27 ottobre 2014

SI DISCUTE DI PASOLINI ANCHE A LONDRA OGGI








Il Centro Studi P. P. Pasolini di Casarsa della Delizia ha pubblicato il resoconto de “Il Gazzettino” del convegno “Invisible Languages” organizzato il 22 ottobre al King’s College di Londra dalla giovane italianista Rosa Mucignat, di origini pordenonesi.
 Il testo  che riproponiamo è stato scritto da  Angela Felice, direttore del Centro Studi Pier Paolo Pasolini che è stato parte in causa dell’ interessante e partecipato incontro, motivato dalla volontà di  fare il punto sullo stato di salute e sul destino delle lingue  minori e periferiche. Tra esse anche il friulano, al quale Pasolini, nume tutelare, ha impresso il sigillo della grande visibilità letteraria.

LE LINGUE MINORI SOPRAVVIVERANNO?

Secondo recenti stime Unesco, l’espansiva anglofonia globale spazzerà via alla fine del Duemila più di 3000 parlate. Lingue minori, ancora in uso in piccole aree del pianeta, ma “invisibili” e in pericolo, anche se alimentano una loro letteratura, di fatto sconosciuta fuori dei propri confini. Se non è uno scriteriato spreco culturale, poco ci manca, come in tempi preveggenti ammoniva Pasolini, innamorato del deposito di verità veicolata dai dialetti italiani. Quel mosaico di tanti suoni particolari  in concorrenza tra loro – scrisse nel 1964 – trasforma la testa dei parlanti della penisola in una sorta di libero “mercato” democratico di scelte alternative. Un vantaggio tutto italiano, dunque, la cui perdita solleva anche la riflessione politica, ben oltre e il solo aspetto linguistico. E dunque, al King’s College di Londra, è stato Pasolini il nume tutelare della tavola rotonda “Invisible Languages”, tassello del festival “The Arts&Humanities”  dedicato al filo rosso dell’“Underground”, azzeccata metafora da “sotterraneo” per alludere anche al destino della lingua friulana, “caso” esemplare di lingua viva ma potenzialmente a rischio. Rosa Mucignat, brillante italianista del King’s di origini pordenonesi, vi ha dedicato di recente un libro, il primo edito in inglese sul tema per Cambridge Scholars e impegnato a illustrare proprio la resistenza della marilenghe nelle sue sfaccettature di “Identity, Migration, Culture”. Una tenuta, dentro e fuori il Friuli, con la diaspora della Piccola Patria, le cui ragioni vanno riportate anche alle decise azioni politiche locali in tema di tutela. Ma, sull’efficacia nei tempi lunghi di questi interventi ope legis, hanno sollevato dubbi Emma Cleave del Pen Club e Federico Faloppa, sociolinguista dell’Università di Reading. Se la prima ha ricordato con realismo la sordità dell’editoria inglese per le traduzioni da lingue minori, soprattutto il secondo ha rimarcato come le lingue vivano in quanto codici espressivi di culture particolari prima che su stampelle legislative, anche forti, ma fatalmente artificiali se prive di connessioni organiche con le comunità dei propri speakers. Queste posizioni furono proprie anche della riflessione sconfortata dell’ultimo Pasolini, che pure in gioventù aveva fornito con il suo folgorante friulano poetico  l’esempio (e la teoria) del passaggio da dialetto orale a dignità di lingua, necessaria anche per la coscienza dei suoi parlanti. Tanti dunque i problemi aperti da questo notevole incontro londinese, che ha coinvolto anche le competenze del Centro Studi Pasolini di Casarsa e che ha attirato un folto pubblico di studiosi, studenti e molti giovani friulani ora operosi in UK. Evidentemente, anche oltre Manica, dove certo non è di casa il dibattito italiano sul rapporto lingua-dialetti, toccano nervi scoperti le sorti possibili di un’umanità omologata da una mentalità da pensiero unico. E non per nulla, sull’eccezionale test del friulano, a Londra si pensa già per il 2015 a una seconda giornata di riflessione. (Angela Felice)
 
da www.ilgazzettino.it – 26 ottobre 2014

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