24 ottobre 2014

MAFIA E POTERE POLITICO



La lotta al metodo mafioso infiltrato nell’esercizio del potere.



Trascrizione dell’intervento del dott. Di Matteo alla conferenza “Non c’è libertà senza legalità” (Varese 4-10-2014) a cura di Sara Donatelli

La lotta al metodo mafioso infiltrato nell’esercizio del potere

Ad oggi tanti cittadini dimostrano di nutrire un passione civile ed un’ansia di verità e giustizia che è stata  e continua ad essere un fortissimo stimolo per la magistratura ad andare avanti nonostante tutto, nonostante i ripetuti silenzi istituzionali e nonostante i tanti ostacoli che vengono continuamente frapposti alla ricerca della verità. La solidarietà vera di tanti semplici cittadini non è mai inutile e trasmette veramente la consapevolezza dell’importanza del ruolo che noi magistrati ricopriamo, magari sbagliando a volte, ma con la consapevolezza di rendere un servizio al paese. I magistrati che hanno veramente a cuore la toga che indossano sanno perfettamente che il loro non è un ruolo di esercizio di un potere, ma è un  servizio nei confronti della collettività e soprattutto nei confronti di quei cittadini che vogliono costruirsi un futuro partendo dal rispetto del diritto e non contando sui favori, sulle raccomandazioni, sulle appartenenze politiche, lobbistiche o massoniche che oggi invece condizionano tanto la vita pubblica del nostro paese.
Tutti i cittadini devono pretendere ed esercitare il sacrosanto diritto di conoscere e criticare. Non siate indifferenti al problema. Perché essere indifferenti significa non solo consegnare alle mafie e al metodo mafioso ilpotere di questo paese, ma anche e soprattutto isolare i soggetti che non si rassegnano a questo andazzo. Sforzatevi. Ve lo chiedo come cittadino che crede
nei valori di giustizia. Sforzatevi di conoscere i fatti, i dettagli, i verbali degli interrogatori, il contenuto di intercettazioni e sentenze anche definitive e vi accorgerete che i magistrati non seguono teoremi ma, partendo da fatti che già sono accertati, cercano di ricostruire una responsabilità penale in capo a soggetti individuati. Non dobbiamo inseguire tesi ma dobbiamo partire dal coraggio e dal rispetto della verità. Per tante ragioni ci possono essere dei momenti in cui, soprattutto per un magistrato, potrebbe essere più conveniente e sicuramente più opportuno non denunciare queste cose, non affermare queste verità e tenere un atteggiamento più cauto. Però personalmente non riesco a fare questo calcolo. E tutto questo mi viene dal cuore quando guardo ed ascolto i nostri giovani. Troppo spesso e con troppa facilità si afferma che la lotta la mafia è arrivata verso la svolta finale positiva, autocelebrandosi addirittura del successo di un’ indagine o di un processo. Io faccio il magistrato da 22 anni e mi sono sempre occupato di mafia, prima a Caltanissetta poi a Palermo. Ed ogni tanto mi fermo per fare un bilancio, paragonando il sistema attuale a quello di quando ero un giovane magistrato. E’ vero, molti passi in avanti sono stati fatti: vent’anni fa molti boss erano latitanti grazie anche all’appoggio della società civile e parte delle istituzioni. Oggi questi boss sono tutti, o quasi tutti, dietro le sbarre, condannati all’ergastolo in seguito a regolari processi e detenuti con regime carcerario molto duro, quello del 41 bis. E’ vero, oggi non è più come vent’anni fa. Come quando ad esempio nel 1991 un imprenditore che ebbe avuto il coraggio di denunciare con nomi e cognomi i propri estorsori, Libero Grassi, venne ucciso in seguito anche alla solita azione di isolamento da parte di pronunce di Confindustria e di altre associazioni di commercianti ed imprenditori. Loro lo isolarono e i mafiosi lo uccisero. Oggi la situazione è cambiata: molti commercianti e imprenditori trovano ogni giorno il coraggio di denunciare i propri estorsori che poi molto spesso vengono facilmente arrestati, processati e condannati in seguito alle denunce delle parti offese.
Però sono convinto che la lotta alla mafia è rimasta a metà del guado: essa si è infatti sviluppata positivamente ed efficacemente nei confronti della mafia militare ma ancora non ha sciolto il nodo più importante, quello che rende veramente forte le organizzazioni criminali mafiose, ovvero il suo rapporto con la politica, con le istituzioni, con l’imprenditoria, con il potere in generale. E allora, su questo, rifletto molto amaramente: non sono ottimista perchè vedo che da un punto di vista politico, dall’espressione politica più alta che è la legislazione,  si utilizzano due pesi e due misure. Si forniscono a magistrati ed inquirenti strumenti legislativi importanti, efficaci ed incisivi per reprimere i fenomeni rutinari delle organizzazioni criminali mafiose come estorsioni, traffici di stupefacenti, traffici di armi e si prevedono per questo tipo di mafiosi regimi carcerari rigorosi idonei ad evitare che il mafioso, come prima accadeva, continui a comandare anche durante il periodo di detenzione. Da un punto di vista di quel salto di qualità che consentirebbe a strumenti più incisivi di reprimere finalmente il rapporto mafia e potere però non si è fatto niente e si continua  a non fare nulla. Le varie organizzazioni condizionano pesantemente l’operato della politica e delle pubbliche amministrazioni tutta una serie di condotte che costituiscono reati: come ad esempio l’abuso d’ufficio,  la concussione, la turbativa d’asta o il riciclaggio. Una statistica ministeriale ha rilevato un dato importante: sui circa 65.000 detenuti nelle nostre carceri coloro che stanno scontando una pena per reati di corruzione sono soltanto 8. Questo non solo per la difficoltà oggettiva da parte della magistratura e delle forze dell’ordine di trovare le prove inerenti ad un determinato reato, ma soprattutto perché il nostro sistema penale prevede delle pene, a mio parere, assolutamente inadeguate. E paradossalmente quando non si riescono a trovare le prove si va inevitabilmente incontro alla prescrizione ed alla sostanziale impunità di quel reato. Bisogna considerare  la lotta alla mafia e la lotta alla corruzione come due facce della stessa medaglia e bisogna comprendere che non è possibile combattere la mafia senza prevedere una seria repressione dei reati dei colletti bianchi…
SEGUE


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