Sull'ultimo numero di nuovabusambra troverete, tra le altre cose, i primi risultati di una ricerca ancora in corso su Francesco Carbone.
Anticipiamo quì una parte del saggio scritto da Paola Bisulca:
Una patria straniera.
Esperienze giovanili di ‘Ciccino’ Carbone a
Godrano
di
Paola Bisulca
Premessa
La ricerca sulla figura di Francesco Carbone
precede di circa due anni l’evento F.
Carbone, intellettuale poliedrico e di certo non può dirsi conclusa. L’esame
delle sue opere e la lettura dei principali studi dedicati ad esse, è stato
affiancato da un’indagine svolta sul campo attraverso videointerviste rivolte a
familiari, amici e collaboratori di Carbone a Godrano, Palermo e Caltanissetta.
Queste testimonianze sono state integrate con le informazioni ricavate dai
documenti da noi ritrovati presso il Museo Godranopoli.
L’eccezionale
ricchezza dell’archivio del museo, infatti, ci ha permesso di riportare alla
luce una mole immensa di materiale cartaceo, fotografico e video inedito di
estremo interesse e pregio, che abbiamo iniziato a riordinare e che solo in
parte è stato messo in mostra presso la Biblioteca Comunale di Godrano in
occasione dell’evento sopra citato. La mostra, articolata su due piani,
fotografico e cartaceo, propone una ricostruzione della vita e dell’attività
sociale, politica e culturale svolta da Francesco Carbone nel territorio di
Rocca Busambra dal secondo dopoguerra alla morte. Fogli sparsi, lettere e
articoli di giornale raccontano la vita di Carbone dalla fine degli anni ’40,
segnati dall’impegno politico e dal viaggio in Argentina, fino alla fondazione
di Godranopoli. Le foto documentano gli anni ’70-90, dall’esperienza di Land Art a Godrano fino al pieno delle attività
del museo.
In questa fase della nostra ricerca ci siamo
concentrati sull’operato di Carbone nel territorio circostante Rocca Busambra,
tentando di andare più indietro possibile nel tempo, al fine di restituire lo
spessore di un intellettuale che ha segnato la storia di questi luoghi per
mezzo secolo.
Gli
esiti di questo primo studio riportano il punto di vista di una generazione che
non ha conosciuto direttamente Carbone e che si misura con una memoria
frammentata nei ricordi di chi lo ha conosciuto e nelle pagine consumate dal
tempo che il museo sta restituendo. Ai nostri occhi affiora una figura di
intellettuale complesso e difficilmente etichettabile, che ha operato su
molteplici fronti e con linguaggi diversi, tutti intimamente legati da una
visione della cultura come azione, come strumento di modificazione del mondo e
di progresso.
Il contributo che oggi noi riteniamo di poter
offrire alla comunità riguarda gli anni giovanili di Carbone, una fase della
sua vita finora poco esplorata e sulla quale egli stesso non riferisce
direttamente nelle sue pubblicazioni, pur consapevole che esse sono premessa e
origine delle esperienze successive.
Ciò che emerge di quegli anni, aspetto di
estremo interesse per noi, è il rapporto sempre drammatico e sofferto con
questo territorio, una patria scelta a vent’anni dopo la fuga dall’Africa
durante la seconda guerra mondiale. Il sentimento del giovane Carbone oscilla
continuamente tra la volontà di strappare questi luoghi alla miseria materiale
e morale cui sembrano condannati e l’impulso a fuggire, per cercare fortuna o
solo per placare le proprie inquietudini.
Così esordisce in uno scritto giovanile
ritrovato a Godranopoli: “Io non me ne
vorrei andare, ma è questo mio sangue che mi spinge, il mio sangue beduino. E
poi è anche questa terra e la sorte. Cominciò allora quando ci dissero di
evacuare la città perché il nemico era alle porte e noi, a migliaia, ci
caricammo le poche robe, incamminandoci sulla strada asfaltata distesa tra le
dune della Sirtica come un immenso boa al sole”.
La presenza e l’assenza, parafrasando il
titolo di un suo volume, appaiono i poli dialettici entro i quali è possibile
leggere la vicenda di Carbone a Godrano e che troveranno un superamento con la
fondazione del Museo Godranopoli.
