Pasqua 2015. In questo giorno in cui i cristiani festeggiano la resurrezione di Gesù e tutti gli altri la primavera, con l'intatta speranza che la vita, malgrado tutto, prevalga sempre sulla morte, mi piace riproporre un pezzo di qualche anno fa che trovo ancora stimolante anche se non lo condivido per intero. (fv)
Pasolini di Casarsa, Gramsci di Ales, Gesù di Nazareth
di Pasquale Misuraca
1…Vi parlo di Pasolini pensatore e ideologo. In relazione a due altri pensatori-ideologi: Gramsci e Gesù. Mi sono occupato di questi tre per tutta la vita – tre fratelli. E per una ragione fondamentale: tutti e tre hanno vissuto eroicamente e agito creativamente in tre distinte eppure omologhe fasi di “crisi organica” delle società che li hanno ospitati.
2…Mentre li studiavo e costruivo opere a partire da loro, opere tutte diverse nel linguaggio – cinema documentario, scienza politica, saggistica filosofica – eppure tutte sorelle nel contenuto: il problema della crisi che anche noi qui e ora soffriamo e della sua cura, mi rendevo conto sempre più chiaramente che i grandi pensatori-ideologi sono condannati ad avere come avversari irriducibili, primi fra tutti, i loro seguaci, amici, fedeli. A Gesù sono toccati i cristiani, a Gramsci i comunisti, a Pasolini i sedicenti ‘amici’.
3…Cominciamo da Gramsci di Ales. Ho studiato Gramsci nel bel mezzo della crisi organica degli anni Sessanta-Settanta. Cercavo di capire quella crisi e ho incrociato l’edizione critica dei Quaderni del carcere fresca di stampa – era il 1975. Il risultato delle mie ricerche – pubblicato in libri, saggi, documentari, comunicazioni a convegni internazionali di studio – è stato che Gramsci - dopo la sconfitta chiamata fascismo, dopo la vittoria chiamata stalinismo, dopo il trionfo chiamato americanismo - il Gramsci prigioniero del carcere fascista, il Gramsci dei Quaderni del carcere, non credeva più nel comunismo e non pensava più col marxismo, immaginava una “società regolata” e costruiva una “nuova scienza della storia della politica”. Sì, Gramsci pensando e scrivendo i Quaderni aveva sottoposto a una radicale critica da una parte il marxismo di Marx, di Engels, e Plekhanov, Kautsky, Bernstein, Rosa Luxemburg, Lenin, Stalin, Trotskij, Bucharin, e dall’altro la sociologia di Durkeim e Weber e la politologia di Mosca e Michels, e sulle loro ceneri aveva elaborato scientificamente e ideologicamente una soluzione storicamente progressiva (oggi ancora sconosciuta) della crisi organica del mondo contemporaneo.
4…Sennonché. I compagni comunisti di Gramsci hanno restaurato la sua rivoluzione, riconducendolo alla misura di un “classico del partito comunista”, riducendo il suo nuovo pensiero e la sua nuova ideologia dei Quaderni al vecchio pensiero e alla vecchia ideologia del Gramsci fondatore del Partito Comunista d’Italia. Per i compagni comunisti Gramsci è sempre comunista e sempre giovane: persino la foto del frontespizio della edizione critica dei Quaderni non è quella della maturità della “riforma intellettuale e morale”:
1…Vi parlo di Pasolini pensatore e ideologo. In relazione a due altri pensatori-ideologi: Gramsci e Gesù. Mi sono occupato di questi tre per tutta la vita – tre fratelli. E per una ragione fondamentale: tutti e tre hanno vissuto eroicamente e agito creativamente in tre distinte eppure omologhe fasi di “crisi organica” delle società che li hanno ospitati.
2…Mentre li studiavo e costruivo opere a partire da loro, opere tutte diverse nel linguaggio – cinema documentario, scienza politica, saggistica filosofica – eppure tutte sorelle nel contenuto: il problema della crisi che anche noi qui e ora soffriamo e della sua cura, mi rendevo conto sempre più chiaramente che i grandi pensatori-ideologi sono condannati ad avere come avversari irriducibili, primi fra tutti, i loro seguaci, amici, fedeli. A Gesù sono toccati i cristiani, a Gramsci i comunisti, a Pasolini i sedicenti ‘amici’.
