23 gennaio 2014

UNA RICERCA INEDITA SU FRANCESCO CARBONE













Sull'ultimo numero di nuovabusambra  troverete, tra le altre cose, i primi risultati di una ricerca ancora in corso su Francesco Carbone.
Anticipiamo quì una parte del saggio scritto da Paola Bisulca:





Una patria straniera.

Esperienze giovanili di ‘Ciccino’ Carbone a Godrano

di Paola Bisulca


Premessa
 La ricerca sulla figura di Francesco Carbone precede di circa due anni l’evento F. Carbone, intellettuale poliedrico e di certo non può dirsi conclusa. L’esame delle sue opere e la lettura dei principali studi dedicati ad esse, è stato affiancato da un’indagine svolta sul campo attraverso videointerviste rivolte a familiari, amici e collaboratori di Carbone a Godrano, Palermo e Caltanissetta. Queste testimonianze sono state integrate con le informazioni ricavate dai documenti da noi ritrovati presso il Museo Godranopoli.
L’eccezionale ricchezza dell’archivio del museo, infatti, ci ha permesso di riportare alla luce una mole immensa di materiale cartaceo, fotografico e video inedito di estremo interesse e pregio, che abbiamo iniziato a riordinare e che solo in parte è stato messo in mostra presso la Biblioteca Comunale di Godrano in occasione dell’evento sopra citato. La mostra, articolata su due piani, fotografico e cartaceo, propone una ricostruzione della vita e dell’attività sociale, politica e culturale svolta da Francesco Carbone nel territorio di Rocca Busambra dal secondo dopoguerra alla morte. Fogli sparsi, lettere e articoli di giornale raccontano la vita di Carbone dalla fine degli anni ’40, segnati dall’impegno politico e dal viaggio in Argentina, fino alla fondazione di Godranopoli. Le foto documentano gli anni ’70-90, dall’esperienza di Land Art a Godrano fino al pieno delle attività del museo.
 In questa fase della nostra ricerca ci siamo concentrati sull’operato di Carbone nel territorio circostante Rocca Busambra, tentando di andare più indietro possibile nel tempo, al fine di restituire lo spessore di un intellettuale che ha segnato la storia di questi luoghi per mezzo secolo.
   Gli esiti di questo primo studio riportano il punto di vista di una generazione che non ha conosciuto direttamente Carbone e che si misura con una memoria frammentata nei ricordi di chi lo ha conosciuto e nelle pagine consumate dal tempo che il museo sta restituendo. Ai nostri occhi affiora una figura di intellettuale complesso e difficilmente etichettabile, che ha operato su molteplici fronti e con linguaggi diversi, tutti intimamente legati da una visione della cultura come azione, come strumento di modificazione del mondo e di progresso.
 Il contributo che oggi noi riteniamo di poter offrire alla comunità riguarda gli anni giovanili di Carbone, una fase della sua vita finora poco esplorata e sulla quale egli stesso non riferisce direttamente nelle sue pubblicazioni, pur consapevole che esse sono premessa e origine delle esperienze successive.
 Ciò che emerge di quegli anni, aspetto di estremo interesse per noi, è il rapporto sempre drammatico e sofferto con questo territorio, una patria scelta a vent’anni dopo la fuga dall’Africa durante la seconda guerra mondiale. Il sentimento del giovane Carbone oscilla continuamente tra la volontà di strappare questi luoghi alla miseria materiale e morale cui sembrano condannati e l’impulso a fuggire, per cercare fortuna o solo per placare le proprie inquietudini.
 Così esordisce in uno scritto giovanile ritrovato a Godranopoli: “Io non me ne vorrei andare, ma è questo mio sangue che mi spinge, il mio sangue beduino. E poi è anche questa terra e la sorte. Cominciò allora quando ci dissero di evacuare la città perché il nemico era alle porte e noi, a migliaia, ci caricammo le poche robe, incamminandoci sulla strada asfaltata distesa tra le dune della Sirtica come un immenso boa al sole”.
 La presenza e l’assenza, parafrasando il titolo di un suo volume, appaiono i poli dialettici entro i quali è possibile leggere la vicenda di Carbone a Godrano e che troveranno un superamento con la fondazione del Museo Godranopoli.