1948-49 Presenza
L’attivismo
di Carbone nel nostro territorio ha origini remote e risale al suo arrivo a
Godrano ancora ventenne, intorno al 1948. Com’è noto, infatti, egli è nato nel
1923 a Cirene ed è cresciuto a Bengasi, in Libia. Dal fratello Giuseppe
apprendiamo che il padre lavorava come perito agrario per il governo italiano e
che la famiglia allora contava altri due figli, Domenico e Angelo, morti in
giovane età. Questo lutto segna la vita del giovane Carbone, ispirandone
commossi versi ritrovati tra le sue carte. La signora Adriana, una cugina
residente a Verona, ci racconta che durante i bombardamenti inglesi in Africa
Francesco raggiunge da solo l’Italia e si stabilisce a Verona, presso la loro
famiglia, dove intraprende gli studi magistrali che non porterà mai a termine,
come egli stesso racconta in una lettera. In quegli anni compone poesie,
racconti e un’opera teatrale conservata al museo, e intraprende una fervida
attività giornalistica.
Da
giornalista, nel 1947 decide di tentare fortuna in Svizzera, dove per alcuni
mesi lavora come cronista per un giornale in lingua italiana che esce a Locarno.
Le scarse opportunità riservate agli immigrati lo convincono tuttavia a
rientrare in Italia, come egli stesso racconta, e, raggiunto dalla famiglia, si
stabilisce finalmente a Godrano. Da quel momento inizia a conoscere la terra
dei suoi padri, per lui straniera. Ai
suoi occhi essa appare subito crudele e inerte, ma subito decide di
intervenire. Avvia la collaborazione con il giornale L’Ora, Il
Corriere di Sicilia e altre testate regionali, e tra il 1948 e il 1949 si
mette a capo di un movimento popolare per l’occupazione delle terre incolte e
dei pascoli demaniali nelle località Oliva, Valle Maria, Alpe Cucco e
Cannitello, allora in mano alla mafia locale.
Nella
memoria di coloro che presero parte al movimento di occupazione, quelle vicende
suscitano ancora commozione, poiché per la prima volta il popolo godranese
prendeva coscienza di stesso e poiché dopo quella battaglia, le condizioni dei
contadini e dei pastori, finora nullatenenti, cambiarono radicalmente.
Ecco come lo ricorda il signor Francesco
Carbone, cugino e omonimo del primo: “A
Godrano non esistevano né cooperative né si poteva andare a fare legna al
bosco. Noi iamu a fari un carricu ri ligna o voscu e ‘nnu vinniamu pi manciari.
E parti cu contraminzioni, parti cu a galera si ìa avanti (io feci tri misi ri
galera pi du carrichi ri ligna). Allora, tutto il popolo di Godrano, cu Ciccino
Carbone alla testa, risolvemmo: iemu a occupari un pezzu ri voscu. E cuminicamu
a canusciri a cartuzza ri centu liri, cu l’avia vistu mai centu liri, mancu na
lira viriamu!”.
Il
ruolo di guida del movimento assunto da Francesco Carbone viene ricordato con
grande stima e riconoscenza da parte di
coloro che ancora ne serbano memoria, come il signor Girolamo Cutrone: “Il signor Carbone era un personaggio che
era al di sopra di tutti noi; noi eravamo contadini, campagnoli, pastori,
eravamo insomma tutti gente di campagna, poco sperti. Vedendo che c’erano tanti
terreni che li usava solo un personaggio e sfruttavano i poveri contadini,
Ciccino Carbone si misi ravanti per ottenere tutti questi ‘lotti’. Vedendo che
c’era fame il sig. Carbone si misi ravanti iddu e ni dissi ’un putemu fari un sciopero e ci livamu sti terri?’, e
siccome c’era veru fami dopu a guerra nuatri ni misimu appressu a iddu”.
In
quel frangente Carbone viene arrestato, ma lo stesso movimento popolare da lui
suscitato, prende d’assedio la caserma per due giorni e ne ottiene la
scarcerazione: ‘Vinniru tanti carabinieri
per arrestare u signor Carbone, e allora Carbone era spalleggiato da tutti noi,
da tutti i contadini; ma l’arrestaru e lo portarono in caserma, però nuatri ni
emu a mettiri tutti davanti a caserma, fimmini, omini, cu i tamburini chi
sunaianu, i lanni chi scruscìanu, nsumma tutti sti cosi chi facianu vuccirìa; e
allura ni dicìanu: jtivinni a casa cà ora nuatri o signor Carbuni u lassamu
jri’, ma nuatri no, ci dissimu tutti: nuatri ni ‘nnjemu a casa quannu nesci u
signor Carbone, e di ccà un passa nuddu, mancu vuatri!’, eramu tutti ddà,
davanti a caserma. E ci stettimu chiossà di due giorni pi fari nesciri a
Carbone ra ddà intra, e finalmente arrivamu ca u ficimu nesciri e abbiamo vinto
una grande battaglia”.