3…Cominciamo da Gramsci di Ales. Ho studiato Gramsci nel bel mezzo della crisi organica degli anni Sessanta-Settanta. Cercavo di capire quella crisi e ho incrociato l’edizione critica dei Quaderni del carcere fresca di stampa – era il 1975. Il risultato delle mie ricerche – pubblicato in libri, saggi, documentari, comunicazioni a convegni internazionali di studio – è stato che Gramsci - dopo la sconfitta chiamata fascismo, dopo la vittoria chiamata stalinismo, dopo il trionfo chiamato americanismo - il Gramsci prigioniero del carcere fascista, il Gramsci dei Quaderni del carcere, non credeva più nel comunismo e non pensava più col marxismo, immaginava una “società regolata” e costruiva una “nuova scienza della storia della politica”. Sì, Gramsci pensando e scrivendo i Quaderni aveva sottoposto a una radicale critica da una parte il marxismo di Marx, di Engels, e Plekhanov, Kautsky, Bernstein, Rosa Luxemburg, Lenin, Stalin, Trotskij, Bucharin, e dall’altro la sociologia di Durkeim e Weber e la politologia di Mosca e Michels, e sulle loro ceneri aveva elaborato scientificamente e ideologicamente una soluzione storicamente progressiva (oggi ancora sconosciuta) della crisi organica del mondo contemporaneo.
4…Sennonché. I compagni comunisti di Gramsci hanno restaurato la sua rivoluzione, riconducendolo alla misura di un “classico del partito comunista”, riducendo il suo nuovo pensiero e la sua nuova ideologia dei Quaderni al vecchio pensiero e alla vecchia ideologia del Gramsci fondatore del Partito Comunista d’Italia. Per i compagni comunisti Gramsci è sempre comunista e sempre giovane: persino la foto del frontespizio della edizione critica dei Quaderni non è quella della maturità della “riforma intellettuale e morale”:
Togliatti anche in questo è stato il Migliore: nella prima edizione dei
Quaderni è arrivato ad accorpare ad una delle tante note sullo storicismo
crociano – rendendone oscura e difficile la lettura - la nota fondamentale in
cui Gramsci critica distruttivamente la coppia concettuale marxiana Struttura –
Sovrastruttura.
Per coloro tra voi che vogliano sapere cosa pensasse Gramsci del suo nuovo pensiero in rapporto ai suoi antichi maestri, leggo:
“Perché gli Epigoni dovrebbero essere inferiori ai progenitori? Nella tragedia greca, gli ‘Epigoni’ realmente portano a compimento l’impresa che i ‘Sette a Tebe’ non erano riusciti a compiere. Il concetto di degenerazione è invece legato ai Diàdochi, i successori di Alessandro.” Quaderno 8 – 1931-32.
5…E veniamo a Pasolini di Casarsa. Compreso (nella sua novità) e sviluppato (secondo le mie capacità) Gramsci scienziato della Crisi Organica e ideologo della Società Regolata, per comprendere la natura specifica della crisi organica dell’Italia degli anni Settanta che mi trovavo a vivere, ho studiato economisti, sociologi, politologi, antropologi di ogni colore. Finché sono arrivato a Pasolini, il Pasolini degli Scritti Corsari, delle Lettere Luterane, dell’Ultima Intervista registrata da Furio Colombo poche ore prima della sua morte improvvisa.
Per coloro tra voi che vogliano sapere cosa pensasse Gramsci del suo nuovo pensiero in rapporto ai suoi antichi maestri, leggo:
“Perché gli Epigoni dovrebbero essere inferiori ai progenitori? Nella tragedia greca, gli ‘Epigoni’ realmente portano a compimento l’impresa che i ‘Sette a Tebe’ non erano riusciti a compiere. Il concetto di degenerazione è invece legato ai Diàdochi, i successori di Alessandro.” Quaderno 8 – 1931-32.
