26 ottobre 2014

PROCESSARE I RESPONSABILI DEL DISASTRO ITALIANO




Quanti scrittori oggi  hanno il coraggio di criticare i potenti così come hanno saputo fare Pasolini e Sciascia?
Fatemi qualche nome, per favore...





Bisognerebbe processare i gerarchi DC

Pier Paolo Pasolini

Caro Ghirelli, credo che mi resterà a lungo impressa nella memoria la prima pagina del «Giorno» del 21 luglio 1975. Era una pagina anche tipograficamente particolare: simmetrica e squadrata come il blocco di scrittura di un manifesto, e, al centro, un'unica immagine anch'essa perfettamente regolare, formata dai riquadri uniti di quattro fotografie di quattro potenti democristiani. Quattro: il numero di De Sade. Parevano infatti le fotografie di quattro giustiziati, scelte dai familiari tra le loro migliori, per essere messe sulla lapide. Ma, al contrario, non si trattava di un avvenimento funebre, bensì di un rilancio, di una resurrezione. Quelle fotografie al centro della monolitica pagina del «Giorno» parevano infatti voler dire allo sbalordito lettore, che quella li era la vera realtà fisica e umana dei quattro potenti democristiani.
Che gli scherzi erano finiti. Che le raggianti risate di chi detiene il potere non sfiguravano più le loro facce. Né le sfigurava più l'ammiccante furbizia. Il brutto sogno si era dissolto nella chiara luce del mattino.
Ed eccoli li, veri. Seri, dignitosi, senza smorfie, senza ghigno, senza demagogia, senza la bruttura della colpevolezza, senza la vergogna della servilità, senza l'ignoranza provinciale. Si erano rinfilati il doppiopetto e li baciava in fronte il futuro delle persone serie.
Sarei però ingiusto se non aggiungessi che il «Giorno» non è stato il solo ad assumersi il ruolo di rassicurare, in quel momento, la nazione, e di dare il crisma della pacificazione generale alla soluzione del quadrumvirato (e poi a quella del «rispettabile» Zaccagnini).
Anche il «Corriere della Sera» ha manifestato, per esempio, lo stesso sentimento di sollievo.
E del resto la stampa italiana: anche quella borghese più sprezzantemente all'opposizione.
Ciò che se ne desume è questo: tutto il mondo politico italiano era, ed è, pronto ad accettare sostanzialmente la continuità del potere democristiano, o con fiducia «miracolistica», mascherata da serietà professionale, o con gratificante disprezzo.
Ora, quando si saprà, o, meglio, si dirà, tutta intera la verità del potere di questi anni, sarà chiara anche la follia dei commentatori politici italiani e delle élites colte italiane. E quindi la loro omertà.
Del resto tale «verità del potere» è già nota, ma è nota come è nota la «realtà del Paese»: è nota cioè attraverso un'interpretazione che «divide i fenomeni», e attraverso la decisione irrevocabile, nelle coscienze di tutti, di non concatenarli.
Non praticare più la «divisione dei fenomeni», rendendoli, così, logici in un tutto unico, significherebbe rompere – e certo pericolosamente – una continuità.
Ma non anticipiamo...
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