10 ottobre 2014

RANIERO PANZIERI: un socialista indimenticabile.





In ricordo di Raniero Panzieri

L’8 ottobre 1964 Raniero Panzieri andò dal medico che gli trovò la pressione altissima e gli ordino riposo assoluto, una richiesta che a un uomo come lui doveva suonare assurda e comunque giungeva troppo tardi. La mattina dopo era morto, di embolia. Non aveva ancora quarantaquattro anni

Sono le parole con cui Cesare Cases nel 1982 ripercorre il momento della morte di Panzieri. Nelle parole di Cases c’è il tema dell’emozione e forse anche quello di un’avventura o di una sfida che la vita, le passioni, gli stimoli e alla fine anche le scelte (perché è importante ciò che si dice e si scrive, ma poi è anche importante ciò che si fa) di Raniero Panzieri avevano rappresentato per una generazione culturale e politica che iniziava ad esserci nell’Italia degli anni’60.


Panzieri 3 web
 manoscritto di Panzieri


 Scrive ancora Cases: “Credo che gran parte del fascino di Panzieri derivasse da un’arte rarissima benché essenziale in politica: quella di ricominciare da capo.”
A noi è sembrato che questa immagine fosse calzante e cogliesse un aspetto importante della personalità politica e anche della sua azione culturale non solo nel Partito socialista, il partito in cui Panzieri a lungo aveva militato e di cui era stato dirigente di qualità e di prestigio dal 1945 al 1960, ma anche dopo. Una costante che ci sembra sufficientemente supportata anche dai documenti che compongono le carte del Fondo Raniero Panzieri di proprietà della Fondazione di cui qui si pubblica l’inventario anche per confermare la nostra vocazione di centro culturale che propone temi e problemi di ricerca e organizza le fonti per consentire la realizzazione della ricerca.
Dalle carte di quel fondo abbiamo scelto un testo che testimoniasse il pensiero e il carattere di Panzieri, della sua “febbre” di sapere e innovare, di “ricominciare da capo” per riprendere le parole di Cases.
Di questa “febbre” a noi è sembrato che il testo, ricco di correzioni e di riscritture, rappresentasse anche iconograficamente il profilo di un carattere, di una tenacia fatta anche e soprattutto di studio sulle fonti, dil confronto con i classici, Marx soprattutto, ma anche di studio dell’Illuminismo (Panzieri si era laureato nel 1945 sostenendo una tesi sul Code de la nature di Morelly), come ci ricorda Cesare Pianciola nel suo testo, e  di un continuo dialogo con una generazione in cerca di un sapere vivo, mobile, capace di leggere il presente e in cui conta anche il legame tra persone, come ci ricorda Goffredo Fofi nel suo testo.

Gli intellettuali di sinistra e i fatti d’Ungheria: l’ebook

Nell’esperienza di Raniero Panzieri la sconfitta è nel conto, fa parte del gioco. Non fa parte del gioco invece la demagogia.


Abbiamo scelto di ricordarlo scegliendo un testo, scritto nell’ottobre 1956 durante i giorni dell’invasione dell’Ungheria da parte delle trippe del Patto di Varsavia. La versione originale del testo è conservata nelle Carte Raniero Panzieri (fascicolo 24) di proprietà della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Il testo ci è sembrato significativo sia per il momento in cui fu scritto sia per come si presenta agli occhi del suo lettore a cinquant’anni di distanza. Un testo che segna un momento di conflitto nella sinistra e che testimonia, insieme, della sua voglia di ricominciare, senza recedere.
Insieme abbiamo chiesto a due suoi “vecchi amici” di ricordarlo.
Panzieri 

A Cesare Pianciola, autore di una monografia dedicata a Panzieri (Il marxismo militante di Raniero Panzieri, Centro di Documentazione Editrice, Pistoia 2014) pubblicata l’estate scorsa ne “I quaderni dell’Italia antimoderata”, abbiamo chiesto una riflessione sul profilo culturale di Raniero Panzieri rispetto alla tradizione marxista in Italia.
A Goffredo Fofi abbiamo chiesto di ricordarci non un ambiente, Torino alla fine degli anni ’50, ma anche che cosa ha voluto dire per lui l’incontro con Panzieri, il confronto con la nuova emigrazione meridionale a Torino da cui prende le mosse il suo lavoro di ricerca sulla condizione operaia nell’Italia industriale del boom economico, avviato su indicazione di Raniero Panzieri e che dopo una storia editoriale tormentata è pubblicato da Giangiacomo Feltrinelli nel 1964 con  il titolo L’immigrazione meridionale a Torino.
Li ringraziamo per aver aderito con entusiasmo alla nostra richiesta.