1948-49 Presenza
L’attivismo di Carbone nel nostro territorio ha origini remote e risale al suo arrivo a Godrano ancora ventenne, intorno al 1948. Com’è noto, infatti, egli è nato nel 1923 a Cirene ed è cresciuto a Bengasi, in Libia. Dal fratello Giuseppe apprendiamo che il padre lavorava come perito agrario per il governo italiano e che la famiglia allora contava altri due figli, Domenico e Angelo, morti in giovane età. Questo lutto segna la vita del giovane Carbone, ispirandone commossi versi ritrovati tra le sue carte. La signora Adriana, una cugina residente a Verona, ci racconta che durante i bombardamenti inglesi in Africa Francesco raggiunge da solo l’Italia e si stabilisce a Verona, presso la loro famiglia, dove intraprende gli studi magistrali che non porterà mai a termine, come egli stesso racconta in una lettera. In quegli anni compone poesie, racconti e un’opera teatrale conservata al museo, e intraprende una fervida attività giornalistica.
Da giornalista, nel 1947 decide di tentare fortuna in Svizzera, dove per alcuni mesi lavora come cronista per un giornale in lingua italiana che esce a Locarno. Le scarse opportunità riservate agli immigrati lo convincono tuttavia a rientrare in Italia, come egli stesso racconta, e, raggiunto dalla famiglia, si stabilisce finalmente a Godrano. Da quel momento inizia a conoscere la terra dei suoi padri, per lui straniera.  Ai suoi occhi essa appare subito crudele e inerte, ma subito decide di intervenire. Avvia la collaborazione con il giornale L’Ora,  Il Corriere di Sicilia e altre testate regionali, e tra il 1948 e il 1949 si mette a capo di un movimento popolare per l’occupazione delle terre incolte e dei pascoli demaniali nelle località Oliva, Valle Maria, Alpe Cucco e Cannitello, allora in mano alla mafia locale.
Nella memoria di coloro che presero parte al movimento di occupazione, quelle vicende suscitano ancora commozione, poiché per la prima volta il popolo godranese prendeva coscienza di stesso e poiché dopo quella battaglia, le condizioni dei contadini e dei pastori, finora nullatenenti, cambiarono radicalmente.
 Ecco come lo ricorda il signor Francesco Carbone, cugino e omonimo del primo: “A Godrano non esistevano né cooperative né si poteva andare a fare legna al bosco. Noi iamu a fari un carricu ri ligna o voscu e ‘nnu vinniamu pi manciari. E parti cu contraminzioni, parti cu a galera si ìa avanti (io feci tri misi ri galera pi du carrichi ri ligna). Allora, tutto il popolo di Godrano, cu Ciccino Carbone alla testa, risolvemmo: iemu a occupari un pezzu ri voscu. E cuminicamu a canusciri a cartuzza ri centu liri, cu l’avia vistu mai centu liri, mancu na lira viriamu!”. 
Il ruolo di guida del movimento assunto da Francesco Carbone viene ricordato con grande stima e  riconoscenza da parte di coloro che ancora ne serbano memoria, come il signor Girolamo Cutrone: “Il signor Carbone era un personaggio che era al di sopra di tutti noi; noi eravamo contadini, campagnoli, pastori, eravamo insomma tutti gente di campagna, poco sperti. Vedendo che c’erano tanti terreni che li usava solo un personaggio e sfruttavano i poveri contadini, Ciccino Carbone si misi ravanti per ottenere tutti questi ‘lotti’. Vedendo che c’era fame il sig. Carbone si misi ravanti iddu e ni dissi ’un putemu fari  un sciopero e ci livamu sti terri?’, e siccome c’era veru fami dopu a guerra nuatri ni misimu appressu a iddu”.
 In quel frangente Carbone viene arrestato, ma lo stesso movimento popolare da lui suscitato, prende d’assedio la caserma per due giorni e ne ottiene la scarcerazione: ‘Vinniru tanti carabinieri per arrestare u signor Carbone, e allora Carbone era spalleggiato da tutti noi, da tutti i contadini; ma l’arrestaru e lo portarono in caserma, però nuatri ni emu a mettiri tutti davanti a caserma, fimmini, omini, cu i tamburini chi sunaianu, i lanni chi scruscìanu, nsumma tutti sti cosi chi facianu vuccirìa; e allura ni dicìanu: jtivinni a casa cà ora nuatri o signor Carbuni u lassamu jri’, ma nuatri no, ci dissimu tutti: nuatri ni ‘nnjemu a casa quannu nesci u signor Carbone, e di ccà un passa nuddu, mancu vuatri!’, eramu tutti ddà, davanti a caserma. E ci stettimu chiossà di due giorni pi fari nesciri a Carbone ra ddà intra, e finalmente arrivamu ca u ficimu nesciri e abbiamo vinto una grande battaglia”.
 Ottenuti i ‘lotti’, viene creata la prima cooperativa nella storia di Godrano e il popolo ottiene i primi pezzi di terra da coltivare, da cui ottenere il frumento per il pane e la paglia per gli animali: “Ficimu na coperativa e ni ficiru pagari dumila liri di depositu. E accussì ci aviamu ognunu u nostru lottu, tutti. E arricampaiamu u frummentu pi manciari e a pagghia pi i vesti. E ad accattari a paggia un ci iamu cchiù e a circari frummentu un ci iamu cchiù, e fu na cosa ca in un annu s’accattaru tricentucinquanta muli a Godrano, picchì ebbimu u voscu e a coperativa pi u frummentu. E così abbiamo risolto la partita a Godrano, ni livamu tutti ri menzu a strata. E chistu fu u primu corpu cu Ciccinu Carbone”.
All’età di venticinque anni Francesco Carbone assumeva la causa del popolo e grazie al suo aiuto questo cominciava ad uscire da secoli di miseria.

