FABRIZIO LORUSSO - L'ANNO DI MUJICA E DELL' URUGUAY
Il
presidente dell’Uruguay, l’ex guerrigliero José “Pepe” Mújica, vive in
una fattoria alla periferia della capitale Montevideo con sua moglie, la
senatrice Lucía Topolansky, guida un vecchio maggiolino e si dichiara
vegetariano sfegatato. Salvo un paio di poliziotti di guardia
all’entrata, cosa peraltro molto comune quasi ovunque nelle città
latinoamericane, non si serve di particolari protezioni o scorte e
conduce una vita umile e dignitosa, senza eccessi né lussi. Mújica dà in
beneficienza il 90% del suo stipendio di 12mila dollari al mese, un
gesto piccolo rispetto ai costi generali della politica o al bilancio
statale, ma di certo molto significativo e simbolico, soprattutto in una
regione come il Sud America che è al primo posto per le disuguaglianze
nella distribuzione del reddito, cioè per la breccia tra ricchi e
poveri. Per lui questo è un modo di “restare libero” e non un escamotage
per creare un “personaggio” e ottenere riconoscimenti. Infatti, Mújica
non ama essere chiamato “il presidente più povero del mondo”, un titolo
affibbiatogli dalla stampa internazionale negli ultimi anni.
“Non
sono povero, ma poveri sono quelli che hanno bisogno di molto per
vivere, quelli sono i veri poveri”, replica il presidente parafrasando
Seneca. Molti reportage e interviste tendono a esaltare il suo stile
austero e sobrio, la sua vena contadina e la sua vita da persona
“normale”, in controtendenza con una politica insultante e sempre più
distante dalla gente in tutto il mondo. Tutto vero, ma si parla poco
della sua storia politica e combattente, delle prigionie e delle
sofferenze e dei successi ottenuti dopo la fine della dittatura che durò
dal 1971 al 1984. Quegli anni Pepe li passò prevalentemente in carcere.
Fu arrestato quattro volte in quanto membro del Movimiento de Liberación Nacional-Tupamaros
e l’ultima prigionia durò 13 anni, per cui fu liberato solo nel 1985 e
si reintegrò alla vita politica dopo l’approvazione delle leggi di
amnistia e il ritorno a un regime democratico.
Nel
1989 i Tupamaros entrarono a far parte della coalizione di partiti del
Frente Amplio, al governo dal 2004, e si trasformarono nella sua anima
maggioritaria e progressista con la fondazione dell’MPP, il Movimiento
de Participación Popular. Pepe fu eletto deputato nel 1994 e poi
senatore cinque anni dopo. Durante la presidenza del medico Tabaré
Vázquez (2004-2009) Mújica diventa ministro dell’agricoltura,
l’allevamento e la pesca ed entra quindi nel primo governo del Frente
Amplio. Questa forza politica è nata nel 1971, ma è stata proscritta e i
suoi esponenti perseguitati durante la dittatura. Ad oggi ne fanno
parte numerosi partiti, ben sedici liste, in rappresentanza delle
principali anime della sinistra ma anche di alcune forze d’ispirazione
democristiana e di tradizione liberale.
Coerentemente
col suo passato e il suo presente Mújica ha formulato discorsi energici
e decisi nei summit internazionali contro il consumismo e il modello di
sviluppo capitalista, con le sue espressioni ed eccessi degenerati e
aberranti, e a favore dell’integrazione latino-americana e di una
rivoluzione culturale ed educativa profonda: “Il mondo è prigioniero
oggi della cultura della società dei consumi e ciò che sta consumando è
la vita umana, in quantità tremende” per cui la gente ormai “non compra
con i soldi, ma con il tempo che ha dovuto spendere per avere quei
soldi. Non si può sprecare, quel tempo, va lasciato del tempo alla
vita”. Di seguito incorporo un video, sottotitolato all’italiano da
Clara Ferri, col discorso tenuto dal presidente uruguaiano alla
conferenza della CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei
Caraibi) del 26-27 gennaio 2013.
Il
22 marzo 2012 il presidente ha letto un discorso in cui lo stato
uruguaiano riconosceva pubblicamente la sua responsabilità nelle
violazioni ai diritti umani durante la dittatura. In più occasioni
Mújica, insieme a una parte della sua coalizione, ha promosso
attivamente sia la revisione che la cancellazione della Ley de
Caducidad, la legge che nel 1986 concesse l’amnistia ai repressori del
regime dittatoriale, ma le misure adottate dal parlamento hanno subito
in varie occasioni la bocciatura da parte della Corte Suprema
(Costituzionale) che ne ha annullato gli effetti. Quindi la questione
resta ancora in sospeso e, nonostante l’appoggio di Onu e Corte
Interamericana dei Diritti Umani, sembra difficile che Mújica e la sua
maggioranza, divisa su questo punto, riescano a trovare una soluzione e
far riaprire i processi proprio a pochi mesi dalle prossime elezioni
presidenziali.
