14 aprile 2015

UNA NUOVA STORIA DELLA PSICOANALISI



Pochi mesi fa Il Mulino ha pubblicato Storia della psicoanalisi, di Antonio Ciocca. L’autore, medico, psichiatra, già professore associato di Psicologia clinica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, è psicanalista, membro ordinario della SPI e Full Member IPA. Storia della psicanalisi ha, tra gli altri, il merito di saper unire autorevolezza e divulgazione, ed è tanto una rigorosa indagine quanto un appassionante racconto intorno alla nascita, agli sviluppi e all’eredità di uno dei più importanti saperi della modernità. Il volume si compone di nove capitoli: I. Sigmund Freud (1856-1939); II. L’autoanalisi; III. I casi clinici; IV. La metapsicologia e l’ultimo Freud; V. Carl Gustav Jung e la psicologia analitica; VI. I primi psicanalisti; VII. L’opera di Melanie Klein; VIII. Wilfred Ruprecht Bion; IX. Altri sviluppi.
Riprendiamo la Presentazione del libro dello stesso Autore da http://www.leparoleelecose.it/

Raccontare la psicoanalisi


di Antonio Ciocca

Polemiche e conflitti hanno segnato la nascita e lo sviluppo della psicoanalisi. Dapprima furono rifiutate le sue scoperte come l’inconscio, l’importanza della sessualità e la natura conflittiva dei legami emotivi – spesso sulla base di quelli che oggi ci appaiono evidenti fraintendimenti culturali; poi ne vennero contestati i metodi che in effetti non corrispondono a quelli delle scienze cosiddette dure ai quali venivano erroneamente paragonati. Grünbaum[1], il famoso filosofo della scienza, ha sostenuto che la psicoanalisi non è scientifica perché non corrisponde ai criteri di Popper di verificazione e falsificabilità e ha in particolare criticato il cosiddetto tally argument di Freud per il quale le interpretazioni/costruzioni psicoanalitiche sono valide perché confermate dai pazienti, un criterio troppo soggetto alla influenzabilità del loro giudizio. E ora, infine, vengono contestati i dati stessi su cui essa si basa, l’attendibilità della loro raccolta, la correttezza della loro valutazione. E questo è certamente l’attacco più devastante a cui sia stata sottoposta.
Un gruppo di storici e filosofi della scienza, soprattutto anglosassoni – i cosiddetti Freud scholars – hanno infatti cominciato a studiare laicamente Freud e la psicoanalisi mettendone in luce criticità e difficoltà. Tra essi Frank Cioffi (1928-2012), filosofo della scienza inglese che, in una famosa serie di conferenze alla BBC (riportate poi nel suo libro del 1998 Freud and the Question of pseudoscience) si chiese se Freud mentiva: Was Freud a Liar? suscitando accese polemiche. La psicoanalisi – essi affermano – è una pseudoscienza costruita ad arte sulla base di casi clinici alterati e manipolati. Cioffi, in realtà, riprende e sviluppa le critiche che già Ludwig Wittgenstein (1889-1951)[2], in modo non sistematico, aveva rivolto alla psicoanalisi: l’inverificabilità e la confusione tra cause oggettive e ragioni soggettive; ma soprattutto affronta Freud da storico delle idee: come nasce e viene poi abbandonata e perché la teoria della seduzione, le incongruenze presenti nei casi clinici, la natura ad hoc di certe teorie ecc.
Le polemiche hanno stimolato gli studi, e la ricerca storica psicoanalitica ha così potuto svilupparsi: gli archivi sono stati aperti, i documenti pubblicati e oggi possiamo chiederci: c’è ancora qualcosa di Freud che non conosciamo? [Falzeder].
Freud fu uno scrittore prolifico (i diciotto volumi delle Gesammelte Werke) e un corrispondente epistolare metodico. Fichtner ritiene che abbia scritto durante la sua vita circa 20.000 lettere; di esse ne rimangono più della metà e quelle pubblicate, tutte le più importanti, sono circa 6.000.
Della vita di Freud sappiamo molto, tanto che dal 1989 Christfried Tögel sta lavorando a un continuo aggiornamento del Freud Diarum (vedere il sito http://www.freud-biographik.de/frdbio.htm), una completa documentazione di tutti gli eventi databili della vita di Freud, tra cui ad esempio la ricostruzione dei suoi viaggi (posti visitati, treni presi ecc.). Le lettere a Fliess ci permettono poi una conoscenza davvero intima del periodo più critico della sua vita, quello dell’autoanalisi.
