Notte di San Bartolomeo |
Stefan Zweig in fuga dal nazismo in un'Europa lacerata rilegge Montaigne come un contemporaneo.
Franco
Marcoaldi
Coscienza e
libertà l’eterna giovinezza del saggio Montaigne
È proprio
vero: i classici, sotto vesti ogni volta rinnovate, si offrono
nelle modalità più diverse alle generazioni di lettori che si
succedono nel corso del tempo. Prendete il Montaigne riletto
con straordinario acume e passione da Stefan Zweig. Il grande
scrittore viennese di origine ebraica lo elegge a nume tutelare
giusto nel pieno della furia nazista e del conflitto mondiale.
Quello e solo quello, sostiene, è il momento giusto per
riaprire le pagine degli Essais, perché il parallelo storico
con la catastrofe in atto è immediato, evidente. Anche
l’adolescente di Bordeaux era circondato dalla morte e dalla
bestialità: persone torturate, impalate, bruciate vive. Poi
era arrivata la guerra civile francese, e con essa il fanatismo
religioso: ogni certezza dissolta, ogni ragionevolezza
scomparsa.
Ebbene, di
fronte a questo insensato furore, che fa Michel de Montaigne?
Si ritira nella sua torre e si concentra su un unico problema:
come mantenere intatta, malgrado tutto, la propria dignità e
purezza di spirito. «La più grande arte: restare se stessi»,
scriverà nei Saggi.
Non c’è
nulla di roboante o di eroico nel suo pensiero, e tantomeno
nella sua azione. Il Nostro corre semmai il rischio di apparire
«indeciso e codardo», giacché in un tempo che reclama l’aut
aut, lui fa di tutto per mimetizzarsi con discrezione. Epperò
l’onestà e la forza con cui difende la propria essence,
quella “cittadella” di cui parlava Goethe, è, agli occhi
di Zweig, «la lotta più consapevole e tenace che l’uomo
abbia mai condotto».
Utilizzando formule novecentesche, potremmo dire che Montaigne è agli antipodi dell’intellettuale engagé. Quello schema concettuale è ribaltato. Non si tratta di liberare l’umanità liberando di conseguenza i singoli individui, ma al contrario di invitare ciascuno a salvaguardare la propria libertà interiore: sarà questo il volano migliore per una socialità improntata finalmente alla tolleranza, all’equilibrio, alla decenza.
Notte di San Bartolomeo |
Utilizzando formule novecentesche, potremmo dire che Montaigne è agli antipodi dell’intellettuale engagé. Quello schema concettuale è ribaltato. Non si tratta di liberare l’umanità liberando di conseguenza i singoli individui, ma al contrario di invitare ciascuno a salvaguardare la propria libertà interiore: sarà questo il volano migliore per una socialità improntata finalmente alla tolleranza, all’equilibrio, alla decenza.
D’altronde
Montaigne è troppo scettico, e anche troppo “egoista”, per
accollarsi compiti superiori alle sue forze. Si prefigge così
un unico obiettivo: «Vivere la propria vita, invece di una
vita qualsiasi». Solo che questo obiettivo - a ben vedere - è
di portata incomparabile: perché «conservando e descrivendo
se stesso», Montaigne «conservò a sua volta l’uomo in
nuce, l’uomo nudo e atemporale. E mentre tutto il resto, i
trattati teologici e le digressioni filosofiche del suo secolo
ci sembrano estranei e obsoleti, lui è un nostro
contemporaneo, l’uomo di oggi e di sempre, e la sua battaglia
è la più attuale sulla terra».
Questo scriveva
Stefan Zweig negli anni del ferro e del fuoco. Oggi le
condizioni, quantomeno nella nostra bistrattata Europa, sono
radicalmente mutate. Ovviamente in meglio: sarebbe bene non
dimenticarselo mai. Eppure la parola di Montaigne non ha perso
una briciola del suo valore, anzi. Se Dio vuole non ci circonda
più il frastuono delle armi, ma soltanto quello delle parole.
Non trionfano più le tirannie delle Chiese e degli Stati, ma
la Doxa. Eppure è altrettanto difficile sottrarsi al
conformismo, non aderire alla servitù volontaria delle
coscienze indotta dalla caciara di un sistema mediatico
onnipervasivo.
Notte dei cristalli |
Per questo Montaigne rimane il faro di sempre. Perché è il guardiano della nostra intimità, oggi particolarmente a rischio, e perché non propone ricette precotte, rifugge dalle ideologie e non inneggia a nessuna escatologia salvifica. Solo una cosa ci chiede: di tenere gli occhi aperti, di non essere animati da pregiudizi e di confidare nella ragione critica. Senza farsi tentare dalle sirene del potere, del denaro, di un’ambizione smaniosa, smodata; e senza farsi affliggere dalle difficoltà del mondo esterno, che hanno comunque un valore relativo, perché «l’uomo saggio non ha niente da perdere».
Giustamente
Stefan Zweig ricorda che in questa inesausta ricerca di sé,
Montaigne non assume mai le parti del misantropo o
dell’anacoreta. Al contrario, è un uomo che ama la
convivialità, i viaggi, le donne, le discussioni cordiali, la
vita buona e bella. La sua curiosità verso l’altro è
infinita, la lotta contro ogni fanatismo irriducibile.
Montaigne è sempre disposto a “prestarsi”, mai “a darsi
per intero”. Vuole e riesce a mantenere la giusta distanza,
nella convinzione che “la cittadella” debba restare
inaccessibile. «Perché solo chi rimane libero, contro tutto e
contro tutti», chiosa ancora Zweig, «incrementa e protegge la
libertà sulla terra».
L’unica
bussola a cui affidarsi, dunque, resta la coscienza
individuale: valeva nella Francia del ‘500 e vale ancor oggi.
Stefan Zweig
Montaigne
Castelvecchi, 2014
16.50 euro
Zweig e Freud si stimavano e furono molto amici. Montaìgne era una delle stelle di Sciascia.
RispondiEliminaBernardo Puleio
I saggi di M.Montaigne sono stati sempre una delle mie letture preferite
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