19 marzo 2014

S. BOLIVAR, UN EROE TRADITO


Il Venezuela è oggi, con l'Ucraina, al centro dell'attenzione dei media che parlano di rivoluzione bolivariana. Ma chi era davvero Simon Bolivar?

Ermanno Bencivenga

Bolívar, eroe tradito dal popolo



Simón Bolívar era un uomo minuto e malaticcio, che si spense stroncato dalla tubercolosi (come entrambi i suoi genitori) a 47 anni. Enormemente ricco di famiglia ma presto orfano, aveva ricevuto un'educazione caotica e nessuna formazione militare; da giovane, era più a suo agio in una sala da ballo che su un campo di battaglia. Eppure, una volta concepito il piano di liberare il Sud America dal dominio spagnolo e unificarlo in una nuova grande potenza, nulla sembrò in grado di fermarlo.

Ripetutamente sconfitto e costretto all'esilio, ritornò ogni volta più determinato e reso più avveduto dai suoi errori. Per quasi vent'anni marciò con i suoi eserciti per decine di migliaia di chilometri, tra foreste e paludi, su e giù per le Ande, fino a vedere gli ultimi eredi dei conquistatori di Pizarro lasciare per sempre il suo continente.

Nella sintesi offerta da Marie Arana in Bolívar, «né Alessandro né Annibale né Giulio Cesare avevano lottato su un territorio così vasto e inospitale. Carlomagno avrebbe dovuto raddoppiare le sue vittorie per raggiungere quelle di Bolívar. Napoleone, costruendo un impero, aveva percorso meno spazio di Bolívar nella sua difesa della libertà».

Sei nazioni contemporanee (Panama, Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia) esistono come conseguenza delle sue leggendarie imprese, anche se la loro stessa autonomia ne testimonia il fallimento di statista dopo i trionfi di soldato: la grande entità politica unitaria da lui sognata, infatti, non si realizzò e il Sud America divenne invece un mosaico di stati rissosi e retrogradi.


La divisione che, in varie forme, tormentò per tutta la vita «il Liberatore» gli insegnò due fondamentali lezioni politiche. Da una seppe trarre straordinario profitto; l'altra la promulgò fino allo stremo delle forze, con l'unico risultato di attirarsi sospetti e accuse.


Prima lezione. Per tre secoli, gli spagnoli avevano mantenuto il potere e sfruttato le risorse locali istituendo una rigida gerarchia etnica. Al vertice c'erano i pochi nati nella madrepatria; seguivano nell'ordine i creoli, i sanguemisto, gli indiani e gli schiavi neri. Inizialmente, la rivoluzione fu condotta dai creoli e gli spagnoli ebbero facile gioco ad aizzare contro di loro masse di schiavi incitandoli al massacro e alla rapina. Bolívar concepì allora l'idea di eliminare il sistema di caste e abolire la schiavitù, mobilitando per la prima volta un popolo genuinamente americano.
Gli Stati Uniti erano nati per opera di coloni bianchi (padroni di schiavi) e nemmeno una feroce guerra civile avrebbe mai sanato questo peccato originale; il Sud America ottenne l'indipendenza solo quando bianchi, indiani e neri lottarono fianco a fianco. Quando seppe accettare il suo intrinseco meticciato.


La seconda lezione aveva a che fare con le istituzioni politiche che ne avrebbero dovuto reggere le sorti. Radicalmente avverso alla monarchia, Bolívar era anche convinto che la democrazia statunitense (peraltro limitata, nel modello di riferimento, alla minoranza che aveva combattuto gli inglesi) non potesse essere esportata senza rispetto per le condizioni locali e senza opportune mediazioni.

La Spagna aveva crudelmente asservito le popolazioni sudamericane, con gli strumenti e con gli esiti dei tiranni di sempre: fiaccandone lo spirito, coltivandone l'ignoranza e incitandole ad assurde rivalità. Abbandonare d'un tratto ogni potere nelle loro mani avrebbe creato non libertà ma nuove forme di dittatura e di abuso.

Allo stesso modo oggi, chi crede di salvare un paese facendo la conta dei pareri spontanei di tutti (espressi magari schiacciando un tasto del pc) dovrebbe riflettere sul fatto che fu un'assemblea democratica (indisciplinata e urlante) a condannare a morte Socrate.
Bolívar considerava pratiche del genere come un incubo, auspicava la creazione di un forte sistema educativo che instillasse responsabilità etiche e civiche e si adoperava, scrivendo varie costituzioni, per trovare forme di gestione della cosa pubblica che equilibrassero il puro consenso assembleare.

Le soluzioni da lui proposte comprendevano un presidente eletto a vita e un senato ereditario analogo alla Camera dei Lord britannica; ma, furono viste da una comunità volubile, rapidamente passata dall'adorazione all'avversione, come mosse per acquisire autorità personale. Così, mentre Bolívar moriva preparandosi a un nuovo esilio, i suoi generali, imitando i diadochi di Alessandro, si spartivano l'immenso territorio da lui liberato, creando stati che gli avrebbero periodicamente conferito onori ma la cui stessa esistenza autonoma, come ho detto, tradisce la sua memoria.

Il Sole 24 Ore – 16 marzo 2014

Marie Arana
Bolívar: American Liberator
Simon & Schuster, 2013
$ 35,00

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