Italia paese di
misteri di Stato e di dossier sotto chiave. Ecco perché alcune carte non
saranno mai desecretate.
Andrea Palladino e
Andrea Tornago
Quei fascicoli
‘spariti’ nell’archivio della Camera
Raccontano che
negli archivi della Camera ancora oggi vi siano documenti
secretati del Risorgimento. Faldoni con le gesta
di Mazzini e Garibaldi, l’ascesa dei Savoia e la
guerra ai “briganti”. Leggende, forse. Anche perché
nessuno può aprire i fascicoli con il timbro
«segreto» o «riservato». Negli scaffali di legno di
palazzo San Macuto a Roma — a pochi passi dalla chiesa
simbolo dei gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola — è custodita
buona parte dei segreti della Repubblica. Qui era conservato
il verbale dell’audizione di Carmine Schiavone
dell’ottobre del 1997, qui ci sono documenti — acquisiti
dalle Commissioni parlamentari d’inchiesta
— con titoli da brivido: «Traffico di rifiuti
industriali in Somalia», ad esempio. E annotazioni
dei nostri servizi segreti che recano come oggetto «il caso di
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin».
Non aprite quegli
archivi
Carte ,
inaccessibili. Che neppure i deputati
possono consultare, come dimostra l’ultimo
“no” dei Servizi all’apertura degli archivi, risalente
alla primavera scorsa: risulta al manifesto che
tra l’aprile e il maggio del 2013 l’agenzia Aise (l’ex
Sismi, il servizio segreto militare) abbia negato
l’autorizzazione a un ufficio di Montecitorio
che chiedeva la declassificazione dei
documenti riservati acquisiti dalla Commissione
parlamentare sui rifiuti presieduta da
Gaetano Pecorella.
Sui traffici di
rifiuti, sulle navi cariche di veleni affondate nel
Mediterraneo, sull’omicidio della giornalista
del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin
— argomenti di cui i Servizi hanno sempre
dichiarato di non essersi occupati direttamente
— ancora oggi c’è il segreto. Un’esigenza di riservatezza
tale che nella scorsa legislatura, di fronte ai
commissari parlamentari, i direttori
delle due agenzie d’intelligence hanno dichiarato di non
ricordare attività d’informazione passate o in
corso sui traffici internazionali di scorie.
Anche se sono migliaia i documenti sul tema inviati da
Aisi e Aise, i servizi civili e militari,
alle varie commissioni: più di 8mila mostrati alla sola
Commissione parlamentare sul caso
Alpi-Hrovatin, come dichiarato dal generale Sergio
Siracusa sentito come testimone nel marzo 2012 al
Tribunale di Roma.
Desecretazione
a metà
Nell’ultimo ufficio
di presidenza della Camera è stata discussa la
richiesta di desecretazione presentata
lo scorso dicembre da Greenpeace — e appoggiata
dal manifesto. La vicepresidente Marina
Sereni (Pd) ha annunciato i risultati di una prima
ricognizione dei fascicoli attinenti alla
richiesta, curata dai funzionari che si occupano
dell’archivio storico della Camera. E i conti non
tornano. Fonti interne alla Camera raccontano di una
quantità di documenti decisamente inferiore
al numero che risulta dagli indici elaborati durante
l’ultima commissione.
Complessivamente,
considerando quattro commissioni
d’inchiesta sui rifiuti e quella sulla morte di Alpi
e Hrovatin, i consulenti di
Montecitorio hanno sottoposto
alla presidenza poco più di un centinaio di
dossier da avviare alla desecretazione. Che fine
hanno fatto gli altri fascicoli? «Quei documenti non
avevano un inventario analitico — fa
sapere una fonte che chiede l’anonimato — per cui abbiamo dovuto
stabilire dei necessari criteri di ricerca».
Alla fine, delle
migliaia di documenti inviati dai servizi segreti alla
Commissione Alpi-Hrovatin, delle migliaia di dossier
acquisiti dalle commissioni sui rifiuti (più di 600
solo per la Commissione Pecorella) sono stati
selezionati solo 152 da avviare alla desecretazione:
70 dell’Aise, il servizio di intelligence
estera (40 documenti segreti e 30 riservati),
5 dell’Aisi (il servizio di intelligence
interna), 20 del Copasir, il comitato parlamentare
di controllo sui servizi segreti, e una cinquantina
di atti giudiziari. Di tutti gli altri documenti non
verrà nemmeno chiesta la desecretazione.
Rimarranno chiusi — forse per sempre — accanto alle
carte segrete del Risorgimento.
I funzionari
del segreto
Ci sono funzionari
che custodiscono i segreti della Repubblica. Le
cui carriere attraversano e osservano con
distaccato riserbo il susseguirsi di legislature
e stagioni politiche. Alti dirigenti che —
specie nei momenti di crisi e di rivolgimenti
istituzionali — stanno a guardia dei
misteri che accompagnano la storia della Repubblica.
Come i funzionari che hanno effettuato la
ricognizione negli archivi della Camera, alla ricerca dei
documenti da declassificare. Utilizzando
criteri riservati rispetto ai quali non è facile
risalire a chi ha deciso cosa scegliere nel
gigantesco archivio. Non è semplice dare
una risposta.
Contattate dal
manifesto, fonti della Camera spiegano di aver scelto
alcune parole chiave per selezionare i dossier
da rendere pubblici: chiavi di ricerca come “navi
a perdere”, “affondamento”, “rifiuti”,
escludendo i documenti che non contenessero
quei riferimenti diretti. Come, ad esempio, alcune
carte sulla morte di Ilaria e Miran . O come
i fascicoli sul traffico d’armi, collegato
con la rete di intermediazione che spedisce
nei paesi africani le scorie delle nostre industrie.
Esclusa anche la
Somalia, vero crocevia dei peggiori affari
italiani. Un’interpretazione restrittiva della
richiesta di Greenpeace (che ha chiesto la
desecretazione dei fascicoli sulle “navi
a perdere” e sui traffici internazionali
di rifiuti) che si presta a innumerevoli
contestazioni. «Dovevamo cercare la
migliore collaborazione istituzionale
— continua la fonte della Camera — per aprire un
discorso su questi argomenti rispettando le esigenze
della magistratura…e di tutte le autorità che si occupano
di questi temi». Come gli stessi Servizi.
Il Manifesto – 5 marzo
2014
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