Quando García Lorca raccontava il crollo di Wall Street
di Paolo BarbieriNel 1929 Federico García Lorca andò a New York dove si fermò circa un anno: erano i mesi tragici del crollo di Wall Street, con i suicidi di chi aveva perso tutto in pochi giorni e la disperazione di chi già aveva poco e si trovava di colpo ad avere ancora meno. García Lorca, che qualche anno dopo parteciperà alla Guerra civile spagnola, sarà fucilato dai Falangisti e il suo corpo gettato in una tomba comune senza nome, non rimase insensibile a quella crisi e scrisse una serie di poesie.
La raccolta Poeta en Nueva York, curata da Glauco Felici, è stata opportunamente pubblicata da Einaudi nella collana di poesia con la caratteristica copertina bianca. Il libro ebbe una storia complicata. García Lorca, quando se ne andò da New York per raggiungere Cuba, lasciò il manoscritto a Josè Bergamin che lo porterà con sé in Francia (dove Paul Eluard si adoperò senza successo per pubblicarlo) e poi in Messico dove venne nominato presidente della Junta de cultura e fondò la casa editrice Séneca. Finalmente nel 1940 a New York presso la W.W. Norton & Co. uscì la prima edizione bilingue di Poeta en New York. Il manoscritto ha avuto una lunga storia e Bergamin, che non lo mostrò mai a nessuno, prima sostenne di averlo perduto poi di conservarlo in un baule. La verità è che era passato di mano in mano. Poi, nel 1997, quando sembrava perduto per sempre, è stato ritrovato in Messico ed è così stato possibile un confronto degli originali di Lorca con il libro pubblicato da Bergamin.
Danza della morte (alcuni versi sono stati scelti per la copertina del libro) è forse una delle più belle delle numerose poesie newyorchesi che raccontano la crisi del ’29:
Ormai i cobra fischieranno sugli ultimi piani.
Ormai le ortiche faranno tremare cortili
e terrazzi.
Ormai la Borsa sarà una piramide di muschio.
Ormai verranno le liane dopo i fucili
e molto presto, molto presto, molto presto.
Ahi, Wall Street!
Attento alla vita di tutti i giorni, in Strade e sogni scriveva:
Quando il cinese piangeva sul tetto
senza trovare il nudo di sua moglie,
e il direttore della banca osservava il manometro
che misura il crudele silenzio del denaro,
il mascherone arrivava a Wall Street.
Ottant’anni dopo è scoppiata un’altra crisi finanziaria con le Borse, ogni giorno, in caduta libera da Tokyo a Milano, da Francoforte a Londra, da Parigi a Wall Street. Il crollo dei mercati ha provocato il default della Grecia e altri paesi dell’Eurozona come Italia e Spagna sono a rischio. Ma anche Stati più solidi come Stati Uniti, Francia e Germania hanno dovuto adottare misure eccezionali per evitare la catastrofe. L’incertezza, la precarietà sono diventate ormai delle condizioni esistenziali. García Lorca descriveva così un notturno a Brooklyn:
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno,
nessuno.
Non dorme nessuno.
Le creature della luna fiutano e
si aggirano attorno alle
capanne.
Verranno le iguana vive a mordere
gli uomini che non
Sognano
e colui che fugge con il cuore infranto
incontrerà agli
angoli
l’incredibile coccodrillo quieto sotto
la mite protesta
degli astri.
Chissà se qualche poeta, proprio come Lorca, scriverà poesie su questi anni che sembrano delineare la fine di un certo capitalismo. I tempi degli intellettuali militanti sono lontani, c’è chi dice per fortuna, eppure davanti alla crisi anche la poesia può aiutare a trovare una strada, a indicare una prospettiva e un sogno. Chissà se in qualche testo troveremo l’indice Ftse o Dow Jones. Anche sigle apparentemente incomprensibili determinano la vita di donne e uomini. Chissà…
Estratto da Qui Libri 9 – dossier “La crisi” 13 febbraio 2012
POETA A NEW YORK
Federico Garcia Lorca
editore Einaudi
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