MARIA OCCHIPINTI, UNA DONNA LIBERA
di Giuseppina Bosco
Nata il 28 luglio 1921, figlia di un muratore e di un’operaia; possedendo, come unico titolo di studio, la terza elementare, ha studiato da autodidata. Dopo aver letto “I Miserabili” rimane colpita dal personaggio di Jean Valijean, un ergastolano benefattore che lotta contro le ingiustizie del suo tempo , nel periodo delle rivolte parigine del ‘48.
Maria è una delle prime donne che s’iscrive al partito comunista nella Sicilia maschilista e retriva, mettendosi alla testa del moto popolare del 1945 contro il richiamo alle armi dei giovani tra i 20 e i 30 anni , deciso dal secondo governo Bonomi.
L’arresto,
il confino ad Ustica, gli anni di
carcere a Palermo, dove dà alla luce una bambina, sono le vicende che segnano
la sua vita e che costituiscono il centro della narrazione, in parte
autobiografica, del romanzo, “Una donna
di Ragusa”1, nel quale si fa un esplicito riferimento all’azione
coraggiosa di questa donna
che, a seguito della retata effettuata
dai poliziotti, si stende supina davanti al camion, rischiando così di essere
travolta insieme ad altre donne. Inoltre a causa di questo moto popolare contro
la monarchia ed il governo, la Occhipinti viene accusata dai compagni di
partito di essere una filofascista e separatista, poiché, pensavano che
osteggiasse l’alleanza militare con gli americani. Rinnegata dai suoi stessi compagni come anarchica ed antipatriottica
,in rotta con il padre ed il marito, emigra in alcune città italiane (Napoli,
Roma e Milano) e poi in America .
Sulla sua opera, molto significativa per diversi aspetti, è stato già scritto molto2, poiché essa ha un’importanza sia dal punto di vista sociologico
perché è quasi un’indagine sulla condizione femminile nel Meridione e sulle
carcerate sia dal punto di vista storiografico, in quanto i fatti narrati
presentano ancora una certa complessità,
nel senso che molte sono le contraddizioni dello sbarco americano in Sicilia e
dei disagi che la guerra aveva creato tra le masse popolari del sud. Non a caso
il critico Forcella, che ha curato la prefazione dell’edizione del 1976 di “Una
donna di Ragusa”3, ne ha
messo in risalto il valore storico-documentario.
In
Sicilia, difatti, lo sbarco alleato fu inteso dai meno abbienti come
rinnovamento sociale ed invece "Tutto era rimasto come prima che arrivassero
gli Americani: per i poveri c’era solo fame e disperazione”4 .
Del
periodo in cui Maria Occhipinti fu costretta ad emigrare fanno parte le novelle “Il carrubo ed altri racconti”,
pubblicate nel 1993 dalla casa editrice Sellerio. L’analisi critico-letteraria
di questi racconti è poco nota. Il mio scopo è quello far conoscere una donna siciliana che
oltre ad essere stata impegnata politicamente, si è avvicinata da autodidatta
alla letteratura. Sono piccoli bozzetti di vita quotidiana della
Sicilia contadina . Il rapporto dell’autrice con la sua terra non è più di rifiuto ma evocativo , nostalgico e in un
mondo sempre più dominato dal capitalismo selvaggio, i quartieri di Ragusa sono l’emblema di una
cultura più autentica e meno massificata, pur con tutte le possibili contraddizioni . La prima novella 5,
che dà il titolo all’intera raccolta, è appunto “Il carrubo.” In un’atmosfera
idillica di un “quartiere” contadino di Ragusa si svolge la vita di
questa piccola comunità, che si riunisce spesso attorno ad un grande albero di carrubo dove i ragazzi passano le giornate giocando a confezionare
vestiti e berretti proprio con le foglie di quell’albero, altre donne ,sedute
davanti la soglia delle loro case, filavano; le madri cullavano i bambini