5…E veniamo a Pasolini di Casarsa. Compreso (nella sua novità) e sviluppato (secondo le mie capacità) Gramsci scienziato della Crisi Organica e ideologo della Società Regolata, per comprendere la natura specifica della crisi organica dell’Italia degli anni Settanta che mi trovavo a vivere, ho studiato economisti, sociologi, politologi, antropologi di ogni colore. Finché sono arrivato a Pasolini, il Pasolini degli Scritti Corsari, delle Lettere Luterane, dell’Ultima Intervista registrata da Furio Colombo poche ore prima della sua morte improvvisa.
6…Cosa ha pensato e detto Pasolini della crisi, di quella crisi che smascherava i potenti (rendendoli ridicoli) e omologava i giovani (rendendoli infelici)? Pensava e diceva che era in corso “una nuova grande rivoluzione passiva”, il cui centro motore era il “Nuovo Potere Reale” e gli effetti concreti “una grande mutazione antropologica”, insomma che quella sua, che questa nostra, non era, non è una crisi congiunturale, bensì è una “crisi organica” - nel linguaggio del Gramsci maturo. Il Gramsci maturo – badate: “Gramsci non è stato precoce” ha scritto il Pasolini corsaro.
7…Ora, allora, come hanno reagito i suoi ‘amici’, al suo pensiero teorico e alla sua rappresentazione ideologica? Dicendo che Pasolini esagerava drammaticamente il presente e rimpiangeva nostalgicamente il passato – cose da poeta, grande, certo – “tre o quattro al secolo ce ne sono” gridava Moravia con le lacrime agli occhi ai suoi funerali, ma poeta. E dopo la sua morte improvvisa, come? Ripetendo infinite volte e in tutte le salse che alla base della sua morte c’era un “complotto” – un complotto che aveva come mandante ideologico la borghesia e come esecutori materiali i fascisti. A parole cioè i suoi amici riconoscevano in Pasolini un fratello-maestro, nei fatti disconoscevano il suo pensiero teorico e la sua rappresentazione ideologica.
8…Infatti Pasolini aveva ripetuto a voce alta e scritto chiaro e tondo che nell’Italia degli anni Settanta vivevano e vagavano “giovani infelici” non più fascisti, non più comunisti, immersi come erano in un “vuoto culturale”, i quali potevano uccidere e uccidevano “senza mandanti e senza scopo”, e aveva conseguentemente detto fino alla fine, fin dentro l’intervista a Furio Colombo, che l’idea del “complotto borghese e fascista” è delirante, facile, semplice, consolatoria. Leggo:
“Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. E’ facile, è semplice…” Intervista a Furio Colombo, Tuttolibri, fine ottobre 1975.”
Allora, ora, io dico agli ‘amici’ di Pasolini, con le parole rivolte da Gesù ai discepoli: “Perché lo chiamate Maestro e non pensate quello che dice?”
9…Ecco, siamo a Gesù di Nazareth. Nel bel mezzo della crisi organica del mondo antico greco-romano, Gesù critica il Tempio (la Chiesa), e lo abbandona – fin dall’adolescenza! Ricordate Gesù e i Dottori? – , critica i testi sacri – “E’ scritto… Ma io vi dico…” - e teorizza e pratica la responsabilità e l’autonomia individuale, critica le religioni tradizionali in quanto Religioni del Sacrificio - “Misericordia voglio, non sacrificio!” – ed elabora il pensiero e l’ideologia della fraternità amorevole e della resurrezione continua.
Gesù caccia i mercanti dal tempio (Giotto)
10…Cosa hanno fatto dalla sua morte violenta fino ad oggi i suoi seguaci, i cristiani? Hanno restaurato quella rivoluzione morale e intellettuale riconducendola dentro la Chiesa, riducendola a una variante della Religione del Sacrificio. L’emblema del cristianesimo difatti è il crocifisso, non la resurrezione.
Ed ecco, un papa restauratore (Giovanni Paolo II) muore ostentando il sacrificio, e un papa restauratore (Benedetto XVI) vive esortando al sacrificio. E noi? E voi? Voi non so come vogliate reagire a queste riduzioni del pensiero e dell’ideologia di Gesù di Nazareth, di Gramsci di Ales, di Pasolini di Casarsa. Io – stando così le cose - non posso dirmi, qui e ora, oggi a Milano, né cristiano, né gramsciano, né pasoliniano.
Pasquale Misuraca, 12 ottobre 2007
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