09 aprile 2015

B. BRECHT: Ogni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri.







La triste  storia  di Maria Concetta ,  ricordata ieri sera con i  versi di Ignazio Buttitta,  mi ha fatto tornare alla mente la poesia che Bertolt Brecht dedicò ad un' infanticida tedesca.
Le storie, simili e diverse insieme, vengono raccontate dai due poeti con lo stesso stile  che usavano un tempo i cantastorie:



DELLA INFANTICIDA MARIA FARRAR

Maria Farrar, nata in aprile, senza segni
particolari, minorenne, rachitica, orfana,
a sentir lei incensurata, stando alla cronaca,
ha ucciso un bambino nel modo che segue:
afferma che, incinta di due mesi,
nella cantina di una donna ha tentato
di abortire con due iniezioni
dolorose, dice lei, ma senza risultato.
Ma voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Tuttavia, lei dice, il prezzo stabilito
lo ha pagato subito, si è legata stretta,
ha bevuto la polvere di pepe nello spirito
ma quello d’una purga, non altri fu l’effetto.
Le si gonfiava il ventre a vita d’occhio, allora
lavando le stoviglie, aveva assai sofferto.
Lei stessa, così dice, era cresciuta ancora.
Molto aveva sperato pregando la Madonna.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Ma, così pareva, era inutile pregare.
Si pretendeva troppo. e quando fu più grossa,
le venne il capogiro durante il mattutino. Sudò più d’una volta
ed anche per l’angoscia, ai piedi dell’altare.
Ma lei tenne segreta la sua condizione
fino a quando la colsero le doglie del parto.
Ci era riuscita: nessuno credeva che fosse
caduta in tentazione, lei così sgraziata.
E voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

In questo giorno, dice, alla mattina presto
sente una fitta, lavando le scale,
come spilli nel ventre. Un brivido la scuote.
Ma pure le riesce di nascondere il suo male.
E tutto il giorno, stendendo i suoi panni,
si rompe la testa, poi le viene in mente
che doveva partorire, ed improvvisamente
sente una stretta al cuore. In casa torna tardi.
Ma voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

La si chiamò ancora, mentre era coricata:
la neve era caduta e doveva scopare.
Alle undici finì. Era lunga la giornata.
Soltanto nella notte poté sgravarsi in pace.
E partorì, a quanto dice, un figlio.
Il figlio somigliava a tutti gli altri.
Ma lei non era come le alter madri.
Non la schernisco: non ce n’è motivo.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Lasciate che io seguiti a narrarvi
come finì la sua creatura,
(nessun particolare lei vuole celarvi)
così di ogni essere si vede la natura.
Appena giunta a letto un forte malessere l’aveva pervasa, e, da sola,
senza sapere quello che succedesse
a stento si trattenne dal gridare.
E voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Con le ultime forze, lei diceva, seguitando,
dato che la sua stanza era fredda da morire
al gabinetto s’era trascinata, e lì (quando
più non ricorda) partorì alla meglio
così verso il mattino. Lei dice ch’era tutta
sconvolta ormai e mezzo intirizzita
e il suo bambino lo reggeva a stento,
poiché nella latrina ci nevicava dentro.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Fra la stenza e il gabinetto, prima, lei dice,
non avvenne proprio nulla, il bambino scoppiò in pianto
e questo l’urtò talmente, lei dice,
che con i pugni l’aveva picchiato tanto
alla cieca, di continuo, finché smise di piangere.
E poi s’era tenuta sempre il morto
vicino a sé, nel letto, per il resto della notte
e al mattino nel lavatoio l’aveva nascosto.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Maria Farrar, nata in aprile,
defunta nelle carceri di Meissen,
ragazza madre, condannata, vuole
mostrare a tutti quanto siamo fragili.
Voi, che partorite come in un letto
e il vostro grembo gravido chiamate «benedetto»,
contro i deboli e reietti non scagliate l’anatema.
Fu grave il suo peccato, ma grande la sua pena.
Di grazia, quindi, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.


Traduzione italiana di Emilio Castellani e Roberto Fertonani, dal “Libro di devozioni domestiche”, in “Bertolt Brecht. Poesie 1918-1933”, Einaudi, 1968.

