Il recupero di
Confucio (e soprattutto dell'etica confuciana) in una Cina impegnata
in una gigantesca transizione economica e sociale dimostra (come già
accadde con Ivan il Terribile nell'URSS staliniana) che la storia,
irrispettosa di ogni ideologia, opera su tempi lunghi se non
lunghissimi.
Maurizio Scarpari
Il ritorno di Confucio
a Pechino
Doveva accadere. Ed
è accaduto. Alcune settimane fa il Presidente
Xi Jinping, dopo aver presentato il proprio
programma di riforme al III Plenum del Comitato
Centrale del Partito Comunista Cinese, di cui
è Segretario Generale, si è recato in
veste ufficiale a Qufu, nello Shandong, luogo natio di
Confucio. Un atto insolito per un leader, di
grande valore simbolico, con ricadute di non poco
conto sul piano politico, un messaggio chiaro inviato
all’interno e all’esterno della Cina.
Emulando il Primo
Imperatore dei Qin, che dopo l’unificazione imperiale,
avvenuta nel 221 avanti Cristo., aveva avviato l’era
nuova che sarebbe dovuto durare «diecimila generazioni»
recandosi prima nel tempio ancestrale della sua
famiglia a onorare i propri antenati
e in seguito sui monti sacri nelle quattro direzioni
a onorare gli spiriti e le divinità che
gli avevano assicurato sostegno e protezione,
così Xi Jinping subito dopo la proclamazione ha
reso deferente omaggio a Mao Zedong, padre
fondatore della Cina moderna, e a Deng Xiaoping,
senza la cui visione «lungimirante e coraggiosa»
la Cina non sarebbe riuscita a riemergere tanto
rapidamente dall’angolo buio in cui la storia
l’aveva relegata. Come a dire: restiamo saldamente
ancorati all’ideologia maoista, pur consapevoli
che il processo di ristrutturazione e di
consolidamento del ruolo politico
internazionale del paese avviato oltre trent’anni
fa è tutt’altro che concluso.
Cina 2013. Celebrazioni confuciane |
Discendenze imperiali
Per rafforzare
la sua posizione all’interno del partito, a metà
ottobre ha festeggiato con grande enfasi il centenario
della nascita del proprio genitore, leader
rivoluzionario degli anni Trenta, noto per le
sue posizioni moderate, Xi Zhongxun. Una
cerimonia solenne, tenutasi nella Grande Sala del
Popolo in piazza Tiananmen, un evento considerato
da alcuni sproporzionato rispetto al reale peso
politico riconosciuto al padre, ma necessario
al segretario del Pcc per rimarcare con un atto di
amore filiale le sue «nobili» origini («principini»
o «discendenti imperiali» sono chiamati i figli
dei rivoluzionari che hanno combattuto per
la liberazione).
Per completare
il quadro mancava però ancora qualcosa: sancire
con un gesto inequivocabile il nuovo corso, dare
un segnale chiaro della volontà di colmare il vuoto
ideologico creatosi in seguito all’avvio di
politiche di mercato liberiste e al
frenetico sviluppo economico, che hanno
modificato in modo radicale la struttura
produttiva e sociale del paese, proporre un
nuovo sistema di valori in grado di fornire risposte
valide agli impellenti problemi di ordine pratico
e alle molteplici sollecitazioni
di ordine morale provenienti da ampi strati della
popolazione, ritrovare un’etica di governo in grado
di contrastare le lusinghe di ricchezze
e privilegi, rafforzare il sistema di
controllo sociale, soprattutto in quelle aree del paese
meno beneficiate dal successo economico.
Imprimere, in altre parole, un impulso nuovo al processo
di rivalutazione dei valori e degli ideali
tradizionali, volto a favorire la
trasformazione del sistema di gestione
e comunicazione del potere da una struttura
partito-centrica di stampo autoritario a una più
fluida, difficilmente omologabile
a modelli di governance noti.
Qufu 2013. Omaggio popolare alla tomba di Confucio |
Frullati ideologici
Per conservare
il ruolo dominante di cui godeva in passato, il Partito
comunista si è trovato a dover
riformulare i propri fondamenti
teorici e rivedere le proprie strategie
comunicative. Abbandonati i modelli
importati dall’Occidente, rivelatisi poco
applicabili alla realtà cinese, è al proprio
patrimonio storico-culturale e, in particolare,
al confucianesimo, che ha garantito una
sostanziale unità del paese per oltre due millenni, che
si guarda con rinnovato interesse. Il graduale
processo di confucianizzazione che sta
coinvolgendo l’intera società e lo stesso partito
ha assunto proporzioni inimmaginabili
fino a poco tempo fa e rappresenta la maggior
novità in ambito intellettuale.
