24 aprile 2015

LA RESISTENZA SICILIANA DI MARIA OCCHIPINTI








MARIA OCCHIPINTI, UNA DONNA LIBERA
di Giuseppina  Bosco

Poco si sa della partecipazione femminile alla guerra di liberazione e in Sicilia è stato per lungo tempo ignorato il moto popolare  contro la leva straordinaria del Dicembre 1944, organizzato a Ragusa da Maria Occhipinti. 
Nata  il 28 luglio 1921, figlia di un muratore e di un’operaia;  possedendo, come unico titolo di studio,  la terza elementare, ha studiato da autodidata. Dopo aver letto “I Miserabili” rimane   colpita dal personaggio di Jean Valijean, un ergastolano benefattore che lotta contro le ingiustizie del suo tempo , nel periodo delle rivolte parigine del ‘48.
Maria è una delle prime donne che s’iscrive al partito comunista nella Sicilia maschilista e retriva, mettendosi alla testa del moto popolare del 1945 contro il richiamo alle  armi dei giovani tra i 20 e i 30 anni , deciso dal secondo governo Bonomi.

L’arresto, il confino ad Ustica,  gli anni di carcere a Palermo, dove dà alla luce una bambina, sono le vicende che segnano la sua vita e che costituiscono il centro della narrazione, in parte autobiografica,  del romanzo, “Una donna di Ragusa”1, nel quale si fa un esplicito riferimento all’azione coraggiosa di  questa donna che,  a seguito della retata effettuata dai poliziotti, si stende supina davanti al camion, rischiando così di essere travolta insieme ad altre donne. Inoltre a causa di questo moto popolare contro la monarchia ed il governo, la Occhipinti viene accusata dai compagni di partito di essere una filofascista e separatista, poiché, pensavano che osteggiasse l’alleanza militare con gli americani. Rinnegata dai suoi stessi compagni come anarchica ed antipatriottica ,in rotta con il padre ed il marito, emigra in alcune città italiane (Napoli, Roma e  Milano) e poi in America .

Sulla sua opera, molto significativa per diversi aspetti, è stato già scritto molto2, poiché essa ha un’importanza sia dal punto di vista sociologico perché è quasi un’indagine sulla condizione femminile nel Meridione e sulle carcerate sia dal punto di vista storiografico, in quanto i fatti narrati presentano ancora   una certa complessità, nel senso che molte sono le contraddizioni dello sbarco americano in Sicilia e dei disagi che la guerra aveva creato tra le masse popolari del sud. Non a caso il critico Forcella, che ha curato la prefazione dell’edizione del 1976 di “Una donna di Ragusa”3, ne  ha messo in risalto il valore storico-documentario.

In Sicilia, difatti, lo sbarco alleato fu inteso dai meno abbienti come rinnovamento sociale ed invece "Tutto era rimasto come prima che arrivassero gli Americani: per i poveri c’era solo fame e disperazione”4 .

