04 aprile 2015

LE DONNE DI F. SCIANNA A MATERA

Ph di Ferdinando Scianna

Approda a Matera, da sabato 4 aprile a domenica 19, all’interno di Casa Cava (in via San Pietro Barisano) la mostra fotografica di Ferdinando Scianna «Il Sud e le Donne», una produzione dell’associazione culturale barese Veluvre – Visioni  Culturali.

Tu non conosci il Sud: le donne di Scianna a Matera

Tu non conosci il Sud” è un lampo del poeta meridiano Vittorio Bodini (1914-1970). Allo scoccare del centenario, la sua luce ha orientato una iniziativa culturale a Bari, che ha stimolato incontri, smosso pensieri e liberato emozioni. La manifestazione venne subito patrocinata da Matera 2019, il cui sguardo va ben di là dai confini dei Sassi e delle gravine, lungo il filo dell’orizzonte europeo nel Meridione. Il cardine della rassegna? Ora eccolo qui a Matera: è la mostra fotografica “Il Sud e le donne” di Ferdinando Scianna, concepita all’uopo, che approda da sabato 4 a domenica 19 aprile 2015 nella Casa Cava. È questo un altro prestigioso contenitore culturale, dopo il foyer del teatro Petruzzelli, “in dialogo” con le magnifiche immagini di Scianna, senza dubbio tra i fotografi italiani più apprezzati in ogni dove, un maestro anticonvenzionale e molto amato. D’altronde, la formula di “Tu non conosci il Sud” chiama a raccolta discipline e linguaggi diversi fra loro che fraternizzano in un proposito comune: contribuire all’onore e alla concretezza simbolica del Mezzogiorno.
Per il giovane fotoreporter siciliano Scianna fu decisivo l’incontro con Leonardo Sciascia, lo scrittore rivelatosi grazie a Le parrocchie di Regalpetra (Bari, 1956) apparso postumo negli innovativi “Libri del tempo” dell’editore Vito Laterza. È la medesima collana in cui trovò posto Contadini del Sud di Rocco Scotellaro, poeta del riscatto ed intellettuale modernissimo, forse più “giovane” oggi che nel 1953 in cui scomparve trentenne e incompreso. Scotellaro è uno dei numi tutelari di Matera capitale europea della cultura 2019, ovvero della Basilicata coast to coast dall’Atlantico al Mar Nero, diremmo con Rocco Papaleo (tra i protagonisti di “Tu non conosci il Sud” a Bari).
Scianna e Bodini si scambiarono lettere, idee e vagheggiarono una raccolta mediterranea di testi antichi e moderni. Voci lontane, sempre presenti che – a prestar orecchio – echeggiano anche nello scrigno ipogeo di Casa Cava. “Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia d’un dado”. Un azzardo, una vertigine. C’è il segno stesso del nostro presente nell’essere “numeri”, per esempio precari nel lavoro. Eppure bisogna lanciarsi nel mattino, fare l’esperienza del nitore, senza temere le ombre né sottacere i problemi: “Ha da passà ‘a nuttata” non vuol dire che la nottata sia già passata (immenso Eduardo).
Ricominciare dal Sud si può, oltre i luoghi comuni che lo riducono a un eden folcloristico o a una sconfinata Gomorra. La sfida di Matera 2019 è lì a ricordarlo, mentre i volti femminili in mostra costituiscono un invito in tal senso: sono esercizi di realtà, della sua rapinosa bellezza.

Ferdinando Scianna, una visionaria scena di ombre
di Vito Amoruso 

Ho sempre pensato che l’inconfondibile cifra espressiva di Ferdinando Scianna risieda in una straordinaria capacità di conferire alla realtà osservata, o meglio alla sua immagine riflessa nello scatto fotografico, una qualità visionaria, ben oltre la sua natura apparente di “oggetto” da riprodurre.
Immagini e  ritratti – rappresentino essi persone, cose, paesaggi, luci, ombre, chiaroscuri, tempo e stagioni della vita che Scianna sempre raccorda fino a fonderlifra di loro – sono sottoposti alla reinvenzione di uno sguardo che individua un loro  “oltre”,  una essenza segreta che viene intravista, o, si potrebbe dire, leopardianamente “si finge”.
L’affinità con i tratti distintivi della lingua della poesia è resa evidente da una qualità antirealistica dello sguardo di Scianna, che aggiunge  a ciò che viene fissato nell’istante di uno scatto,una sua estrema verità o,  forse, la radice ultima di  una sua suprema illusione. Di qui a me pare discenda una ulteriore sua cifra distintiva, cioè la natura di scena teatrale delle sue immagini e dei suoi  ritratti: il suo sguardo “espone” la scena insieme eterna e cangiante delle nostre vite, la loro strutturale recita.
Nulla lo dimostra meglio di queste foto di “donne del Sud” esposte a Bari: l’ostensione stilisticamente accentuata delle loro pose e dei gesti, sullo sfondo e nella cornice arcaica o modernamente surreale che li racchiude, non rappresenta una verità documentaria e tanto meno antropologica, ma il loro esatto contrario.
Sono ritratti di donne, note o sconosciute, tutte  di conturbante bellezza, colte nel loro transito, velate da una tenda o incorniciate dentro il riquadro di un rustico o fra volti di anziani a loro appaiati. Donne eccentriche nel loro abbigliarsi: il nero totale che le trasforma in steli, gli arabeschi screziati che ramificano le loro vesti o le gonne aperte a ventaglio come corolle di un fiore.
Sono, queste donne, anche  volti di fanciulle che fissano l’obiettivo a viso aperto, ma non per questo meno impenetrabile, occhi bruni che osservano diritti o di sbieco, incorniciati da una ghirlanda rustica che sembra evocare un lontano oriente o completamente di spalle, oppure sullo sfondo aperto di uno sfuggente orizzonte marino al quale paiono appartenere.
Sono visionarie immagini del cuore, accarezzate ombre della propria fantasia che fissano il mistero di un universo femminile insieme familiare e straniero.

Testi ripresi da   http://www.minimaetmoralia.it

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