Andando oltre i
discorsi e le dichiarazioni, la novità rappresentata dall’esperienza dei
governi del Frente Amplio e specialmente di José Mújica risiede nei
fatti concreti, nella politica sociale ed economica, rivolte verso i più
poveri, e nelle misure coraggiose approvate negli ultimi anni che
stanno cambiando il volto del paese sudamericano e ravvivando le
speranze dell’ondata progressista in America Latina.
Sicuramente
i provvedimenti più trascendenti, che sono stati anche al centro delle
cronache e delle inevitabili polemiche internazionali, sono quelli
dell’anno che s’è appena concluso e che riguardano i matrimoni tra
persone dello stesso sesso e la legalizzazione della marijuana.
Nello
scorso mese di dicembre è stata promulgata la legge che legalizza e
regola la produzione, il consumo e la vendita di marijuana nel paese,
primo e unico caso in America Latina. Il consumo era già permesso, anche
in luogo pubblico, ma restavano dei vuoti per le altre attività che da
quest’anno saranno sotto il controllo statale. L’Uruguay è il primo
paese al mondo a mettere sotto il controllo dello stato tutti gli
aspetti legati alla vendita e produzione di cannabis e dei suoi derivati
attraverso la creazione di un Istituto per la Regolazione e il
Controllo della Cannabis dipendente dal Ministero della Salute. Potranno
comprarla in farmacie autorizzate gli uruguaiani e gli stranieri
residenti maggiori di 18 anni, ma potranno anche coltivarla privatamente
(al massimo sei piante e 480 grammi di raccolto all’anno) o in club
speciali riservati agli iscritti con un minimo di 15 soci e un massimo
di 45.
Si potranno portare con sé o
acquistare al massimo 40 grammi al mese. Il prezzo non è ancora stato
definito, ma si pensa per esempio a una media di un dollaro al grammo
per poter competere con l’attuale mercato illegale. Le persone che la
coltivano in casa e i grossi produttori legali del mercato nazionale
dovranno ricevere una licenza statale ed essere registrati. Chiaramente i
coltivatori uruguaiani potranno esportare semi e piante nei paesi in
cui l’uso medicinale o ricreativo della marijuana è permesso, per
esempio negli stati nordamericani di Washington e del Colorado dove dal 1
gennaio è permesso il consumo.
Il
governo farà dei piani di prevenzione e sensibilizzazione ed è stata
vietata la pubblicità della marijuana, come succede già con il tabacco
in numerosi paesi. Sebbene l’Uruguay non sia uno dei paesi più colpiti
dalla violenza della “guerra alla droga”, promossa ipocritamente di
paesi proibizionisti come gli Usa e adottata massicciamente come
politica di sicurezza nazionale, per esempio, dal Messico e dalla
Colombia, la presenza del narcotraffico costituisce un problema grave,
considerando anche che i paesi del Corno Sud sono tra i principali punti
di transito e d’imbarco della coca diretta in Europa via Africa e Suez.
Una
soluzione pragmatica e alternativa, seppur sperimentale, come ha
ribadito lo stesso Mújica, rispetto alle fallimentari ingerenze
statunitensi nella regione e alle politiche nazionali repressive e
militari, corresponsabili di centinaia di migliaia di morti in America
Latina, viene quindi da un piccolo paese che ha saputo sfidare
l’opposizione interna delle destre e quella della comunità
internazionale, in particolare dell’Onu e del suo Ufficio su droga e
crimine, l’Unodc, secondo cui si starebbe violando la Convenzione sugli
Stupefacenti del 1961.
E anche gli
Usa hanno intimato il rispetto della Convenzione e degli impegni
internazionali mentre al loro interno i cittadini di due stati hanno
scelto di legalizzare l’uso ricreativo della marijuana, sancendo una
svolta storica a livello culturale e di politiche pubbliche. Ma
l’Uruguay va avanti e se l’esperimento avrà successo (o comunque sia, in
realtà), avrà molto da insegnare al continente e al mondo e propizierà
il ripensamento dei dogmi sul traffico e il consumo di stupefacenti che
risalgono alla metà del secolo scorso e che hanno permesso soprattutto
agli Stati Uniti, mossi dalla politica della guerra alla droga, di
giustificare il loro enorme potere d’ingerenza negli affari
continentali.
Sempre nel 2013 è stata
promulgata anche la Legge del Matrimonio Egualitario per cui le coppie
di persone dello stesso sesso potranno sposarsi ed è prevista “l’unione
di due contraenti, qualunque sia la loro identità di genere o
orientamento sessuale, negli stessi termini, con gli stessi effetti e
forme di scioglimento che stabilisce il Codice Civile”, recita il testo
della norma. S’è anche deciso che il cognome dei figli delle coppie
omosessuali sarà stabilito da un accordo tra i due coniugi o da un
sorteggio in mancanza di un accordo. Inoltre è stato fissato il diritto
dei figli a riconoscere il loro padre biologico nel caso in cui la
madre, sposata con un’altra donna, lo abbia concepito con un uomo e non
in vitro.
