LUCA MENICHETTI
IN NOME DI DIO E DELLA PATRIA
Saranno gli storici a dirci con più
precisione quanto la dittatura dei generali argentini sia stata
debitrice del franchismo e quali e quante somiglianze vi siano state tra
questi due regimi autoritari. Per il momento, almeno su di un argomento
dai risvolti agghiaccianti, possiamo affidarci a Piero Badaloni che,
come corrispondente Rai da Madrid, ha avuto l’opportunità di indagare
sul traffico di neonati rubati ai legittimi genitori. Sapevamo già
cos’era accaduto nell’Argentina dei generali: ci furono molte donne che
partorirono mentre erano detenute per motivi politici; molte di loro
furono uccise, e i loro figli illegalmente affidati in adozione a
famiglie di militari o poliziotti. In Spagna, non fosse altro per la
presenza di un regime durato quarant’anni e di una democrazia ancora
fortemente condizionata dal passato, le cose si sono in qualche modo
cronicizzate e hanno avuto uno svolgimento del tutto peculiare. Per
quanto riguarda il libro saremo pure stati condizionati dal sapere che
Badaloni è un giornalista Rai ma effettivamente l’impostazione
dell’opera, fatta di frequenti interviste agli ex bambini rapiti e
genitori, ci ha ricordato proprio lo svolgimento di un’inchiesta
televisiva. Impostazione che non ci è dispiaciuta e che ha reso
particolarmente evidente al lettore il dramma, spesso irrisolto e
irrisolvibile, delle vittime.
Per farla breve e per
farci meglio capire di cosa stiamo parlando possiamo riportare qualche
passaggio dalla quarta di copertina: “Tutto è partito da una donna, Mar
Soriano, che con tenacia e pazienza, a metà degli anni Novanta, ha
iniziato la sua battaglia per rintracciare la sorella Beatriz, nata a
Madrid nella clinica O’Donnell il 3 gennaio 1964. La bimba non era
morta, come i medici avevano detto ai genitori. Era stata venduta.
Beatriz è una degli oltre trecentomila niños robados. Trentamila i casi
accertati solo tra il 1939 e il 1945. Un furto di massa iniziato alla
fine della Guerra civile spagnola, e che vede sul banco degli imputati
il regime franchista, medici, infermieri ed esponenti della Chiesa
cattolica. Questa rete segreta, infatti, si teneva in piedi anche grazie
alla complicità di sacerdoti e suore. Erano loro ad affidare i figli
degli oppositori politici alle famiglie fedeli alla dittatura. Ai
genitori veniva impedito di vedere il corpo dei propri bimbi e di
partecipare ai funerali […] Una pratica infame che è continuata fino
alla fine degli anni Ottanta. Anche perché il traffico di neonati ha
fruttato un fiume di denaro. Lo scandalo è scoppiato nel 2011, con la
prima denuncia collettiva a un tribunale […] Ad oggi, l’accertamento
della verità è affidato alle sole indagini dei procuratori regionali.
Centinaia di famiglie e di associazioni della società civile chiedono da
tempo l’apertura di una commissione d’inchiesta sullo scandalo. Ma
inutilmente: il governo guidato da Mariano Rajoy non pare intenzionato a
concederla”. Badaloni, nello spiegare la genesi del fenomeno, ha
ricordato le teorie dello psichiatra Antonio Vallejo-Nájera, che
sollecitava a “togliere i bambini alle madri per evitare che prendano da
loro il virus del marxismo”, e che ispirò un piano di rigenerazione
della razza. Praticamente un programma eugenetico tale da supportare un
regime che, di fatto e di diritto, aveva eletto un cristianesimo
distorto a ideologia. Senza dimenticare quindi come la Chiesa spagnola
abbia sposato in toto la causa del franchismo: terrorizzata a tal punto
di perdere potere con il governo repubblicano, ha covato in seno preti e
suore che sono giunti a giustificare il commercio dei bambini sottratti
alle loro madri naturali come atto necessario per salvarli dalla
povertà e per poterli educare secondo le regole del cristianesimo.
