INCONTRO
Queste dure colline che han fatto il mio corpo e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.
L’ho incontrata, una sera: una macchia più chiara sotto le stelle ambigue, nella foschia d’estate. Era intorno il sentore di queste colline più profondo dell’ombra, e d’un tratto suonò come uscisse da queste colline, una voce più netta e aspra insieme, una voce di tempi perduti.
Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi definita, immutabile, come un ricordo. Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà ogni volta mi sfugge e mi porta lontano. Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane: mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto dell’infanzia vissuta tra queste colline, tanto è giovane. È come il mattino. Mi accenna negli occhi tutti i cieli lontani di quei mattini remoti. E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta che abbia avuto mai l’alba su queste colline.
L’ho creata dal fondo di tutte le cose che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.
Cesare Pavese
[8-15 agosto 1932]
da “Lavorare stanca”, 1936-1943, (Poesie aggiunte)
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