Del periodo in cui Maria Occhipinti fu costretta ad emigrare fanno parte le  novelle “Il carrubo ed altri racconti”, pubblicate nel 1993 dalla casa editrice Sellerio. L’analisi critico-letteraria di questi racconti è poco nota. Il mio scopo è quello far conoscere una donna siciliana che oltre ad essere stata impegnata politicamente, si è avvicinata da autodidatta alla letteratura. Sono piccoli bozzetti di vita quotidiana della Sicilia contadina . Il rapporto dell’autrice con la sua terra non è più  di rifiuto ma evocativo , nostalgico e in un mondo sempre più dominato dal capitalismo selvaggio,  i quartieri di Ragusa sono l’emblema di una cultura più autentica e meno massificata, pur con  tutte le possibili  contraddizioni . La prima novella 5, che dà il titolo all’intera raccolta, è appunto “Il carrubo.” In un’atmosfera idillica  di un “quartiere”  contadino di Ragusa si svolge la vita di questa piccola comunità, che si riunisce spesso attorno ad un grande  albero di carrubo dove i ragazzi  passano le giornate giocando a confezionare vestiti e berretti proprio con le foglie di quell’albero, altre donne ,sedute davanti la soglia delle loro case, filavano; le madri cullavano i bambini cantando delle ninna nanne. Ma in questa dimensione serena si compiva la tragedia di donna Nela  la quale, a causa di una gravidanza difficile,  muore di parto : “Per un mese nel quartiere non   si sentì né un canto, né un riso […] La piccola comunità piombò nella tristezza […] Nessuno giocò più sotto il carrubo […] così il prato in abbandono e il vecchio carrubo restarono come un museo in cui ognuno conservava un caro ricordo […] Questo museo fu distrutto dopo alcuni anni e vi  costruirono le botteghe degli artigiani di carri” 6.   Nel quartiere vi abitavano anche famiglie emigrate che facevano ritorno dall’America e qualche ragazza  come Teresa tentava, nonostante la resistenza dei genitori, di non aver come unica realizzazione il matrimonio, ma il lavoro e l’indipendenza economica, considerati un vero disonore per una mentalità ancora arcaica. Questo personaggio femminile, che esce fuori dagli schemi tradizionali ,vuole affermarsi come ostetrica  a dispetto dei suoi familiari, e incurante del giudizio delle vicine, è l’emblema della ribellione contro una cultura retriva e conservatrice di molti siciliani.  Molti di essi, nonostante fossero antifascisti e simpatizzanti socialisti, rimanevano retrogradi  e vittime dei ricatti dei signori, restii ad attuare qualsiasi forma di cambiamento. Difatti, nel colloquio tra  il padre della giovane Teresa e il professore socialista Di Monte, a cui l’uomo aveva chiesto consigli in merito alla sistemazione della figlia,  c’è un riferimento ad una donna anarchica, che si era schierata contro i monarchici nel ‘45 per impedire la leva straordinaria. Probabilmente è un accenno alla vicenda autobiografica di Maria Occhipinti , più evidente  nelle parole del professore : “ qui, questa donna è una vittima ;la reazione la bersaglia, la polizia la pedina e il popolo ignorante crocifigge i suoi eroi.  […] Nell’Italia del nord  una donna simile non sarebbe additata e perseguitata come qui; lì le donne hanno partecipato con gli uomini, prima dell’avvento del fascismo, all’occupazione delle fabbriche. […] La nostra terra crea i due estremi : da una parte le donne che non sanno nemmeno dov’è la piazza principale del paese e dall’altra quelle che bruciano i municipi […] l’idea di tua figlia è normale […] Nell’Italia del nord ci sono ragazze che fanno le ostetriche e le donne medico” 7. Anche  nella novella “Milano” si nota un risvolto autobiografico nella  contrapposizione tra il Meridione e la metropoli priva di una dimensione umana.  In questa città, dove l’autrice si era trasferita negli anni Cinquanta, la protagonista del racconto tenta di dimenticare il suo passato, ma  la Sicilia è sempre vagheggiata come terra di  veri affetti,  di grande calore e accoglienza: “ Nulla ci aveva dato la grande città! Nulla! Ci aveva rubato i nostri sogni, il profumo della terra. La nostra sensibilità cozzava terribilmente con quell’ambiente arido”.8

La novella più autobiografica è “Conferenza della pace”. Nel personaggio della popolana senza istruzione che tiene una conferenza sulla condizione di povertà della Sicilia dopo la guerra, si fa una chiara allusione all’autrice, la quale, proprio nella sua città,  Ragusa, ha guidato le lotte per la pace, a favore della renitenza alla leva  nel ’45 e per  l’emancipazione femminile. Nella finzione narrativa, che sicuramente ricalca un evento realmente accaduto, viene descritta la folla di contadine, operaie, massaie, bambini che assiste commossa  alla conferenza che si conclude con un’ovazione per la relatrice: aveva infuso nell’animo “di  quella gente”  ideali di giustizia e di uguaglianza tra i popoli.

