Il Centro Studi P. P. Pasolini di Casarsa della Delizia ha pubblicato il resoconto de “Il Gazzettino” del convegno “Invisible Languages”
organizzato il 22 ottobre al King’s College di Londra dalla giovane
italianista Rosa Mucignat, di origini pordenonesi.
Il testo che riproponiamo è stato
scritto da Angela Felice, direttore del Centro Studi Pier Paolo
Pasolini che è stato parte in causa dell’ interessante e partecipato
incontro, motivato dalla volontà di fare il punto sullo stato di salute
e sul destino delle lingue minori e periferiche. Tra esse anche il
friulano, al quale Pasolini, nume tutelare, ha impresso il sigillo della
grande visibilità letteraria.
LE LINGUE MINORI SOPRAVVIVERANNO?
Secondo recenti stime Unesco,
l’espansiva anglofonia globale spazzerà via alla fine del Duemila più di
3000 parlate. Lingue minori, ancora in uso in piccole aree del pianeta,
ma “invisibili” e in pericolo, anche se alimentano una loro
letteratura, di fatto sconosciuta fuori dei propri confini. Se non è uno
scriteriato spreco culturale, poco ci manca, come in tempi preveggenti
ammoniva Pasolini, innamorato del deposito di verità veicolata dai
dialetti italiani. Quel mosaico di tanti suoni particolari in
concorrenza tra loro – scrisse nel 1964 – trasforma la testa dei
parlanti della penisola in una sorta di libero “mercato” democratico di
scelte alternative. Un vantaggio tutto italiano, dunque, la cui perdita
solleva anche la riflessione politica, ben oltre e il solo aspetto linguistico. E dunque,
al King’s College di Londra, è stato Pasolini il nume tutelare della
tavola rotonda “Invisible Languages”, tassello del festival “The
Arts&Humanities” dedicato al filo rosso dell’“Underground”,
azzeccata metafora da “sotterraneo” per alludere anche al destino della
lingua friulana, “caso” esemplare di lingua viva ma potenzialmente a
rischio. Rosa Mucignat, brillante italianista del King’s di origini
pordenonesi, vi ha dedicato di recente un libro, il primo edito in
inglese sul tema per Cambridge Scholars e impegnato a illustrare proprio
la resistenza della marilenghe nelle sue sfaccettature di “Identity,
Migration, Culture”.
Una tenuta, dentro e fuori il Friuli,
con la diaspora della Piccola Patria, le cui ragioni vanno riportate
anche alle decise azioni politiche locali in tema di tutela. Ma,
sull’efficacia nei tempi lunghi di questi interventi ope legis, hanno sollevato dubbi Emma Cleave del Pen Club
e Federico Faloppa, sociolinguista dell’Università di Reading. Se la
prima ha ricordato con realismo la sordità dell’editoria inglese per le
traduzioni da lingue minori, soprattutto il secondo ha rimarcato come le
lingue vivano in quanto codici espressivi di culture particolari prima
che su stampelle legislative, anche forti, ma fatalmente artificiali se
prive di connessioni organiche con le comunità dei propri speakers.
Queste posizioni furono proprie anche della riflessione sconfortata
dell’ultimo Pasolini, che pure in gioventù aveva fornito con il suo
folgorante friulano poetico l’esempio (e la teoria) del passaggio da
dialetto orale a dignità di lingua, necessaria anche per la coscienza
dei suoi parlanti. Tanti dunque i problemi aperti da questo notevole
incontro londinese, che ha coinvolto anche le competenze del Centro
Studi Pasolini di Casarsa e che ha attirato un folto pubblico di
studiosi, studenti e molti giovani friulani ora operosi in UK.
Evidentemente, anche oltre Manica, dove certo non è di casa il dibattito
italiano sul rapporto lingua-dialetti, toccano nervi scoperti le sorti possibili di un’umanità omologata
da una mentalità da pensiero unico. E non per nulla, sull’eccezionale
test del friulano, a Londra si pensa già per il 2015 a una seconda
giornata di riflessione. (Angela Felice)
da www.ilgazzettino.it – 26 ottobre 2014
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