17 ottobre 2014

FRANCO ARMINIO E PIETRO CLEMENTE SU MATERA, CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 1 E 2











a matera è festa! matera diventa da capitale del mondo contadino
capitale europea della cultura.

sono felice. sono felice. sono felice.
la notizia mi è arrivata oggi a ruvo di pugliamentre mi accingevo a salire sul palco assieme al regista luigi di gianni. dovevamo parlare del vangelo di pasolini, girato in gran parte a matera. e proprio stamattina era uscita su Repubblica la mia intervista su Matera.
e cinquanta giorni fa ad aliano avevamo praticamente anticipato la festa. direi che è davvero una vittoria corale. e forse è solo l'inizio. oggi non è una bella giornata per gli scoraggiatori militanti, quelli sempre disposti a pensare che il sud è un problema, che il sud fa schifo.
matera come capitale dell'italia interna
matera come capitale del mediterraneo interiore....
quanti titoli.....
ora si tratta di lavorare gioiosamente per riempirli di vita e di futuro.
la paesologia darà il suo contributo.[...]




Franco Arminio, 17 ottobre 2014  su facebook 




Foto di Franco Arminio



Matera o l’estetica della povertà: senza pena la bellezza non ha viso. Qui
non ci sono case sparse, tutto è connesso e intrecciato. Città soffiata dall’interno,

città scultura in cui volumi di spazio e di terra si alternano e si
equilibrano mirabilmente. Natura e architettura, più natura che architettura,
città un tempo più abitata che costruita.

 Architettura scavata,
costruzioni fondate sul levare piuttosto che sull’aggiungere. Intimamente
poetiche, dunque. Le case sono fiori di pietra. Case piccole come
cellette d’api. Cristalli di tufo. Una trepida ragnatela sassosa dove stavano
uomini e animali a combattere col loro fiato contro l’umidità che veniva
da sotto. Paesaggio di rughe e pieghe, fumi e fango d’inverno e creta
d’estate, creta e polvere, crepacci, letame. Ora senza il fumo, senza i
liquami della storia, il tufo appare lindo, privato della patina che il tempo
e i suoi abitanti gli avevano calato addosso. Paraboliche e panni stesi.
Ci sono i segni di ieri e quelli di oggi. L’antenna e il lenzuolo. Città d’Oriente,
bizantina, anatolica. Città ipnotica in cui circola un’atmosfera
antica nella quale ancora un po’ si può guarire andando dietro il paesaggio,
disonorando la civiltà dell’impazienza.


FRANCO ARMINIO, GEOGRAFIA COMMOSSA DELL'ITALIA INTERNA,
bruno mondadori, 2013



                                                                      ***

       Alle parole di Franco Arminio mi piace affiancare stamattina quelle non meno poetiche e vere dell'antropologo Pietro Clemente:

perché questi versi di Mario Luzi, dedicati alle Crete senesi, mi fanno pensare a Matera, e ci ritorno ora che questa città guarda al 'suo' 2019 anno europeo della cultura ? 

".......terra di luce
che sempre, anche lontano,
inseparabilmente mi accompagna.
– Grazie, matria,
per questi tuoi bruciati
saliscendi, per questi
aspri Celimonti
a cui, calati al fondo,
d'un balzo ci levi alti,
per questo nostro errare nel tuo grembo
sbattuti tra materia
e luce, tra natura e sogno,
..."

Forse anche per questa espressione: 'matria', che arricchisce il nostro lessico emotivo (e per me di più: mia madre è nata in Basilicata). Ma è vero che nel Novecento certi paesaggi si sono riempiti di senso ulteriore, di domande più generali. Sono diventati paesaggi dell'anima, anche attraverso il cinema, e per me in particolare quello di Pasolini. Non è del tutto corretto per Matera essere vista come paesaggio dell'anima, come capace di trattenere sogni e miti. Matera per me è ancora quella che Carlo Levi definì capitale contadina, immagine che i materani d'oggi non riconoscerebbero propria. Contiene una storia originale di insediamenti rupestri, li ha elaborati nel tempo nel suo profilo. E' una città, che per la parte che guarda ai Sassi è un 'organismo vivente' di vita attiva e di memoria che non ha eguali. La Matera del 2019 deve ritrovare queste radici contadine, senza ricadere nel mito o nella nostalgia. Farlo in un tempo di agricoltura meccanizzata e di richiesta di giovani per il futuro sulla terra non è facile. Occorre trovare nuovi sogni, legare il cibo alla terra, scommettere su pasti agapici e non consumi solitari, trasformare la conoscenza in risorsa, l'indagine sociale in progetto. Far cantare di nuovo i bruciati saliscendi, a cui calati al fondo d'un balzo ci levi alti. D'altronde fu a Matera nel 1955 al convegno dedicato a Rocco Scotellaro che Franco Fortini ricordando il giovane poeta scomparso e la sua ansia di impegno culturale indicò l'idea ‘utopica’ di fare sì "che l’azione sia sorella del sogno". E a Matera nel 2010 nel convegno "Essere contemporanei", dedicato alla antropologia del presente, ricordavo quel passo di Fortini per " Rivalutare con prudenza l’utopia, il desiderio, come motori dell’azione culturale". Matera resta per me capitale dell'antropologia culturale italiana, della memoria ancora non portata alla luce di un diverso mondo dell'abitare, svilito prima e poi rivalutato senza la voce dei protagonisti, oggetto di discorsi altrui.
Quando vediamo Matera, sbattuti tra materia e luce, tra natura e sogno, dobbiamo anche essere capaci di analizzare il nostro investimento di emozione, e tradurlo in progetto per il futuro. Matera è per me una città meravigliosa. E solo per un attimo ricordo con dolore che tre diverse amministrazioni comunali hanno negato che andasse a buon fine un complesso progetto di Museo dei Sassi alla cui progettazione avevo partecipato. Prende il sopravvento la luce, le fotografie delle mie molteplici visite, il colore della 'materia' di cui Matera è fatta, il sogno della Madonna della Bruna, un arcobaleno di speranza sui suoi scabri contorni rupestri, la capretta di Maria Lai in una mostra al Musma, una immaginazione del 2019 al quale molti di noi vorrebbero dare una mano.


Pietro Clemente, 21 ottobre 2014

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