Documenti tratti da: http://www.fondazionefeltrinelli.it/article/8-ottobre-1964-2014-il-ricordo-di-raniero-panzieri/


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Francesco Maria Iposi

50 anni fa moriva Raniero Panzieri



Ricordare Raniero Panzieri a cinquant’anni dalla morte, avvenuta il 9 ottobre 1964, significa riscoprire ciò che nella sua proposta rappresenta uno strumento utile alla comprensione del nostro tempo, anche alla luce dei rapporti che il pensatore «operaista» ha intrattenuto con il mondo valdese attraverso feconde collaborazioni concretizzatesi con l’esperienza dei Quaderni Rossi e gli appuntamenti del centro ecumenico di Agàpe (Prali) del dicembre ‘60 e dell’agosto ‘61.

All’universo protestante va il merito di aver prestato ascolto ad un esponente eretico dell’intellettualità socialista, oggi purtroppo dimenticato dalla storiografia ufficiale, anche di orientamento marxista. Dal tema dell’inchiesta operaia fino alla proposta di un recupero delle tematiche gramsciane dei consigli di fabbrica, sarebbero numerose le intuizioni panzieriane da riportare; ma due sono i punti sui quali si ritiene di poter concentrare l’attenzione in questa sede.

Panzieri - attento studioso di quanto accade nell’industria del miracolo economico - denuncia i limiti delle tradizionali forze della sinistra, le quali restavano ancorate alla tesi sull’arretratezza del sistema capitalistico italiano. Il fondatore dei Quaderni Rossi intende smascherare la neutralità dello sviluppo e costruisce la prima analisi demistificatrice della razionalità tecnologica scorgendo in essa il binomio sapere/potere: egli ritiene, marxianamente, che la divisione del lavoro abbia prodotto una scissione (tra le potenze intellettuali del processo produttivo e i lavoratori) che nell’epoca della grande industria separa la scienza facendone una potenza indipendente dal lavoro in grado di rafforzare il controllo del capitale.

L’evolversi della tecnologia va dunque inserito all’interno di questo processo e il rifiuto della neutralità di scienza e tecnica conserva un valore oggi andato perso: proprio l’epoca postfordista - segnata dallo sviluppo dell’informatica - getta uno sguardo spesso privo di una riflessione sulla presunta «bontà» del progresso tecnologico.



Un altro decisivo aspetto è la critica da sinistra dello stalinismo. In molti hanno sottolineato la felice intuizione di Panzieri in relazione alla necessità di una via d’uscita dal dogma sovietico che non fosse il compromesso socialdemocratico, ma pochi si sono soffermati sui contenuti delle contestazioni polacche e ungheresi del 1956 alle quali l’intellettuale operaista intendeva dare spazio e valore, proprio in quanto tentativi autenticamente socialisti di creazione di un’alternativa sociale più che partitica.

Una buona parte della sinistra, seppur antisovietica, non è stata capace di vedere nelle dissidenze dell’Est i semi di una novità, offrendo in questo modo la spalla a forze conservatrici che «usavano» i movimenti di opposizione al potere sovietico come dimostrazione della validità delle società occidentale.

Già nel ’56 Panzieri aveva compreso come le rivolte dell’Est fossero volte a rilanciare il significato etico di un socialismo delle libertà all’interno di una cornice di potere operario antiburocratico e antiautoritario fondato sulla democrazia diretta e sulla guida dei processi economici e sociali da parte dei produttori associati.

Un socialismo, quello panzieriano, inseparabile dalla democrazia, un’alternativa umanistica che egli cercò di seguire con coerenza anche quando preferì abbandonare le posizioni ufficiali, a costo di essere isolato. Credo che da evangelici, ancora oggi, possiamo riconoscere in Panzieri un compagno di viaggio di quella parola biblica che annuncia all’uomo la liberazione da ogni forma di oppressione.


http://www.riforma.it/

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