Ecco il testo originale:

 
Marie Farrar, geboren im April
Unmündig, merkmallos, rachitisch, Waise
Bislang angeblich unbescholten, will
Ein Kind ermordet haben in der Weise:
Sie sagt, sie habe schon im zweiten Monat
Bei einer Frau in einem Kellerhaus
Versucht, es abzutreiben mit zwei Spritzen
Angeblich schmerzhaft, doch ging’s nicht heraus.
Doch ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

Sie habe dennoch, sagt sie, gleich bezahlt
Was ausgemacht war, sich fortan geschnürt
Auch Sprit getrunken, Pfeffer drin vermahlt
Doch habe sie das nur stark abgeführt.
Ihr Leib sei zusehends geschwollen, habe
Auch stark geschmerzt, beim Tellerwaschen oft.
Sie selbst sei, sagt sie, damals noch gewachsen.
Sie habe zu Marie gebetet, viel erhofft.
Auch ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

Doch die Gebete hätten, scheinbar, nichts genützt.
Es war auch viel verlangt. Als sie dann dicker war
Hab ihr in Frühmetten geschwindelt. Oft hab sie geschwitzt
Auch Angstschweiss, häufig unter dem Altar.
Doch hab den Zustand sie geheimgehalten
Bis die Geburt sie nachher überfiel.
Es sei gegangen, da wohl niemand glaubte
Dass sie, sehr reizlos, in Versuchung fiel.
Und ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

An diesem Tag, sagt sie, in aller Früh
Ist ihr beim Stiegenwischen so, als krallten
Ihr Nägel in den Bauch. Es schüttelt sie.
Jedoch gelingt es ihr, den Schmerz geheimzuhalten.
Den ganzen Tag, es ist beim Wäschehängen
Zerbricht sie sich den Kopf; dann kommt sie drauf
Dass sie gebären sollte, und es wird ihr
Gleich schwer ums Herz. Erst spät geht sie hinauf.
Doch ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

Man holte sie noch einmal, als sie lag:
Schnee war gefallen, und sie musste kehren.
Das ging bis elf. Es war ein langer Tag.
Erst in der Nacht konnt sie in Ruhe gebären.
Und sie gebar, so sagt sie, einen Sohn.
Der Sohn war ebenso wie andere Söhne.
Doch sie war nicht, wie andre Mütter sind, obschon -
Es liegt kein Grund vor, dass ich sie verhöhne.
Auch ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

So lasst sie also weiter denn erzählen
Wie es mit diesem Sohn geworden ist
(Sie wolle davon, sagt sie, nichts verhehlen)
Damit man sieht, wie ich bin und du bist.
Sie sagt, sie sei, nur kurz im Bett, von übel-
keit stark befallen worden, und allein
Hab sie, nicht wissend, was geschehen sollte
Mit Mühe sich bezwungen, nicht zu schrein.
Und ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

Mit letzter Kraft hab sie, so sagt sie, dann
Da ihre Kammer auch eiskalt gewesen
Sich zum Abort geschleppt und dort auch (wann
Weiss sie nicht mehr) geborn ohn Federlesen
So gegen Morgen zu. Sie sei, sagt sie
Jetzt ganz verwirrt gewesen, habe dann
Halb schon erstarrt, das Kind kaum halten können
Weil es in den Gesindabort hereinschnein kann.
Und ihr, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

Dann zwischen Kammer und Abort - vorher, sagt sie
Sei noch gar nichts gewesen - fing das Kind
Zu schreien an, das hab sie so verdrossen, sagt sie
Dass sie’s mit beiden Fäusten, ohne Aufhörn, blind
So lang geschlagen habe, bis es still war, sagt sie.
Hierauf hab sie das Tote noch durchaus
Zu sich ins Bett genommen für den Rest der Nacht
Und es versteckt am Morgen in dem Wäschehaus.
Doch ihr, ich bitte euch wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf vor allem.

Marie Farrar, geboren im April
Gestorben im Gefängnishaus zu Meissen
Ledige Kindesmutter, abgeurteilt, will
Euch die Gebrechen aller Kreatur erweisen.
Ihr, die ihr gut gebärt in saubern Wochenbetten
Und nennt »gesegnet« euren schwangeren Schoss
Wollt nicht verdammen die verworfnen Schwachen
Denn ihre Sünd war schwer, doch ihr Leid gross.
Darum, ich bitte euch, wollt nicht in Zorn verfallen
Denn alle Kreatur braucht Hilf von allen.

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