1950-51 Latenza
Nonostante il successo ottenuto, le inquietudini giovanili di Carbone non si placano. Le sue aspirazioni, infatti, non tardano a scontrarsi con l’aridità di una terra dura a ricompensare la fatica dei suoi figli. Nell’inverno del 1949, a ventisei anni, decide così di tentare fortuna lontano, in Argentina, dove esiste già una colonia di compaesani e parenti. In una lettera ritrovata a Godranopoli, datata tre novembre 1949, così scrive a Franz, un amico d’infanzia con il quale, ci racconta il fratello, Francesco condivideva la passione per l’arte: “Caro Franz, di che cosa mi occupo per ora? In un certo senso di niente poiché attendo di espatriare. Ho deciso di recarmi in Argentina. Certo: non vedo né intravedo soluzioni migliori per il mio avvenire, continuando a restarmene qui. Ho dovuto troncare gli studi alle soglie del diploma. Non so ma da anni sono preso da uno stato persistente di strana irrequietezza, di maledetta insofferenza, d’insolita abulia. E’ come se dentro mi sia nato un male nuovo. Insomma, non sono in pace con me.”
 È una partenza carica dell’angoscia dell’emigrante, che va in cerca di foruna spinto dalla miseria e come tradito: “... Sento che di sopra si battono dei chiodi e qualcuno chiede una matita copiativa per scrivere sulla cassa pronta, piccola e rozza, un nome e una destinazione: F. Carbone – Argentina…Penso alla passerella di una nave sulla quale saliamo in tanti, un po’ curvi e silenziosi e anche umiliati, senza voltarsi indietro a guardare chi è fermo sul molo con le parole invischiate alle labbra e la voce coagulata nella gola, offeso come la gente che è rimasta. Perché noi siamo emigranti e come Marco del racconto raggiungeva una nave, ci apprestiamo a partire alla volta di un paese lontano. Come Marco. Solo che a differenza di quello, aspettando la nostra volta, noi siamo cresciuti e divenuti adulti; ci siamo intristiti tra un vuoto e l’altro della miseria e delle angustie; però come lui, anche noi muoviamo in cerca di una madre: la fortuna che molti di noi non hanno conosciuto perché un brutto momento essa ci lasciò ancora bambini.”
 In Argentina Carbone viene a conoscenza delle reali condizioni in cui vivono i suoi compaesani e ne denuncia la miseria e lo sfruttamento, contribuendo notevolmente a frenare il flusso migratorio godranese verso quella meta, dipinta come l’Eldorado da chi ormai non se la sentiva di tornare indietro. Continua intanto l’attività giornalistica, inviando da Buenos Aires al giornale L’Ora diversi articoli sulla condizione degli emigrati italiani e diviene redattore de Il Corriere degli Italiani, sul quale pubblica anche poesie e racconti. Come giornalista del Corriere degli Italiani nel 1951 incontra e intervista Eva Peron sulle misure del governo argentino a favore degli immigrati italiani, verso i quali la moglie del presidente mostrava particolare sensibilità. Ma neanche per Carbone l’Argentina fu generosa di opportunità e dopo alcuni mesi decide di rientrare a Godrano, dove si preparavano le elezioni amministrative.