Del suo lavoro, poi, sappiamo quasi tutto. I suoi pazienti sono stati identificati e ne conosciamo quindi spesso la storia. Kurt Eissler, direttore degli Archivi Freud negli anni ’50 e ’60 li ha intervistati e questi documenti vengono man mano desegretati e messi a disposizione degli studiosi (con grande lentezza, a dir la verità). Lo studio degli appunti, diari, agende, calendari recentemente ritrovati nel Freud Museum di Londra ha permesso di avere un quadro preciso di tutta l’attività clinica di Freud negli anni 1910-1920: chi erano i suoi pazienti, la frequenza delle sedute, la durata delle terapie[3].
Abbiamo poi il ricordo e in alcuni casi la descrizione e la valutazione della propria esperienza di analisi da parte dei pazienti stessi di Freud: Joseph Wortis; Smiley Blanton; Helene Deutsch; Roy Grinker; John M. Dorsey; Abram Kardiner; la drammatica e appassionata testimonianza della poetessa Hilda Doolittle; le note che Ernst Blum prese delle sue sedute con Freud; il diario della nonna di Anna Koellreuter; il ricordo di Margarethe Walter «Gretl, classe 1916», l’ultima paziente di Freud nel 1936[4].
Insomma, dopo «le guerre di Freud» secondo l’espressione di Forrester, guerre segnate dal pregiudizio e dalla incomprensione, siamo ora a quella svolta che John Burnham ha definito come «New Freud Studies» – lo studio scientifico di Freud nel suo contesto storico.
Segnalo che la ricerca storica è particolarmente intensa nell’area germanica: l’Istituto di storia della medicina dell’Università di Tubinga fondato da Gerhard Fichtner (1934-2012) e ora diretto da Albrecht Hirschmüller e il Museo Freud di Vienna diretti da Lydia Marinelli (drammaticamente scomparsa nel 2008). Nell’area anglosassone abbiamo la Library of Congress di Washington DC dove sono conservati i Freud Archives, cioè i documenti che Freud portò con sé a Londra che poi la figlia Anna affidò alla biblioteca e il Freud Museum di Londra diretto da Michael Molnar. Tra le riviste specializzate nel settore segnalo: «Psychoanalysis and History», «Luzifer-Amor», «Zeitschrift zur Geschichte der Psychoanalyse» e «Le Coq Heron».
Questo libro è nato e si è sviluppato a seguito di varie occasioni didattiche e ne mantiene in gran parte il tono e lo stile soprattutto nei commenti clinici. Ho cercato di far tesoro della ricerca storica per presentare criticamente il fondamento clinico delle teorie e dei modelli psicoanalitici mostrando lo sviluppo e l’articolazione dei concetti psicoanalitici nel contesto dei casi clinici degli autori classici come strumenti per la comprensione dei problemi clinici che gli autori stessi si sono trovati ad affrontare e che gli autori moderni riaffrontano daccapo spesso in modo del tutto immemore dei loro predecessori.
Il taglio clinico, come è noto, tende a ridurre le differenze teoriche tra gli autori – la cui base, bisogna ammetterlo, è spesso sostenuta solo da quel narcisismo delle piccole differenze di cui parlava Freud – ma soprattutto mostra l’edificio della psicoanalisi come work in progress, cantiere aperto dove ognuno, essendo la psicoanalisi anzitutto una esperienza personale, può e deve trovare la propria strada. E questo è il vero scopo di questo libro.

[1] A. Grünbaum, The Foundation of Psychoanalysis: A Philosophical Critique, Berkeley, University of California Press, 1984; trad. it. I fondamenti della psicanalisi, Milano, Il Saggiatore, 1988.
[2] Wittgenstein era molto interessato alla psicoanalisi. Sappiamo infatti che la sorella Margarethe, a lui molto cara, fu in analisi con Freud e discusse con il fratello i suoi sogni e le interpretazioni di Freud [J. Bouveresse, Philosophie, mythologie et pseudo-science. Wittgenstein lecteur de Freud, Paris, Éditions de l’Éclat; trad. it. Filosofia, mitologia e pseudo-scienza. Wittgenstein lettore di Freud , Torino, Einaudi 1997].
[3] U. May, Freud’s patient calendars: 17 analysts in analysis with Freud (1910-1920), in «Psychoanalysis and History», 9, 2, pp. 153-200.
[4] Di ciascuno di questi testimoni la versione in volume, a cui si rimanda, riporta i relativi riscontri bibliografici [dbr].

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