Roberto De
Simone
Melania Lunazzi
«Dedico questo premio alla memoria di Pier Paolo
Pasolini, che è stato un vero ispiratore per quanto riguarda le indagini sulla
cultura popolare». Commenta così il maestro napoletano Roberto De Simone,
compositore, musicologo, etnomusicologo e regista teatrale, l’assegnazione del
premio Nonino che gli verrà consegnato oggi [31 gennaio 2015] a Percoto dalle
mani di Claudio Magris. «Quest’anno – sottolinea il maestro, classe 1933 – la
famiglia Nonino celebra il quarantesimo compleanno del Risit d’aur,
ma è anche il quarantesimo anniversario della scomparsa dello scrittore di
Casarsa». Figura a cui De Simone, nella sua carriera multiforme, ha dedicato
sempre attenzione come studioso della cultura popolare, arrivando anche, nel
1985, a dieci anni dal cruento assassinio del poeta friulano, a comporre
un Requiem ad memoriam, recentemente riproposto al Teatro San Carlo
di Napoli. «Rimane per me esemplare anche la raccolta, fatta da Pasolini, di
canti popolari italiani. Una ricerca effettuata non dalla voce diretta dei
portatori, ma su fonti di tipo antologico e librario. Però notevole, questa
raccolta, perché c’è una parte dedicata ai canti friulani». Alcuni furono
tradotti da Salvatore di Giacomo in dialetto napoletano e uno in particolare
ispirò una delle sue liriche più belle. Era di maggio e ti cadevano in
grembo/ a ciocche a ciocche le ciliegie rosse/ fresca era l’aria di tutto il
giardino/ profumava di rose a cento passi. Chi non ricorda i versi
della canzone napoletana resa famosa dalla voce di Roberto Murolo? Ebbene, la
canzone in questione è proprio questa: Era de maggio – incalza
il maestro De Simone – l’ha raccolta Pasolini. Alcuni versi sono citati da Di
Giacomo in maniera esemplare. Chissà, magari avrà avuto tra le mani una
raccolta di canti friulani e avrà rilevato la bellezza di questa in
particolare».
De Simone riceve il premio in virtù delle sue ricerche
sull' attualità della civiltà contadina, fatta di saperi, cultura e tradizioni
ricca di grande vitalità ed umanità” e per la sua costante riscoperta di un
“patrimonio culturale straordinario come quello tradizionale partenopeo che
rischiava di spegnersi”: questa la motivazione dei giurati. Ma la cultura
friulana è vicina a quella napoletana? chiediamo al maestro. «Rispetto alla
cultura popolare lo è certamente. Le culture popolari derivano tutte da una
condizione umana comune, dal concepire il rapporto con il tempo e con la storia
e con la metastoria in modo molto stretto. I due elementi essenziali sono la
memoria e l’oralità, dove la memoria diventa anche contestativa nei riguardi
della cultura ufficiale». Ma oggi la cultura contadina esiste ancora? «Esistono
i presupposti di una cultura che è in gran parte distrutta. Nelle manifestazioni
popolari del sud ha resistito di più, al nord la fine è avvenuta prima, però ai
tempi di Pasolini c’era ancora. Lui si riferiva alla madre, che era contadina».
E cosa ne pensa dei cosiddetti fenomeni di neoruralismo? «In molti casi si
tratta di un ritorno perbenista ai concetti arcadici della cultura contadina e
non a quelli reali della stessa. Un elemento fondamentale delle culture
popolari è la religiosità, in base alla quale la vita non è considerata un
percorso di tempo lineare e rettilineo, in progressione, ma la continuazione di
un tempo che si ricicla ad anelli. Questo fa sì che la vita umana sia scandita
in base al ritmo delle stagioni, in relazione al movimento degli astri, mentre
oggi andiamo al supermercato e anche a dicembre troviamo le ciliegie mature. Ci
sono tanti elementi su cui basare una possibile cultura rivoluzionaria nei
confronti di una cultura mediatica che ci viene imposta dai modelli del
consumismo del tempo. Sebbene anche il tempo sia diventato un elemento di
consumo».
www.
messaggeroveneto.gelocal.it/ 31 gennaio 2015
Roberto De Simone
regista di
teatro e musicologo italiano (Napoli 1933), studioso dell’espressività popolare
della Campania, ha dedicato alle feste in uso in questa regione il volume Carnevale
si chiama Vincenzo (in collaborazione con Annabella Rossi, 1977). I suoi
interessi antropologici sono confluiti anche, tra l’altro, in lavori come Il
segno di Virgilio (1982), Fiabe campane (1993), Il presepe
popolare napoletano (1999) e La cantata dei pastori (2000). Più di
recente ha pubblicato Le Guarattelle fra Pulcinella, Teresina e la
Morte (2003), Prolegomeni al Socrate immaginario (2005) e Novelle
k666 (2007). Ha svolto inoltre l’attività di musicista e di regista
teatrale, spesso in collaborazione con la Nuova compagnia di canto
popolare, proponendo alcuni spettacoli di successo come La gatta
Cenerentola (1976), ”favola in musica” presentata nel 1976 al Festival
dei Due Mondi di Spoleto e gratificata dal consenso unanime di pubblico e
critica nel corso di varie tournées in Italia e all’estero. Da ricordare
anche L’Opera Buffa del Giovedì Santo (1980), direttamente
ispirata alla tradizione musicale del folclore campano, Cholera (2003), Il
Re bello (2004), Là ci darem la mano (2007), Pergolesi in
Olimpiade (2011). Direttore artistico (1981-87) del Teatro San Carlo di
Napoli, dove ha realizzato numerose regie d’opera, nel 1995 è stato nominato
per chiara fama direttore del conservatorio San Pietro a Majella di Napoli,
carica dalla quale si è dimesso nel 2000. Accademico di Santa
Cecilia dal 1998, nel 2003 è stato insignito del premio Roberto
Sanseverino e nel 2015 del Premio Nonino Risit d’Aur. (fonte
www.treccani.it)
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