Ottenuti i ‘lotti’, viene creata la prima
cooperativa nella storia di Godrano e il popolo ottiene i primi pezzi di terra
da coltivare, da cui ottenere il frumento per il pane e la paglia per gli
animali: “Ficimu na coperativa e ni
ficiru pagari dumila liri di depositu. E accussì ci aviamu ognunu u nostru
lottu, tutti. E arricampaiamu u frummentu pi manciari e a pagghia pi i vesti. E
ad accattari a paggia un ci iamu cchiù e a circari frummentu un ci iamu cchiù,
e fu na cosa ca in un annu s’accattaru tricentucinquanta muli a Godrano, picchì
ebbimu u voscu e a coperativa pi u frummentu. E così abbiamo risolto la partita
a Godrano, ni livamu tutti ri menzu a strata. E chistu fu u primu corpu cu Ciccinu
Carbone”.
All’età
di venticinque anni Francesco Carbone assumeva la causa del popolo e grazie al
suo aiuto questo cominciava ad uscire da secoli di miseria.
1950-51 Latenza
Nonostante
il successo ottenuto, le inquietudini giovanili di Carbone non si placano. Le
sue aspirazioni, infatti, non tardano a scontrarsi con l’aridità di una terra
dura a ricompensare la fatica dei suoi figli. Nell’inverno del 1949, a ventisei
anni, decide così di tentare fortuna lontano, in Argentina, dove esiste già una
colonia di compaesani e parenti. In una lettera ritrovata a Godranopoli, datata
tre novembre 1949, così scrive a Franz, un amico d’infanzia con il quale, ci
racconta il fratello, Francesco condivideva la passione per l’arte: “Caro Franz, di che cosa mi occupo per ora?
In un certo senso di niente poiché attendo di espatriare. Ho deciso di recarmi
in Argentina. Certo: non vedo né intravedo soluzioni migliori per il mio
avvenire, continuando a restarmene qui. Ho dovuto troncare gli studi alle
soglie del diploma. Non so ma da anni sono preso da uno stato persistente di
strana irrequietezza, di maledetta insofferenza, d’insolita abulia. E’ come se
dentro mi sia nato un male nuovo. Insomma, non sono in pace con me.”
È una partenza carica dell’angoscia
dell’emigrante, che va in cerca di foruna spinto dalla miseria e come tradito:
“... Sento che di sopra si battono dei
chiodi e qualcuno chiede una matita copiativa per scrivere sulla cassa pronta,
piccola e rozza, un nome e una destinazione: F. Carbone – Argentina…Penso alla
passerella di una nave sulla quale saliamo in tanti, un po’ curvi e silenziosi
e anche umiliati, senza voltarsi indietro a guardare chi è fermo sul molo con
le parole invischiate alle labbra e la voce coagulata nella gola, offeso come
la gente che è rimasta. Perché noi siamo emigranti e come Marco del racconto
raggiungeva una nave, ci apprestiamo a partire alla volta di un paese lontano.
Come Marco. Solo che a differenza di quello, aspettando la nostra volta, noi
siamo cresciuti e divenuti adulti; ci siamo intristiti tra un vuoto e l’altro
della miseria e delle angustie; però come lui, anche noi muoviamo in cerca di
una madre: la fortuna che molti di noi non hanno conosciuto perché un brutto
momento essa ci lasciò ancora bambini.”
In Argentina Carbone viene a conoscenza delle
reali condizioni in cui vivono i suoi compaesani e ne denuncia la miseria e lo
sfruttamento, contribuendo notevolmente a frenare il flusso migratorio
godranese verso quella meta, dipinta come l’Eldorado da chi ormai non se la
sentiva di tornare indietro. Continua intanto l’attività giornalistica,
inviando da Buenos Aires al giornale L’Ora
diversi articoli sulla condizione degli emigrati italiani e diviene redattore
de Il Corriere degli Italiani, sul
quale pubblica anche poesie e racconti. Come giornalista del Corriere degli
Italiani nel 1951 incontra e intervista Eva Peron sulle misure del governo argentino
a favore degli immigrati italiani, verso i quali la moglie del presidente
mostrava particolare sensibilità. Ma neanche per Carbone l’Argentina fu
generosa di opportunità e dopo alcuni mesi decide di rientrare a Godrano, dove
si preparavano le elezioni amministrative.
