Accantonato di fatto
il tema della Padania, la Lega di Salvini si pone ora a difesa
dell'Italia contro la “minaccia” rappresentata dai clandestini.
Tanto più la Lega somiglia al Front National lepenista quanto più
crescono i consensi.
Marco Cremonesi
La piazza della Lega: basta clandestini
Milano Piazza del Duomo trabocca di persone e bandiere, il colpo d’occhio è impressionante. Matteo Salvini, il segretario della Lega, ha vinto la sua scommessa: quella di ieri pomeriggio a Milano è probabilmente la manifestazione del Carroccio più grande di sempre. «Non siamo 100.000, siamo 101.000 contro i gufi!» assicura il leader dal palco (40.000 secondo fonti della polizia).
Ma la data è da registrare anche per un altro motivo: la Lega «padana» è finita. È il momento, pare, della Lega italiana. È lo stesso Salvini a declinare in modo «nazionale» la giornata di protesta contro l’immigrazione clandestina: «Pensiamo prima agli italiani». Gli italiani, tutti: quelli «che hanno il problema di un fisco che rapina, quelli le cui tasse servono a pagare l’operazione Mare nostrum, schiavista e razzista». Per Roberto Maroni, «Mare monstrum».
La svolta lepenista,
annunciata al congresso che ha eletto Salvini segretario, è ormai
davvero completata. E dispone anche di un’immagine simbolo: i
militanti di Casapound e di altre sigle della «destra di popolo»
che marciano nel cuore del corteo leghista. Le loro bandiere sono
quelle dell’Europa coperte da una vistosa croce rossa a
simboleggiarne la cancellazione. Giusto per sottolineare la
continuità politica e ideale, Salvini annuncia anche che martedì,
con Marine Le Pen, chiederà ufficialmente «la sospensione del
trattato di Schengen e la ripresa dei controlli alle frontiere».
Il no all’immigrazione diventa quindi un no all’invasione e alla violazione dei confini. Chi lo dice con la maggior lucidità è Mario Borghezio, di nuovo alla ribalta sopra un grande palco leghista dopo anni in cui la sua presenza era stata giudicata imbarazzante. L’europarlamentare va diritto al punto: «Voglio ringraziare quei siciliani e quei calabresi che cento anni fa, durante la Prima guerra mondiale, vennero al Nord per difendere i nostri confini. Quelli erano patrioti». Borghezio si ferma un istante: «Mi hanno chiesto di non insultare, ma questo è un giudizio politico: se chi ha difeso i confini della patria è un patriota, chi non li difende quando dovrebbe farlo è un traditore. E allora, diciamolo: Renzi e Alfano sono dei traditori».
Eppure dal palco tutti, ma proprio tutti, parlano di italiani. Lo fa il candidato alle regionali dell’Emilia-Romagna Alan Fabbri, lo fanno i governatori Roberto Maroni e Luca Zaia. L’eccezione è una sola: Umberto Bossi. Salvini scatena l’ovazione presentandolo come «colui che ha permesso che accadesse tutto questo». Lui, però, torna all’antico: «Si porrà il problema della libertà del Nord. E per quella arriverà in piazza mezzo milione di persone». Ma l’applauso è poco più di un atto di cortesia. Il Senatùr parla anche dei procedimenti sui rimborsi elettorali che si stanno per celebrare: «Ci processano ma non scappiamo»
Il no ai clandestini, riprende Salvini, non è un no all’immigrazione. E prova a dimostrarlo portando sul palco (saranno subissati di applausi) il neo responsabile dell’immigrazione della Lega, Toni Iwobi, nigeriano, e la marocchina Souad Sbai, già deputata pdl. E Iwobi fa venire giù la piazza quando dice che «in Italia ci sono tantissime persone che sono leghiste e ancora non lo sanno». Perché sono determinate a fermare «chi vuole distruggere la nostra civiltà». Nostra italiana, non nostra padana. E «nazionale» è anche un altro ospite voluto sul palco da Salvini. Il segretario del sindacato di Polizia Sap, Gianni Tonelli, assai efficace nel raccontare che «le mafie brindano, dato che le questure sono bloccate dal contrasto agli sbarchi».
La manifestazione, preceduta da un lungo corteo da Porta Venezia, è tranquilla. Salvini si ferma in piazza della Scala, davanti al Comune «per dire a Giuliano Pisapia: no ad altre moschee». Una contro manifestazione dei centri sociali deve essere fermata tra piazza Santo Stefano e piazza Duomo. Qualche istante di tensione, poi tutto torna nei ranghi. Altro momento di nervosismo, mentre sta parlando Iwobi. Parte una salva di fischi. Ma era per l’affissione di uno striscione: «Milano ha sempre accolto tutti, anche i leghisti».
Il Corriere della Sera –
19 ottobre 2014
Riproduco i commenti che questo articolo ha suscitato sul mio diario di facebook subito dopo averlo pubblicato:
RispondiEliminaElisabetta Colombo Giardinelli: .....tra gli ignoranti,i Salvini & C. ne approfittano!
Loredana Piacentini: Adesso diventano "nazionali". Fino a ieri mi risulta che erano razzisti anche con gli italiani del Sud, non solo con gli stranieri.
Sebastiana Nella Caruso: in questo momento l'emigrato è la distrazione di una certa massa.
Loredana Piacentini: Un capro espiatorio é sempre di dovere
Elisabetta Colombo Giardinelli: Prima con i "terroni" , poi con Albanesi e Rumeni , ora con i "negri" e gli arabi....domani con chi è calvo ,dopodomani con chi è grasso ...etc etc etc.......