Il messaggio
di Xi è chiaro: tale processo non potrà proseguire
per suo conto, non si vuole favorire una mera restaurazione
del passato ma promuovere un movimento che,
guardando al futuro, sappia fare la sintesi tra il
liberalismo economico introdotto da
Deng, i valori etici promossi da Confucio
e l’ideologia di Mao,a cui non si intende in alcun modo
rinunciare (in ballo c’è la sopravvivenza stessa
del partito e del suo ruolo guida) e di cui Xi si
erge a massimo interprete e difensore.
Impresa non facile, se si pensa che nel periodo maoista il
confucianesimo era all’indice in quanto
ideologia reazionaria e deviante,
espressione del sistema feudale del passato.
Qufu. Tempio confuciano |
Alla ricerca dell’etica perduta
La visita a Qufu,
l’invito a rileggere le opere di Confucio per
ritrovare il significato profondo del suo
insegnamento, soprattutto nel campo dell’etica di
governo e dello stile di vita virtuoso (chiaro
riferimento al problema della corruzione
dilagante che rischia di minare la credibilità
stessa delle istituzioni), l’esortazione a divulgare
le dottrine confuciane «che possono giocare
un ruolo positivo nella costruzione della nuova era» e a
far sì che «il passato sia messo a servizio
del presente» sono tutti segnali che vanno verso un’unica
direzione. Un endorsement a doppio
binario: esaltare Confucio significa
infatti promuovere le dottrine del grande Maestro,
ma al tempo stesso anche porsi sotto l’ombrello del suo
prestigio e della sua autorevolezza,
purché ciò avvenga nell’alveo indicato d Mao e da
Deng. Questa volta non si è fatto come all’inizio del
2011 quando venne collocata nel cortile del Museo
della Storia a piazza Tiananmen un’imponente
statua di Confucio, tacitamente rimossa
pochi mesi dopo. La visita a Qufu non potrà essere
cancellata, è un fatto che resterà, inutili
saranno quindi le polemiche e i ripensamenti.
Non una visita di
circostanza dunque, ma un viaggio politico
a tutti gli effetti, nello stile degli antichi sovrani. Il
primo a recarsi nello sperduto villaggio di Qufu
per onorare Confucio fu il fondatore
della dinastia Han Occidentale (206 avanti Cristo
— 9 dopo Cristo), Gaozu, che nel 195 aavanti Cristo
decise di rendere omaggio a Confucio nel
luogo che gli aveva dato i natali.
Vissuto quattro
secoli prima, Confucio era considerato un
semi-dio dotato di facoltà sovrannaturali, che
avrebbe trasmesso ai suoi discepoli dottrine
esoteriche e annunziato profezie
che si sarebbero immancabilmente avverate.
Gaozu rese omaggio all’uomo e alla divinità, allo
studioso rinomato e al maestro di generazioni
di discepoli, i cui insegnamenti sarebbero
diventati ideologia di stato per i successivi
due millenni. Nel piccolo tempio costruito accanto
alla sua abitazione, che certo non aveva l’imponenza di
quello attuale, Gaozu officiò una solenne cerimonia,
che diede inizio a una consuetudine rituale
che verrà seguita dagli imperatori successivi
fino al 1911.
Alla fine del periodo
imperiale si contavano circa 1500 templi sparsi
un po’ ovunque. Come tutti i centri di culto, dopo
il 1949 anch’essi furono abbandonati o distrutti
nel corso della Rivoluzione Culturale. Solo
quello di Qufu si salvò, essendo monumento nazionale dal
1961. Nel 1994 l’Unesco ha conferitolo status
di Patrimonio dell’Umanità all’intero complesso,
secondo per dimensione alla Città Proibita di Pechino.
Il Manifesto – 17
gennaio 2014
La Cina è un paese affascinante! Prospero Intorcetta missionario " societatis jesu" con Francesco Saverio scrive in una relazione sulla Cina, pubblicata a Parigi nel 1700, di essersi stupito di aver trovato una società retta con regime teocratico, senza Dio! Lo stesso Matteo Ricci ebbe difficoltà a tradurre la parola ed il concetto di Dio in cinese! Confucio docet ... ancora!!
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