L’Uruguay nel 2012 è
diventato il primo paese sudamericano a permettere una depenalizzazione
ampia dell’aborto, ora permesso nelle prime 12 settimane di gestazione
dalla nuova Legge sul’Interruzione Volontaria della Gravidanza. In
America Latina esistono norme simili solamente a Cuba, a Città del
Messico, nella Guyana e a Porto Rico. Mújica spiegò in quell’occasione
che depenalizzare “sembra molto più intelligente che proibire”, infatti,
se “lasciamo sole le donne, se non ce ne curiamo e non diamo loro
sostegno, la cosa va male”.
Vista la
spiccata vocazione rurale, forestale e turistica dell’Uruguay, con
l’84,6% del territorio dedicato all’agricoltura (primo posto al mondo) e
la storica importanza dell’allevamento, anche in seguito all’incremento
esponenziale negli ultimi anni del valore della terra, la stessa è
considerata come un elemento strategico fondamentale per cui il governo
Mújica ha proposto una legge che limita l’acquisto di terre da parte di
imprese o gruppi in cui vi sia la partecipazione di un paese straniero
come socio investitore. L’obiettivo è salvaguardare la sovranità
alimentare e delle risorse naturali del paese, in controtendenza con
quanto accade in altre realtà come l’Italia e il Messico, dove la
svendita di spiagge e terreni o del patrimonio artistico e immobiliare
si è trasformata in una soluzione facile per i problemi di bilancio o
per ottenere l’approvazione di agenzie di rating, troike e business community
internazionale. Il problema è che i conti si risanano per un anno o
due, gli interessi sul debito si ripagano per un po’, però il patrimonio
che viene alienato, invece di essere reso produttivo e valorizzato, è
perso per sempre.
Nel 2012 è stata
approvata la legge sulla donazione degli organi, pensata per ridurre in
breve tempo la lunga lista d’attesa di pazienti in attesa di trapianti,
stabilisce che ciascuno dei tre milioni e 400mila uruguaiani diventa un
potenziale donatore di organi dopo il decesso, a meno che esplicitamente
non decida il contrario e, nel caso dei minorenni, ci vuole il consenso
del rappresentante legale.
Alle
elezioni presidenziali e parlamentarie dell’ottobre di quest’anno il
candidato del Frente Amplio sarà l’ex presidente Tabaré Vázquez che,
dopo un quinquennio di pausa, ha annunciato recentemente la sua
ridiscesa in campo. Più moderato rispetto a Mújica, che non può
candidarsi a un secondo mandato per proibizione espressa della
costituzione, e legato all’FMI, in quanto parte del Gruppo di Consulenti
Regionale del Fondo per
l’emisfero occidentale, il sessantanovenne Vazquez e il Frente sono in
testa nei sondaggi. Nel 2008 Vázquez aveva mostrato il suo lato
conservatore bloccando la legge sull’interruzione volontaria della
gravidanza, anche se dal punto di vista economico nel 2007 aveva
implementato una riforma fiscale progressiva che ha prodotto una
diminuzione della povertà e delle disuguaglianze.
Inoltre,
nonostante le misure “eterodosse” rispetto al dogma neoliberista, i
governi del Frente hanno ottenuto buoni risultati economici con il PIL
in crescita del 126% dal 2000 al 2011 (anche se una parte di questa
crescita ricade negli anni del governo precedente) e del 5,7% e 3,8% nel
2011 e 2012. La riduzione della povertà è stata impressionante, dal 40%
della popolazione nel 2005 al 12,5% nel 2012. La povertà estrema o
indigenza è stata quasi azzerata. Statistiche a parte, non sembra
comunque che ci siano intenzioni da parte del Frente e del suo candidato
di fare marcia indietro sulle conquiste sociali dell’amministrazione
Mújica, ma il loro destino evidentemente dipenderà anche dalla difesa
che ne faranno la società e i movimenti oltre che dai risultati
elettorali.
Emir Kusturica si
appresta a girare un documentario sulla vita di Pepe Mújica. Mentre
aspettiamo l’uscita del film, resta meno di un anno di governo al
presidente guerrigliero per consolidare l’opera riformatrice che ha
messo l’Uruguay al centro del mondo e ne ha fatto uno dei punti di
riferimento in America Latina. Con l’augurio che anche i prossimi
continuino ad essere gli anni di Mújica e dell’Uruguay.
Intervista a Monica Xavier, presidentessa del Frente Amplio QUI
Video sottotitolati all’italiano:
- Discorso di Mújica al vertice Rio+20
- Essere di sinistra secondo Mújica
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