Martedì prossimo vi aspettiamo per la presentazione del V numero di nuovabusambra dedicato alla memoria di un nostro grande amico.
Anticipiamo la breve testimonianza di Pina Abbate contenuta nel fascicolo e l' indice del numero:
Francesco Carbone
e l’officina laboratorio di Busambra
Incontravo
Francesco Carbone ad esposizioni di artisti più o meno noti, emanava una passione visionaria che coinvolgeva, sapeva animare circuiti dove
l’ orgogliosa dignità di ogni libera forma
di espressione , bilanciava un quotidiano spegnersi di affermazione
democratica, civile partecipazione, poetica del fare insieme; la sua vivacità intuitiva, trasmetteva valori come
quello di difendere, accrescere, rivendicare, quanto poteva mettere in movimento potenzialità espressive,
comunicative, creative, di individui , gruppi, Territorio.
Con semplicità, umiltà, gentilezza, ospitava in
quella curiosa fucina di incontri che era
Godranopoli, artisti, poeti, intellettuali, giornalisti, giovani curiosi
, bisognosi di scavalcare certe barriere che opprimevano o ostacolavano spazi
di immaginazione verso cui Carbone componeva instancabilmente ponti. Un
orgoglioso sentimento di appartenenza alla Terra faceva da humus fertile ad
esperienze di conoscenza e di identità.
Come un vero e proprio “Camminus
inizialis” dalla città verso territori di montagna, per un contatto immediato
con una sorta di fluida esperienza che connette anima e sentimenti tramite lo
Spazio di Busambra , l’officina
animata da Carbone si faceva specchio di un mondo ancora vivo e palpitante.
Carbone vi trasfondeva operosità, concretezza, costanza, condivisione,
un’intraprendenza modesta e sobria rianimava operosità di artigiani, contadini, tessitrici, falegnami,
fabbri,carrettieri; affascinanti serie
di oggetti in apparente casual disordine diceva l’identità di un popolo,
l’abilità tecnica, il saper fare robusto e originale; rivivevano suoni di
maniscalchi, incudini, martelli, persino arrugginiti chiodi tracciavano la
gloria di antiche capriate, delle masserie scomparse restavano segni molteplici
, persino i campanacci di mandrie ai pascoli evocavano luoghi di intense
attività.
Un giorno la funambolica esile figura del poeta pastore Giacomo
Giardina esprimeva in brevi versi un tenero attaccamento al selvaggio errare
attorno alla Busambra, aprendo l’incanto di magiche luci stellari ad Alpe
Cucco; un altro la sorprendente esuberanza di Carbone accoglieva studiosi
stranieri cui presentava sogni, simboli, espressioni artistiche di gruppi che a
volte non oltrepassavano le vie di provincia, tanto smarrita è a volte l’anima
e tanto brucianti sono perdite e sconfitte.
Quel museo della memoria, composto
grazie a doni, partecipazione di molti, raccolte collettive, volontà ed impegno
di tanti amici di Francesco Carbone, consentiva una sorta di pellegrinaggio per
impervie vie del reciproco riconoscersi, nell’arte, la poesia, le infinite
forme dell’immaginario. Mentre ad oggetti d’ ogni sorta (dal braciere al ferro
per stirare a carbone) era affidato il miracolo della restituzione di luci ed
ombre del nostro passato,lo spreco, la vanità, il superfluo, restavano fuori
(tra marciapiedi di città, vetrine, mercati) dai variopinti fermenti che
evocavano paesaggi, paesi, cammini faticosi
tra miti, epopee della montagna, tracce di storia di questa terra
stremata da troppi abbandoni e penosi tradimenti. Grazie a itinerari avviati da
Francesco Carbone è possibile oggi ricordare, riflettere, analizzare cesure tra
passato e presente, riconoscere quel che ripara identità, interpretare
mutamenti, verificare limiti e confini culturali del proprio ambiente e
territorio, spiegare quel che nella propria storia ha fallito o generato
sviluppo, aiutarsi tutti a partecipare con maggior consapevolezza ad esigenze
con cui presente e futuro irrimediabilmente
incalzano per reciproci ascolti, dialoghi, confronti autentici, critici,
lucidi.
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