1952 Presenza
Tornato in Italia, Carbone riprende le redini
di quel movimento popolare suscitato qualche anno prima e con l’appoggio
dell’allora partito comunista fonda la prima sezione politica della storia di
Godrano, diventandone segretario. Continua la collaborazione con L’Ora, al quale invia articoli di
denuncia sulla difficile situazione sociale e politica del paese.
In una bozza ritrovata a Godranopoli, datata
1952, così scrive: “Molto abbiamo scritto
intorno a Godrano, ci siamo sforzati di mettere in luce le condizioni di questo
nostro paese, che se vogliamo, non possiamo chiamarlo nemmeno paese, ma colonia
penitenziale, per il tenore di vita assai infelice che vi si conduce. Non
abbiamo energia elettrica, non abbiamo edificio scolastico, non abbiamo
fognature regolari, non abbiamo acqua sufficiente né strade interne ed esterne
per le quali transitare, non abbiamo alcunché che ci dia il diritto di crederci
uomini, dato che i nostri giorni di qui si sono ridotti ad una monotona
vegetazione. Abbiamo però un Comune, un sindaco, un vice-sindaco, i
consiglieri, gli assessori: gli amministratori del paese cioè”.
Alle
elezioni politiche dell’estate del 1952, sostenuto dal P.C.I e con l’appoggio
del popolo, ancora privo di diritti e vittima di ingiustizie legalizzate, Carbone
riesce a formare una lista di ‘sfardati’, come con scherno li definiva
l’opposizione, che decide di sfidare l’amministrazione uscente.
La
campagna elettorale si svolge tra entusiasmi e non poche difficoltà, come
ricorda Oliva Bellini, figlia di uno dei candidati: “Per i comizi nessuno voleva prestare i balconi della piazza ai
comunisti, e così loro cercarono delle travi nelle case abbandonate, comprarono
metri e metri di stoffa rossa da Mastru Santu, l’unica bottega del paese, (a
‘crirenza la comprarono, che non avevano una lira) e costruirono un palchetto.
La sera, finiti i comizi, lo dovevano togliere dalla piazza e così la portavano
davanti alla porta della piccola casa che avevano in affitto per riunirsi,
perché là dentro non c’entrava. I comunisti mettevano la canzone ‘Bandiera
rossa’ con un giradischi, mentre quelli mettevano ‘Lo sai che i papaveri...’,
per fare sfregio.”
Con grande sorpresa degli altri, la lista
‘rossa’, guidata dal sindaco Antonino Barbaccia, vince le elezioni e per la
prima volta a Godrano anche le donne scendono in piazza: “Quando
si seppe della vittoria tutti per strada con bandiere e tamburi, uomini, donne
e bambini. Mia madre stava lavando i panni (mia madre era una che preferiva
stare in casa), ma venne la zia Maria e le disse ‘Ummari Paulina, chi faciti
rintra, niscemu fora ca vincemu, unnu sintiti u tamburu?’ E uscirono, a cantare
Bandiera Rossa per strada, anche le donne, che prima si vergognavano.”
Presso l’Archivio Storico Comunale di Godrano, in parte danneggiato da un
incendio, il primo documento ufficiale della nuova amministrazione, di cui
Carbone diviene assessore, è la delibera n.8 del 19 luglio 1952, che così
recita: “L’anno 1952 addì 19 del mese di
luglio nella sala delle adunanze del Comune di Godrano si è riunita la Giunta
municipale nelle persone seguenti: Barbaccia Antonino, Sindaco, Macaluso
Francesco e Carbone Francesco, assessori effettivi, con l’assistenza del
segretario comunale sig. Piaggiolini. Assenti gli assessori supplenti Manganese
Angelo e Bellini Andrea. Il sindaco, constatato il numero legale degli
intervenuti, dichiara aperta la riunione e li invita a deliberare sull’oggetto
sopra indicato”. Seguono anni di grande impegno a favore del popolo, e nel
1954 Carbone, in veste di regista e suggeritore, organizza l’ultima messa in
scena del Martorio ri Cristu a
Godrano, una sacra rappresentazione con più di quaranta attori, presi dal
popolo e per la maggioranza analfabeti. La parte avversa tuttavia non ha ancora
ceduto le armi e l’amministrazione comunista si trova a dover fronteggiare
serie difficoltà.
Gli
episodi intimidatori di quegli anni vengono taciuti o raccontati tra i denti da
chi ne fu testimone, e nel volgere di pochi anni, a Francesco Carbone e agli
altri questa terra torna a mostrare il suo volto crudele. Prima della fine del
mandato, nel 1955, l’Amministrazione in
toto si dimette.
