27 marzo 2014

LA PROFEZIA DI BRODSKIJ



Vivremo io e te su quella riva,
dal continente un’altissima diga
ci isolerà dentro lo stretto cerchio
tracciato da una lampada domestica.

Combatteremo a carte, io e te,
la risacca infuriata ascolteremo,
tossicchieremo, respirando appena,
agli aliti del vento troppo forti.

Io sarò vecchio e tu, tu sarai giovane:
eppure, come insegnano i pionieri,
noi conteremo in giorni e non in anni
quel che ci resta per la nuova età.

E nella nostra Olanda rovesciata
nel pianterreno un orto, io e te,
oltre la soglia cuoceremo ortiche,
ci nutrirà il polipo del sole.
Strepiterà la pioggia sui cetrioli.
Come esquimesi noi ci abbronzeremo,
ma resterà una striscia intatta e bianca:
ci passerai teneramente il dito.
In uno specchio il segno della clavicola
scoprirò e l’onda oltre le spalle, e, appeso
a una cinghietta stinta e sudaticcia,
avvolto nella lana, il vecchio geiger.
Verrà l’inverno e farà turbinare
sul nostro tetto la paglia, implacabile.

E se faremo un figlio, Andrej o Anna
lo chiameremo, perché, sul visino
grinzoso impresso, l’alfabeto russo
non sia scordato nel suo primo suono,
come il prolungamento di un sospiro,
che durerà, sempre più rafforzandosi.
Combatteremo a carte, fino a quando
via dalla riva ci trascinerà
il riflusso tortuoso. Con le briscole.
E nostro figlio silenziosamente
senza nulla capire guarderà
come la tarma sbatte nella lampada,
e sarà tempo allora che ritorni
indietro, oltre la diga…

Josif Alexandrovic Brodskij
Profezia, 1965
(Traduzione di Giovanni Buttafava)
da “Fermata nel deserto”, Mondadori, 1979

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