In altri termini i
furti di bambini furono giustificati per evitare che questi, crescendo,
prendessero i vizi e i difetti dei genitori naturali, tutti oppositori
del regime franchista. Il meccanismo era collaudato: gli istituti
religiosi, mostrando un particolarissimo spirito “cristiano”, offrivano
ospitalità ai bambini di madri spesso in difficoltà economiche o perché
avevano partorito senza essere sposate. Poi, grazie alle manovre di
suore che facevano il verso a Crudelia Demon, i bambini sparivano e
venivano affidati a famiglie adottive scelte in base al loro tasso di
religiosità e alla loro generosità nei confronti della confraternita.
Poi capitava che fossero gli stessi medici a ingannare le madri dicendo
che i loro figli erano morti subito dopo la nascita. Una situazione di
abusi e illegalità che per tanti anni ha trovato una facile sponda nelle
carenze della legislazione spagnola. Leggiamo a pag. 64: “Bisogna
aspettare il 1987 e il governo presieduto dal socialista Felipe Gonzales
per arrivare ad un’effettiva tutela del minore e dei genitori naturali:
il Parlamento vara in quell’anno una legge che toglie finalmente ai
medici l’immenso potere che avevano acquisito nel tempo e che li obbliga
a comunicare alle autorità ogni caso di adozione.
Oltre quarant’anni di
rapimenti perché sostanzialmente sono due le fasi storiche prese in
esame e che hanno visto consolidarsi questo commercio di falsi orfani.
Lo ha spiegato a Badaloni l’ex procuratore anticorruzione Carlos Jiménez
Villarejo rispondendo alla domanda su come procedevano le persone
implicate: “In tutti i casi si ripetevano le stesse condotte. Chi
attuava i furti faceva parte di settori sociali con un livello
rilevante, tanto dal punto di vista sociale che religioso. Si
sottraevano i minori nella più assoluta clandestinità, con la garanzia
che nessuno avrebbe denunciato i fatti alla polizia o ai giudici
competenti, perché c’era un regime dittatoriale che proteggeva queste
condotte. La seconda fase storica dei sequestri di bambini non ebbe un
carattere politico come avvenne nella prima fase. Nonostante questo
però, la rete dei sequestri continuò, ben organizzata nelle maternidad
degli ospedali e delle cliniche private durante gli anni Sessanta,
Settanta, Ottanta, quando si ebbe la maggior parte dei casi che ora
stanno venendo alla luce. Era impossibile che i giudici o i procuratori
non ne fossero a conoscenza, anche se non vi erano denunce” (pag. 105).
Come abbiamo
anticipato gran parte delle pagine del libro sono dedicate alle
testimonianze delle vittime, ex bambini rapiti, genitori naturali
defraudati e, a volte, genitori adottivi ingannati. Superfluo da parte
mia sottolineare e ricordare ancora i drammi personali che si colgono
con queste interviste. Ma Badaloni
ha voluto cogliere anche un altro aspetto, che fa scorgere barlumi di
umanità tra i tanti soprusi: “Colpisce, nei racconti di queste donne, la
conclusione a cui arrivano, spesso molto simile: sulla loro voglia di
riprenderseli prevale la preoccupazione di non alterare gli equilibri
affettivi dei figli. L’importante è sappiano la verità, che non furono
abbandonati e che continuano a volergli bene”.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE:
Piero Badaloni, (Roma, 1946) giornalista e scrittore. Ha
iniziato la sua carriera nel 1971 in Rai, occupandosi di reportage e di
inchieste. A lungo conduttore del Tg1, si è proposto in seguito come
autore di una serie di programmi televisivi tra i quali Droga, che fare, Italia Sera, Unomattina. Dal 1995
al 2000 è stato presidente della Regione Lazio. Alla fine del mandato è
tornato in Rai, prima come corrispondente da Parigi, poi a Bruxelles e
Berlino.
Piero Badaloni, “In
nome di Dio e della patria. I bambini rubati dal regime franchista”,
Castelvecchi (Collana Rx), Roma 2014, pag. 288
Luca Menichetti. Lankelot, marzo 2014
Recensione già pubblicata il 15 marzo 2014 su ciao.it e qui parzialmente modificata.
Dal sito http://www.lankelot.eu/
Dio, patria e famiglia cosa riescono a scatenare nella mente umana !
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