Mi piace riprendere oggi un pezzo dal blog del mio amico Giuseppe Casarrubea. Io sono un pò più incredulo e scettico di lui. Ma spero che abbia ragione lui:
G. CASARRUBEA - IL PAPA APRE AL MARXISMO
Non
c’è da prenderlo sotto gamba papa Francesco. Pensa e mette in pratica
scelte che neanche certi rivoluzionari a parole, quelli dei salotti
buoni, un po’ radical chic, saprebbero lontanamente concepire. Se ne è
avuto un segnale quando il nuovo pontefice ha rilasciato un’intervista
alla Stampa provocando un vivo interesse per le cose che diceva persino
in quotidiani solitamente asserviti all’ortodossia comunista come il
quotidiano francese L’Humanité che se ne è occupato grazie a Gaël De
Santis. Ora abbiamo saputo dalla stampa che Bergoglio è in procinto di
nominare nuovi cardinali. Non due o tre, ma una ventina. Evidentemente
la Chiesa gli appare molto squilibrata al suo interno sul piano della
sua rappresentatività della visione del mondo. Una Chiesa che è stata
eurocentrica, spostata sul potere dei forti che egli vede ancora
inadeguata rispetto alla sua azione per i poveri. Per questo Francesco
sceglierà i nuovi cardinali tra i diversi Paesi del Sud (America latina,
Asia e Africa), perché più degli altri, sicuramente, conoscono la
sofferenza e gli squilibri prodotti dal capitalismo.
Non
c’è dubbio che il capitalismo è considerato dal papa argentino come un
male non necessario per il futuro degli uomini. Anzi, un ostacolo al
loro sviluppo. La sua critica, non gli deriva però dal capitalismo, ma
dalla stessa dottrina sociale della Chiesa. Il papa, infatti, non è
marxista. “L’ideologia marxista è stata inadeguata” per lui, per la
risoluzione dei problemi dello squilibrio sociale e della distribuzione
della ricchezza nel mondo. Chiamato a giustificarsi dopo gli attacchi
dei neoconservatori americani, “nella vita” ha detto “ho conosciuto
tanti marxisti buoni come persone e per questo non mi sento offeso”. Ai
primi di dicembre era stato Rush Limbaugh a gridare allo scandalo: “Ciò
che esce dalla bocca del papa è puro marxismo”. Sotto accusa
l’esortazione apostolica pubblicata il 26 novembre che condannava un
sistema economico fondato sull’emarginazione. Ora Bergoglio non è
affatto un marxista, ma nei tempi in cui viviamo la sua denuncia della
“tirannide invisibile” dei mercati, è assai più attuale delle posizioni
teoriche che certi marxisti nostrani assumono nel condannare i processi
di globalizzazione degli uomini, dei mercati e del denaro, con le
conseguenze che sono a tutti note: allargamento della forbice tra
ricchezza e povertà, ulteriori e nuove forme di emarginazione sociale,
impoverimento di gruppi sociali, in precedenza capaci di sopravvivere
autonomamente, ecc.
Con
la sua politica sociale, il papa ha quindi messo i suoi detrattori in
difficoltà: “Nell’esortazione, non c’è nulla che non si trovi nella
dottrina sociale della Chiesa”. Per lui gli esclusi non sono degli
“sfruttati”, ma degli “scartati”, dei “resti”. Questo è un punto
cruciale della sua attenzione pastorale. Di fatto, il suo obiettivo non è
quello di colpire il rapporto tra capitale e lavoro, cioè il vecchio
sistema dello sfruttamento capitalistico nelle fabbriche e nei luoghi di
lavoro. Non è l’alienazione prodotta dalle leggi infernali dello
sfruttamento. E’ il consumismo, giudicato da un punto di vista morale,
che incorpora certi aspetti del feticismo della merce. “Si considera
l’essere umano […] come un bene di consumo che può essere utilizzato e
in seguito gettato via, precisa Francesco a novembre. Per questo nella
sua intervista il papa chiama all’azione e ricorda la centralità del
popolo. “Il rapporto (tra Chiesa e politica) deve essere al contempo
parallelo e convergente”, spiega alla Stampa. “Quando i rapporti
convergono senza il popolo, comincia una collusione con il potere
politico che finisce per nuocere alla Chiesa”. Il segno di questo
conflitto sono gli “affari e i compromessi”. Ma – sottolinea Bergoglio –
la “Chiesa povera è per i poveri” e “San Pietro non aveva conti in
banca”. In un mondo che va alla cieca, un’affermazione come questa non è
cosa da nulla. Se non altro perchè il cattolicesimo popolare potrebbe
essere una delle strade percorribili di nuove masse sociali senza guida e
allo sbando.
13 gennaio 2014 Giuseppe Casarrubea
Riprendo da fb tre commenti che mi sono pervenuti:
RispondiEliminaElsa Guggino: Est modus in rebus. E un gesuita sa bene come fare. Alla domanda rispondo, dunque: Ma quando mai!
21 ore fa · Mi piace · 4
Patrizia Barbini: Non lo so, ma certe voci potrebbero far comodo a qualcuno...
20 ore fa · Mi piace
Ivo Flavio Abela: Non direi proprio, ma sicuramente il papa piace tanto ai radical chic e a certi comunisti nostalgici.
17 ore fa · Mi piace