1952 Presenza
 Tornato in Italia, Carbone riprende le redini di quel movimento popolare suscitato qualche anno prima e con l’appoggio dell’allora partito comunista fonda la prima sezione politica della storia di Godrano, diventandone segretario. Continua la collaborazione con L’Ora, al quale invia articoli di denuncia sulla difficile situazione sociale e politica del paese.
 In una bozza ritrovata a Godranopoli, datata 1952, così scrive: “Molto abbiamo scritto intorno a Godrano, ci siamo sforzati di mettere in luce le condizioni di questo nostro paese, che se vogliamo, non possiamo chiamarlo nemmeno paese, ma colonia penitenziale, per il tenore di vita assai infelice che vi si conduce. Non abbiamo energia elettrica, non abbiamo edificio scolastico, non abbiamo fognature regolari, non abbiamo acqua sufficiente né strade interne ed esterne per le quali transitare, non abbiamo alcunché che ci dia il diritto di crederci uomini, dato che i nostri giorni di qui si sono ridotti ad una monotona vegetazione. Abbiamo però un Comune, un sindaco, un vice-sindaco, i consiglieri, gli assessori: gli amministratori del paese cioè”.
Alle elezioni politiche dell’estate del 1952, sostenuto dal P.C.I e con l’appoggio del popolo, ancora privo di diritti e vittima di ingiustizie legalizzate, Carbone riesce a formare una lista di ‘sfardati’, come con scherno li definiva l’opposizione, che decide di sfidare l’amministrazione uscente.
La campagna elettorale si svolge tra entusiasmi e non poche difficoltà, come ricorda Oliva Bellini, figlia di uno dei candidati: “Per i comizi nessuno voleva prestare i balconi della piazza ai comunisti, e così loro cercarono delle travi nelle case abbandonate, comprarono metri e metri di stoffa rossa da Mastru Santu, l’unica bottega del paese, (a ‘crirenza la comprarono, che non avevano una lira) e costruirono un palchetto. La sera, finiti i comizi, lo dovevano togliere dalla piazza e così la portavano davanti alla porta della piccola casa che avevano in affitto per riunirsi, perché là dentro non c’entrava. I comunisti mettevano la canzone ‘Bandiera rossa’ con un giradischi, mentre quelli mettevano ‘Lo sai che i papaveri...’, per fare sfregio.”
 Con grande sorpresa degli altri, la lista ‘rossa’, guidata dal sindaco Antonino Barbaccia, vince le elezioni e per la prima volta a Godrano anche le donne scendono in piazza:  Quando si seppe della vittoria tutti per strada con bandiere e tamburi, uomini, donne e bambini. Mia madre stava lavando i panni (mia madre era una che preferiva stare in casa), ma venne la zia Maria e le disse ‘Ummari Paulina, chi faciti rintra, niscemu fora ca vincemu, unnu sintiti u tamburu?’ E uscirono, a cantare Bandiera Rossa per strada, anche le donne, che prima si vergognavano.” Presso l’Archivio Storico Comunale di Godrano, in parte danneggiato da un incendio, il primo documento ufficiale della nuova amministrazione, di cui Carbone diviene assessore, è la delibera n.8 del 19 luglio 1952, che così recita: “L’anno 1952 addì 19 del mese di luglio nella sala delle adunanze del Comune di Godrano si è riunita la Giunta municipale nelle persone seguenti: Barbaccia Antonino, Sindaco, Macaluso Francesco e Carbone Francesco, assessori effettivi, con l’assistenza del segretario comunale sig. Piaggiolini. Assenti gli assessori supplenti Manganese Angelo e Bellini Andrea. Il sindaco, constatato il numero legale degli intervenuti, dichiara aperta la riunione e li invita a deliberare sull’oggetto sopra indicato”. Seguono anni di grande impegno a favore del popolo, e nel 1954 Carbone, in veste di regista e suggeritore, organizza l’ultima messa in scena del Martorio ri Cristu a Godrano, una sacra rappresentazione con più di quaranta attori, presi dal popolo e per la maggioranza analfabeti. La parte avversa tuttavia non ha ancora ceduto le armi e l’amministrazione comunista si trova a dover fronteggiare serie difficoltà.
Gli episodi intimidatori di quegli anni vengono taciuti o raccontati tra i denti da chi ne fu testimone, e nel volgere di pochi anni, a Francesco Carbone e agli altri questa terra torna a mostrare il suo volto crudele. Prima della fine del mandato, nel 1955, l’Amministrazione in toto si dimette.
La delibera n.1 del 16 gennaio 1955 riporta come oggetto: Dimissioni dei consiglieri Carbone Francesco e Carbone Pietro. Le interpretazioni di questo avvenimento furono molteplici, chiamando in causa ora le intimazioni subite, ora alcuni provvedimenti impopolari presi dall’amministrazione, ora l’eccessiva ingerenza del partito comunista che richiamava all’ortodossia, ma di certo quell’evento segnò una sconfitta e disperse il movimento, riportando al potere il gruppo d’opposizione.
 Questo fatto doloroso segna un nuovo allontanamento di Carbone da Godrano e il suo trasferimento a Palermo, dove ottiene un lavoro come bibliotecario alla Regione Siciliana.  Il paese intanto diventa teatro di crudeli fatti di sangue.