cantando delle ninna nanne. Ma in questa dimensione serena si compiva la
tragedia di donna Nela la quale, a causa
di una gravidanza difficile, muore di
parto : “Per un mese nel quartiere non si sentì né un canto, né un riso […] La
piccola comunità piombò nella tristezza […] Nessuno giocò più sotto il carrubo
[…] così il prato in abbandono e il vecchio carrubo restarono come un museo in
cui ognuno conservava un caro ricordo […] Questo museo fu distrutto dopo alcuni
anni e vi costruirono le botteghe degli
artigiani di carri” 6. Nel
quartiere vi abitavano anche famiglie emigrate che facevano ritorno
dall’America e qualche ragazza come
Teresa tentava, nonostante la resistenza dei genitori, di non aver come unica
realizzazione il matrimonio, ma il lavoro e l’indipendenza economica,
considerati un vero disonore per una mentalità ancora arcaica. Questo
personaggio femminile, che esce fuori dagli schemi tradizionali ,vuole
affermarsi come ostetrica a dispetto dei
suoi familiari, e incurante del giudizio delle vicine, è l’emblema della ribellione
contro una cultura retriva e conservatrice di molti siciliani. Molti di essi, nonostante fossero
antifascisti e simpatizzanti socialisti, rimanevano retrogradi e vittime dei ricatti dei signori, restii ad
attuare qualsiasi forma di cambiamento. Difatti, nel colloquio tra il padre della giovane Teresa e il professore
socialista Di Monte, a cui l’uomo aveva chiesto consigli in merito alla
sistemazione della figlia, c’è un
riferimento ad una donna anarchica, che si era schierata contro i monarchici
nel ‘45 per impedire la leva straordinaria. Probabilmente è un accenno alla
vicenda autobiografica di Maria Occhipinti , più evidente nelle parole del professore : “ qui, questa
donna è una vittima ;la reazione la bersaglia, la polizia la pedina e il popolo
ignorante crocifigge i suoi eroi. […] Nell’Italia
del nord una donna simile non sarebbe
additata e perseguitata come qui; lì le donne hanno partecipato con gli uomini,
prima dell’avvento del fascismo, all’occupazione delle fabbriche. […] La nostra
terra crea i due estremi : da una parte le donne che non sanno nemmeno dov’è la
piazza principale del paese e dall’altra quelle che bruciano i municipi […]
l’idea di tua figlia è normale […] Nell’Italia del nord ci sono ragazze che
fanno le ostetriche e le donne medico” 7. Anche nella novella “Milano” si nota un risvolto
autobiografico nella contrapposizione
tra il Meridione e la metropoli priva di una dimensione umana. In questa città, dove
l’autrice si era trasferita negli anni Cinquanta, la protagonista del racconto
tenta di dimenticare il suo passato, ma
la Sicilia è sempre vagheggiata come terra di veri affetti,
di grande calore e accoglienza: “ Nulla ci aveva dato la grande città!
Nulla! Ci aveva rubato i nostri sogni, il profumo della terra. La nostra
sensibilità cozzava terribilmente con quell’ambiente arido”.8
La
novella più autobiografica è “Conferenza della pace”. Nel personaggio della
popolana senza istruzione che tiene una conferenza sulla condizione di povertà
della Sicilia dopo la guerra, si fa una chiara allusione all’autrice, la quale,
proprio nella sua città, Ragusa, ha
guidato le lotte per la pace, a favore della renitenza alla leva nel ’45 e per l’emancipazione femminile. Nella finzione
narrativa, che sicuramente ricalca un evento realmente accaduto, viene
descritta la folla di contadine, operaie, massaie, bambini che assiste
commossa alla conferenza che si conclude
con un’ovazione per la relatrice: aveva infuso nell’animo “di quella gente”
ideali di giustizia e di uguaglianza tra i popoli.