La
delibera n.1 del 16 gennaio 1955 riporta come oggetto: Dimissioni dei consiglieri Carbone Francesco e Carbone Pietro. Le
interpretazioni di questo avvenimento furono molteplici, chiamando in causa ora
le intimazioni subite, ora alcuni provvedimenti impopolari presi
dall’amministrazione, ora l’eccessiva ingerenza del partito comunista che
richiamava all’ortodossia, ma di certo quell’evento segnò una sconfitta e
disperse il movimento, riportando al potere il gruppo d’opposizione.
Questo fatto doloroso segna un nuovo
allontanamento di Carbone da Godrano e il suo trasferimento a Palermo, dove
ottiene un lavoro come bibliotecario alla Regione Siciliana. Il paese intanto diventa teatro di crudeli
fatti di sangue.
Scorrendo in sintesi i decenni successivi,
non oggetto del presente contributo, giungiamo agli anni ’60, che segnano un
nuovo protagonismo di Carbone nei movimenti artistici e culturali di Palermo
(1966 Temposud, 1968 Centro di Ricerche Estetiche “Nuova Presenza” e Presenza Sud, 1971 Centro Interdisciplinare
di Documentazione e di Ricerca Interculturale).
In
questi anni egli scompare dalla scena pubblica godranese, pur continuando a
frequentare il paese da privato cittadino, come egli stesso terrà a
sottolineare nel testo di un comizio del 1980 ritrovato presso il Museo. Questa
sarà l’assenza da Godrano più lunga della sua vita, ma le esperienze maturate a
contatto con le correnti d’avanguardia dell’epoca daranno a lui nuova linfa per
tornare a investire in questo territorio con forme nuove.
È
il 1972 quando Carbone fonda a Godrano il Centro di Ricerca Interculturale
‘Busambra’ e promuove nelle campagne di Godrano la prima esperienza di Land Art in Sicilia. Con il Centro
Busambra, sede di attività culturali e sociali, nel 1974 sarà di nuovo alla
testa di un movimento di occupazione per la concessione agli allevatori di
Godrano dei pascoli di Giardinello e Marosa in mano al demanio forestale.
La partecipazione popolare riscontrata in
quell’occasione lo incoraggia a riprovare la strada dell’impegno politico,
spinto dalla voglia di tornare a spendersi per il paese dopo anni di
allontanamento pubblico. Accetta così di entrare a far parte della lista
dell’allora sindaco democristiano Salvatore Bisagna, scelta che gli attirerà
non poche critiche e che egli stesso più tardi giudicherà un grave errore di
valutazione. Da consigliere dà impulso alla fondazione di una Biblioteca
Interzonale che diventerà centro di attività culturali e punto di riferimento
per tutto il territorio di Rocca Busambra, ma lo scontro con il sindaco non
tarderà ad arrivare. Il laboratorio teatrale voluto da Carbone e condotto a
Godrano dal Teatro Libero di Beno Mazzone e da Augusto Boal, fondatore del
Teatro dell’Oppresso, ridesta nei giovani godranesi la volontà di
partecipazione politica e un coraggio nuovo di denuncia delle oppressioni che
pesano sul paese. Si consuma così la rottura con il sindaco e Carbone decide di
trasferire il suo impegno fuori dalla politica, agendo sulla ‘base’. Nasce
così, nel 1977, il Movimento Comunità di Base Busambra, centro di attività
artistiche, culturali e politiche ‘interzonali’. Il centro accoglierà il primo
nucleo di museo antropologico e una Pinacoteca Interzonale poi confluiti a
Godranopoli, e segnerà, non solo per Godrano, la nascita di un movimento
sociale e culturale a grande partecipazione giovanile. Insieme ai giovani che
frequentano il Movimento Busambra Carbone sarà ancora protagonista
dell’opposizione politica al sindaco Bisagna, presentandosi alle elezioni
amministrative prima del 1980, con la lista “Unità di lotta popolare” e poi del
1985 con una lista del P.C.I., ma la forma in cui si realizzerà pienamente il
suo impegno per Godrano, summa di
tutte le esperienze precedenti, è nell’aria. Il 12 settembre 1983 fonda il
Centro di ricerche e documentazione Godranopoli.
Anche in questo spazio desidero esprimere il mio più vivo apprezzamento a Paola Bisulca, Valeria Lo Bue e Irene Oliveri che sono riuscite, con la loro appassionata ricerca, a far rivivere Ciccino!
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