  Scorrendo in sintesi i decenni successivi, non oggetto del presente contributo, giungiamo agli anni ’60, che segnano un nuovo protagonismo di Carbone nei movimenti artistici e culturali di Palermo (1966 Temposud, 1968 Centro di Ricerche Estetiche “Nuova Presenza” e Presenza Sud, 1971 Centro Interdisciplinare di Documentazione e di Ricerca Interculturale).
In questi anni egli scompare dalla scena pubblica godranese, pur continuando a frequentare il paese da privato cittadino, come egli stesso terrà a sottolineare nel testo di un comizio del 1980 ritrovato presso il Museo. Questa sarà l’assenza da Godrano più lunga della sua vita, ma le esperienze maturate a contatto con le correnti d’avanguardia dell’epoca daranno a lui nuova linfa per tornare a investire in questo territorio con forme nuove.
È il 1972 quando Carbone fonda a Godrano il Centro di Ricerca Interculturale ‘Busambra’ e promuove nelle campagne di Godrano la prima esperienza di Land Art in Sicilia. Con il Centro Busambra, sede di attività culturali e sociali, nel 1974 sarà di nuovo alla testa di un movimento di occupazione per la concessione agli allevatori di Godrano dei pascoli di Giardinello e Marosa in mano al demanio forestale.
 La partecipazione popolare riscontrata in quell’occasione lo incoraggia a riprovare la strada dell’impegno politico, spinto dalla voglia di tornare a spendersi per il paese dopo anni di allontanamento pubblico. Accetta così di entrare a far parte della lista dell’allora sindaco democristiano Salvatore Bisagna, scelta che gli attirerà non poche critiche e che egli stesso più tardi giudicherà un grave errore di valutazione. Da consigliere dà impulso alla fondazione di una Biblioteca Interzonale che diventerà centro di attività culturali e punto di riferimento per tutto il territorio di Rocca Busambra, ma lo scontro con il sindaco non tarderà ad arrivare. Il laboratorio teatrale voluto da Carbone e condotto a Godrano dal Teatro Libero di Beno Mazzone e da Augusto Boal, fondatore del Teatro dell’Oppresso, ridesta nei giovani godranesi la volontà di partecipazione politica e un coraggio nuovo di denuncia delle oppressioni che pesano sul paese. Si consuma così la rottura con il sindaco e Carbone decide di trasferire il suo impegno fuori dalla politica, agendo sulla ‘base’. Nasce così, nel 1977, il Movimento Comunità di Base Busambra, centro di attività artistiche, culturali e politiche ‘interzonali’. Il centro accoglierà il primo nucleo di museo antropologico e una Pinacoteca Interzonale poi confluiti a Godranopoli, e segnerà, non solo per Godrano, la nascita di un movimento sociale e culturale a grande partecipazione giovanile. Insieme ai giovani che frequentano il Movimento Busambra Carbone sarà ancora protagonista dell’opposizione politica al sindaco Bisagna, presentandosi alle elezioni amministrative prima del 1980, con la lista “Unità di lotta popolare” e poi del 1985 con una lista del P.C.I., ma la forma in cui si realizzerà pienamente il suo impegno per Godrano, summa di tutte le esperienze precedenti, è nell’aria. Il 12 settembre 1983 fonda il Centro di ricerche e documentazione Godranopoli.



1 commento:

  1. Anche in questo spazio desidero esprimere il mio più vivo apprezzamento a Paola Bisulca, Valeria Lo Bue e Irene Oliveri che sono riuscite, con la loro appassionata ricerca, a far rivivere Ciccino!

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