari Pitrè ebbe notizia di alcuni graffiti, disegni e scritte incisi sulle pareti delle celle dai prigionieri del Santo Uffizio e lasciati a futura memoria. Li visitò, li catalogò, ne fece uno studio che questo libro ripubblica. Gli sfuggirono, però, delle cellette, in un mezzanino dimenticato, con altri graffiti, descritti due anni prima dallo storico La Mantia, e la svista del Pitrè finì col confonderli nell'oblio. Dal quale li trasse, casualmente agli inizi degli anni Sessanta, il giornalista Giuseppe Quatriglio - mentre si svolgevano nel palazzo nuovi lavori di restauro -; e ne avvertì Sciascia, conoscendo quanto il grande scrittore siciliano fosse sensibile e curioso di tutte le notizie connesse alla realtà di quella che considerava simbolo e emblema di ogni barbarie giudiziaria. Sciascia si affrettò a far fotografare tutte quelle disperate testimonianze che, a distanza di secoli, le pareti restituivano: i graffiti scoperti dal Pitrè e quelli riscoperti da Quatriglio, prima che l'incuria dei conservatori della Palermo di allora li guastasse per sempre. Assieme al testo del Pitrè, questo libro raccoglie le vecchie foto dei graffiti, il commento di Sciascia e una Nota di Giuseppe Quatriglio che ripercorre tutta l'avventura della scoperta e della riscoperta. Alla quale Sciascia teneva particolarmente, considerandola come l'estrema e fortuita consegna, da quelle urla senza più suono alla memoria dei tempi presenti, testimoni di nuove inquisizioni. E a salvaguardia dell'intento di Sciascia, questo libro, che egli di fatto ideò nel 1977, riproponiamo ai lettori in un'edizione accresciuta di nuove circostanze.

Giuseppe Pitrè (Palermo 1841-1916), medico, senatore del Regno è una delle maggiori personalità della cultura siciliana. Pur tenendo conto delle analisi di studiosi successivi (S. Bonanzinga, I. E. Buttitta, T. Cusimano, S. D’Onofrio, G. D’Agostino, M. Giacomarra, F. Giallombardo, E. Guggino) la sua Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, in 25 volumi, è documento esemplare di una cultura regionale. A parte ricadute romantiche, ancora avvertibili in Canti popolari siciliani (1870-71), l’ottica scientifica di Pitrè si impone per il suo impianto storicofilologico. La scelta di questa prospettiva è evidente in Spettacoli e feste popolari siciliane (1881) e in Feste patronali in Sicilia (1900), ma anche in Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano (1887-88).
L’insistenza in Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani (1875) nella ricerca di varianti e riscontri ai testi pubblicati, e più ancora i riferimenti ad altre culture nei Giochi fanciulleschi siciliani (1883), documentano la sua progressiva adesione all’antropologia evoluzionista. Se si pensa che a Palermo la casa editrice Sandron veniva pubblicando i classici europei di orientamento positivista, in particolare di psicologia sociale, si può pertanto intendere perché Pitrè, chiamato all’insegnamento universitario, denominò la sua disciplina Demopsicologia

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