22 marzo 2014

VAN EYCK RACCONTATO DA O. PACHT



Finalmente in italiano il saggio di Otto Pächt sulla rivoluzione della pittura fiamminga del XV secolo.

Cesare De Seta

Van Eyck, i fratelli artisti che dissolsero il medioevo



Il Polittico di Gand è tra i più grandi eventi dell’arte occidentale e chi non l’ha visto si precipiti nel deambulatorio meridionale della cattedrale di San Bavone. Il polittico fu dipinto per l’altare della cappella di Joos Viyd: è in condizioni perfette, firmato e datato 1432, anno in cui fu concluso da Jan Van Eyck. L’iscrizione ci dice che Jan l’aveva ereditato dal fratello Hubert, pittore ancor più grande e più anziano, morto nel 1426. Jan attese all’opera per ben sei anni.

Il primo, essenziale problema che pone Otto Pächt, in Van Eyck. I fondatori della pittura fiamminga, Einaudi, con una bella prefazione di Artur Rosenauer, è quale sia stata la parte dipinta da Hubert: pone così il problema chiave di chi sia stato il vero fondatore dell’Ars Nova, il creatore di una visione della realtà, «lo scopritore del mondo fenomenico, percepibile a livello empirico»: come scrive il grande storico della Scuola di Vienna (1902-1988), che la vita dedicò al Maestro di Flémalle e ai fratelli Van Eyck, dissentendo con motivate argomentazioni dall’erudita interpretazione iconologica di Erwin Panofsky fin dal ‘56, e ricostruendo il guado tra la tradizione medievale e una visione del reale di nuovo conio.



Pätch non ha dubbi nel sostenere che l’Adorazione dell’Agnello Mistico sia di mano di Hubert più Jan, ma distinguere le mani di chi ha cominciato e di chi ha concluso è impresa, dice l’autore, destinata a fallire. Anche per i numerosi restauri che si sono succeduti nei secoli. Seguire l’intarsio della lettura di Pächt è impossibile, sia per la sbalorditiva capacità dell’autore di risalire agli antecedenti che per i collegamenti incessanti alla pittura nei Paesi Bassi in una stagione magica.

Tra il 1428 e il 1429 Jan fu in Spagna e l’influenza del retablo è percepibile nella sontuosa struttura compositiva del Polittico. Nello scomparto centrale è Dio Onnipotente, a sinistra Maria e a destra San Giovanni: agli estremi lati di questa solenne compositio sono gli scomparti — intervallati da angeli che cantano e angeli musici — con Adamo ed Eva.

Mai s’è visto un Adamo così drammaticamente appagato; dopo aver trasgredito il divino ordine, i suoi occhi sono perduti e sognanti, presago certo della condanna che l’attende, ma ancora preso dalla mela che ha appena morso nasconde il sesso con una foglia. Eva ha uno sguardo dolente, in mano non ha una mela ma un limone o un limo dalla corteccia rugosa e verde: il ventre è enfio sul corpo sottile, i capelli scarmigliati da una furia amorosa già consumata.



Al centro la Maestà divina è impassibile, impenetrabile, sovranamente insensibile — come un’icona bizantina — al dramma che s’è consumato dinanzi ai suoi occhi:sotto di lui la predella con Adorazione dell’Agnello mistico, attorno all’altare una cerchia di angeli, dinanzi una vera di pozzo, con ai lati due gruppi di notabili, cavalieri, prelati e monaci oranti. Quattro più piccoli scomparti nel registro inferiore illustrano gli Eremiti e Cristoforo con i pellegrini a destra, dal lato opposto i Giusti Giudici (copia) e i Cavalieri di Cristo.

Composizione a cui sottende sapienza teologica e virtù di mano: sul fondo di questa sublime scena si riconosce in asse con l’agnello la torre della cattedrale di Utrecht, sulla destra si distende una Gerusalemme goticizzata: dietro le colline altalenanti tra ciuffi d’alberi si levano torri, cattedrali, absidi, cupole, pinnacoli che sono forse segno della città terrena con le sue false gioie.



Chiusi gli sportelli, compare al centro la Nicchia con finestrella trilobata, asciugatoio, ramino e bacile di una sbalorditiva felicità pittorica, così come la Bifora con veduta offre sul fondo uno dei più straordinari scorci urbani del primo Quattrocento.

Il paesaggio è tra i più straordinari scorci dell’intero Quattrocento. Ed è secolo in cui i Van Eyck si misurano con Piero della Francesca, l’Angelico e Paolo Uccello. Ai lati in basso il donatore del polittico Joss Vijd e sua moglie inginocchiati. Il volume di Pätch è l’esito delle sue ultime lezioni e nulla s’è detto del primo capitolo dedicato al Maestro di Flémelle, a lungo confuso con Rogier van der Weyden, e dell’ultimo capitolo dedicato a Hubert e al Libro delle ore di Torino.

Una magistrale lezione questa di Otto Pächt in cui s’apprezza il dubbio che attraversa ogni affermazione e ha ragione Rosenauer d’affermare che non di una monografia si tratta, ma di “un’inchiesta storico-stilistica” sulla pittura dei Paesi Bassi.

la Repubblica – 4 gennaio 2014



Otto Pächt
Van Eyck
Einaudi, 2013
euro 68

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