E’ invece il tema del matrimonio combinato al centro della novella “La madre preveggente” .La protagonista Angela, figlia di “Gnà” Francì,  sposa il ragazzo voluto dalla famiglia (Menu) e muore di parto. Casi frequenti in Sicilia per l’assenza di una cultura ospedaliera soprattutto per le puerpere .La madre  per non perdere il genero e scongiurare l’eventualità  che la  bambina “andasse a finire nelle mani di una matrigna” propone a Menu di sposare la figlia più piccola, Lucia .

A molti sembrò che la mala sorte avesse colpito quella famiglia quando la bambina dopo poco tempo si ammalò di polmonite e morì. Anche questo è un riferimento autobiografico in quanto la Occhipinti  ebbe un rapporto problematico con la religione. La rassegnazione alla volontà di Dio non convinceva la scrittrice e significativi a tale proposito sono i pensieri del massaro Girolamo ,marito di gna Francì ,il quale riflettendo sulle parole di una suora, secondo cui Iddio priva gli uomini dei loro cari in quanto più utili in cielo, dirà: “ Il Paradiso a noi costa troppo caro. Soprattutto a noi poveri che non possediamo nulla e che il nostro unico bene sono i figli. Se ci vengono tolti questi che scopo c’è di vivere?”9.

La moglie infondeva invece  sentimenti di speranza e di serenità soprattutto quando la figlia, Lucia, avendo adottato un’orfanella,  aveva portato la felicità in quella casa.

Altra lucida analisi della violenza psicologica  alle donne, anche all’interno della famiglia, soprattutto per quanto riguarda le scelte affettive, è presente nel racconto “Don Benedetto”, in cui si narra del  caso di isteria di una ragazza, Iolanda, figlia di Benedetto ,  il quale  aveva impedito alla figliola di sposare un ragazzo che non era di suo gradimento e da quel giorno la giovane urlava, piangeva, aveva tremori in tutto il corpo, soffriva di allucinazioni. Lo stesso medico  rimproverò don Benedetto, dicendogli che Iolanda era perfettamente sana e  la sua malattia era la conseguenza naturale per averle impedito di sposare e amare l’uomo che desiderava. IL padre si sentì colpevole ed era come se una voce gli dicesse:  “cosa rappresenta l’onore di fronte alla salute di tua figlia?”. Decise così di rivolgersi al falegname Bartolomeo, reputato un uomo saggio, il quale ritenne di  scegliere, per iniziare la ragazza alla prima esperienza sessuale,  un certo Gaetano, che faceva il sarto e sapeva come comportarsi  con le donne. Questi non riuscì però ad armonizzare la tranquillità “fisica e il tormento spirituale di Iolanda […] portava nella borsetta quelle foto che tanto amava, ogni tanto le guardava e piangeva. Si ricordava i bei giorni quando era con la testa piena di sogni ed il cuore pieno di speranza”.10

Dei racconti si apprezza la “freschezza”  descrittiva  ed evocativa della  lingua,che è decisamente colloquiale. Anche il periodare è semplice ed il lessico popolare è ricco di proverbi e di espressioni dialettali. 

Giuseppina Bosco

1 Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, Milano, Feltrinelli 1976 2a ed., p. 88
2   Cfr la monografia su Maria Occhipinti di Laura Barone , Maria Occhipinti – Storia di una donna libera. Ragusa Sicilia Punto L. Edizioni , 1984 ; e anche l’antologia di Donne Ribelli curata da J. Calapso, Palermo, Flaccovio, 1980,  nonché  “Letteratura siciliana femminile: donne scrittrici e donne personaggio”, Salvatore Sciascia editore,Muscarà,1987.     
3  Cfr  Enzo Forcella, opera cit. p. 9.
4  Maria Occhpinti op cit. p. 69.  
5 Maria Occhipinti,”Il carrubo e altri racconti”, Sellerio editore Palermo, pp. 15-28

6 Maria Occhipinti, ”Il carrubo…” op. cit. p. 21

7 ivi p.50

8 ivi p.62

 9 ivi p.94

10 ivi p.119

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