E’
invece il tema del matrimonio combinato al centro della novella “La madre
preveggente” .La protagonista Angela, figlia di “Gnà” Francì, sposa il ragazzo voluto dalla famiglia (Menu)
e muore di parto. Casi frequenti in Sicilia per l’assenza di una cultura ospedaliera
soprattutto per le puerpere .La madre per non perdere il genero e scongiurare
l’eventualità che la bambina “andasse a finire nelle mani di una
matrigna” propone a Menu di sposare la figlia più piccola, Lucia .
A
molti sembrò che la mala sorte avesse colpito quella famiglia quando la bambina
dopo poco tempo si ammalò di polmonite e morì. Anche questo è un riferimento
autobiografico in quanto la Occhipinti
ebbe un rapporto problematico con la religione. La rassegnazione alla
volontà di Dio non convinceva la scrittrice e significativi a tale proposito sono
i pensieri del massaro Girolamo ,marito di gna Francì ,il quale riflettendo
sulle parole di una suora, secondo cui Iddio priva gli uomini dei loro cari in
quanto più utili in cielo, dirà: “ Il Paradiso a noi costa troppo caro.
Soprattutto a noi poveri che non possediamo nulla e che il nostro unico bene
sono i figli. Se ci vengono tolti questi che scopo c’è di vivere?”9.
La
moglie infondeva invece sentimenti di
speranza e di serenità soprattutto quando la figlia, Lucia, avendo adottato
un’orfanella, aveva portato la felicità
in quella casa.
Altra
lucida analisi della violenza psicologica alle donne, anche all’interno della famiglia,
soprattutto per quanto riguarda le scelte affettive, è presente nel racconto
“Don Benedetto”, in cui si narra del caso di isteria di una ragazza, Iolanda,
figlia di Benedetto , il quale aveva impedito alla figliola di sposare un
ragazzo che non era di suo gradimento e da quel giorno la giovane urlava,
piangeva, aveva tremori in tutto il corpo, soffriva di allucinazioni. Lo stesso
medico rimproverò don Benedetto, dicendogli
che Iolanda era perfettamente sana e la
sua malattia era la conseguenza naturale per averle impedito di sposare e amare
l’uomo che desiderava. IL padre si sentì colpevole ed era come se una voce gli
dicesse: “cosa rappresenta l’onore di fronte
alla salute di tua figlia?”. Decise così di rivolgersi al falegname Bartolomeo,
reputato un uomo saggio, il quale ritenne di scegliere, per iniziare la ragazza alla prima esperienza
sessuale, un certo Gaetano, che faceva
il sarto e sapeva come comportarsi con
le donne. Questi non riuscì però ad armonizzare la tranquillità “fisica e il
tormento spirituale di Iolanda […] portava nella borsetta quelle foto che tanto
amava, ogni tanto le guardava e piangeva. Si ricordava i bei giorni quando era
con la testa piena di sogni ed il cuore pieno di speranza”.10
Dei
racconti si apprezza la “freschezza”
descrittiva ed evocativa della lingua,che è decisamente colloquiale. Anche il
periodare è semplice ed il lessico popolare è ricco di proverbi e di espressioni dialettali.
Giuseppina Bosco
Giuseppina Bosco
1 Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, Milano, Feltrinelli
1976 2a ed., p. 88
2 Cfr la
monografia su Maria Occhipinti di Laura Barone , Maria Occhipinti – Storia di una donna libera. Ragusa
Sicilia Punto L. Edizioni , 1984 ; e anche l’antologia di Donne Ribelli curata da J. Calapso, Palermo, Flaccovio, 1980, nonché
“Letteratura siciliana femminile: donne scrittrici e donne personaggio”,
Salvatore Sciascia editore,Muscarà,1987.
3 Cfr
Enzo Forcella, opera cit. p. 9.
4 Maria Occhpinti op cit. p. 69.
5 Maria
Occhipinti,”Il carrubo e altri racconti”,
Sellerio editore Palermo, pp. 15-28
6 Maria Occhipinti, ”Il carrubo…” op. cit. p.
21
7 ivi p.50
8 ivi
p.62
9 ivi p.94
10 ivi
p.119
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