Un romanzo e un
saggio, due approcci diversi al tema della condizione femminile. Due
libri da leggere.
Massimo Recalcati
Dalle "Sovrane" alle "Puttane" le vittime della legge dei maschi
Due libri recenti e molto diversi tra loro offrono ritratti opposti della femminilità: nel primo, titolato Sovrane, edito da Il Saggiatore, Annarosa Buttarelli - filosofa e femminista - s'impegna a ricuperare le tracce di una pratica femminile del governo, mentre nel secondo, quello di Lucrezia Lerro, già nota per romanzi di un certo successo come Certi giorni sono felice o Il rimedio perfetto - titolato La confraternita delle puttane, edito da Mondadori, emerge un universo di disperazione e di morte dove il destino delle donne appare segnato da una solitudine senza speranza.
Si tratta di due testi che sembrano meditare attorno a quel rifiuto della femminilità messo a tema da Freud. Un destino di rimozione colpisce il femminile non solo nella società patriarcale, ma nelle vicissitudini più profonde della vita psichica, sottraendogli ogni diritto di cittadinanza.
È precisamente contro
questa rimozione che Annarosa Buttarelli lotta a viso aperto. Ecco la
posta in gioco del suo lavoro: è possibile dare voce a una filosofia
e a una pratica femminile della democrazia che si emancipi dalla
«storia monosessuata maschile delle istituzioni politiche
d'Occidente?».
Domanda che - secondo
l'autrice - si rende necessaria constatando come «tutte le cose
"maschie" sono oggi in agonia o già morte - Stato,
famiglia dell'uomo che porta a casa il pane, matrimonio esclusivo tra
uomo e donna, democrazia rappresentativa, polis, solidarietà di
classe, salari, divisione privato-pubblico». Esiste una narrazione
solo maschile della sovranità che s'incarna nell'autorità del pater
familias come nella democrazia rappresentativa e che esalta
l'universale della Legge contro il particolare della vita.
Diversamente, la sovranità femminile si esercita «non contro ma sopra la Legge» prendendosi cura della vita nella sua particolarità.
È il concetto stesso di rappresentanza che viene qui messo in discussione. Non si tratta di riabilitarne la funzione, ma di cogliere nella sua crisi attuale l'apertura ad un'altra pratica di governo. Nelle donne - continua il ragionamento della Buttarelli - esiste una sensibilità affettiva che intende il governare non come rappresentanza di un'altra volontà - della Nazione, dello Stato, del popolo - ma come esercizio di una cura fondata sul «primato assoluto della relazione».
Dall'Antigone di
Zambrano, alla regina Elisabetta, da Hannah Arendt a Carla Lonzi,
dalla dea bambina Kumari alla scrittrice Anna Maria Ortese, da Chiara
di Assisi alla sindaca di Orsiglia Graziella Borsatti, l'autrice
convoca i testimoni di questa «democrazia senza rappresentanza»
capace di dare luogo a un economia non vincolata all'assillo
dell'utile e del profitto e a una vita politica non preoccupata di
unificare le differenze quanto piuttosto di esaltarle.
Ne scaturisce un libro
che può essere un contributo importante nell'attuale dibattito
politico impegnato a ripensare le ragioni della nostra vita insieme.
Il testo di Lucrezia
Lerro ci offre invece un'altra visione del femminile che completa,
come in un contrappunto tragico, il libro della Buttarelli: dalle
sovrane alle puttane. Si tratta di un romanzo scritto con il consueto
stile asciutto e ricco di una poesia che scaturisce dall'attenzione
al dettaglio delle cose e al peso delle parole.
Ambientato in un
claustrofobico paesino del profondo Sud nel corso degli anni Ottanta,
dove domina il fantasma maschilista che vuole le donne «tutte
puttane», ritrae le ambizioni di giovani donne dalle condizioni
sociali umili, esposte ai miti consumistici di quegli anni, prive di
prospettive se non quelle di farsi sposare da qualche soldato della
vicina postazione militare della Nato o dai giovani più benestanti
del paese.
Tuttavia questa rincorsa alla propria sistemazione che sfiora il cinismo più disperato e l'abbrutimento di sé, cela il vero tema del libro che è quello del fallimento dell'eredità. È il destino afflitto e sconfitto delle madri e dei padri a non trasmettere nulla alle loro figlie. Le sovrane lasciano qui il posto al loro rovescio: all'apatia e alla distruzione di sé.
Schiacciate
dall'arroganza e dall'ignoranza machista queste madri sembrano
plasmarsi sul fantasma che le umilia. Lerro entra con grande
sensibilità nelle pieghe del rapporto devastante tra madre e figlia.
È la rassegnazione delle madri a non permettere la trasmissione del
sentimento della vita e del desiderio. Tutto appare come un grande e
spettrale aborto: la vita appassita trasmette morte senza vita.
Com'è possibile per una
figlia non replicare l'infelicità materna? Non lasciarsi contagiare
dall'apatia e dalla tendenza alla flagellazione? Non credere che la
sola cosa che conti in una donna sia «farsi sposare»?
Nella dedica, come un
gesto liberatorio, si legge: «A mia madre che non mi ha impedito di
partire». Essa ci rivela il dono più grande della genitorialità:
sapere perdere i propri figli, saper stare dalla parte dei loro
sogni.
La Repubblica – 16
novembre 2013
Annarosa Buttarelli
Sovrane
Il Saggiatore, 2013
18 euro
Lucrezia Lerro
La confraternita delle
puttane
Mondadori, 2013
16 euro
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