Un paese intero prima
in ostaggio di un vecchio satrapo debosciato e oggi di un bimbo
capriccioso dall'io smisurato. Come si dice: dalla padella alla
brace.
Franco Arminio
Individualismi. La
Repubblica dei capricciosi
I bambini in Italia sono
pochi e durano pochissimo, fino a sei anni. L’adolescenza ormai va
dai sei a sessant’anni. Poi comincia una terra di nessuno, un’ampia
fascia di confine tra l'adolescenza e la vecchiaia. Dunque, le
pizzerie sono piene di adolescenti, il Parlamento è pieno di
adolescenti. Dunque, Renzi è uno statista o un brufolo? Il suo
successo viene dalla sua immagine di figlio. Non ci sono padri sulla
scena politica italiana. La faccia da padre apparteneva a Togliatti,
a De Gasperi, a Berlinguer. Berlusconi, ovviamente, non è padre, al
massimo zio impertinente.
Viviamo nella dittatura
del capriccio. D’Alema è un capriccioso gelido. Grillo è un
capriccioso furente, sempre di capricciosi si tratta. Se il Pd a suo
tempo avesse dato la tessera a Grillo, il suo movimento avrebbe avuto
tutta un’altra storia. Poi ci sono quelli fintamente pacati,
capricciosi anche loro. Penso al Presidente della Repubblica. I
capricciosi non si stancano mai. Il nostro Presidente non è ancora
stanco. Non è stanco Casini. E ovviamente non è stanco Berlusconi.
Tutti animati non da
ideali, ma dall’idea di non darla vinta agli altri. Tutti accesi
dal gruppo elettrogeno del rancore, dalle pile della miseria
spirituale. Il tratto distintivo della casta non è l’ingordigia,
quella è distribuita in tutta la popolazione, ma una
particolarissima diserzione dalla serenità. Per arrivare al potere,
sia esso culturale, economico o politico, bisogna essere dotati di un
qualche squilibrio, di una foga senza fine. E allora c’è da
riflettere sulla democrazia. Tutti possono concorrere, ma vincono i
più aggressivi, i più ossessivi, non quelli che hanno le idee
migliori. La differenza col passato è che non abbiamo e forse non
avremo più Caligola e Hitler e Mussolini, ma gente come
Berlusconi, Renzi, Casini. Più che cupe follie, ora siamo all’agonia
ciarliera di una democrazia consumista che è diventata sempre più
merce di se stessa.
L’uomo politico è un
intrattenitore, in qualche caso un artista, anche se di infima
categoria. Berlusconi ha portato in Italia il surrealismo di massa.
Renzi ha riesumato il futurismo. Più che di correnti politiche,
dovremmo parlare di correnti letterarie. Non ci sono più i
progressisti e i conservatori, ma i cultori del sonetto, Napolitano,
e i cultori del verso libero, Grillo. In nessun posto al mondo esiste
un programma televisivo che dura tre ore, ma che conta solo per le
cose che dice un comico nei primi cinque minuti: tutto il resto è
una sorta di appendice, un velo lunghissimo e pietoso. Crozza
illustra come stanno le cose. Gli invitati in studio stanno lì a
convalidare lo stato inerte e delirante di tutta la nazione.
In un contesto del genere
non ha senso cambiare governo e neppure Parlamento, è come truccare
una faccia che non esiste. Gli italiani, ognuno col suo potere
(nessuno ne è completamente privo, perfino il più avvilito
mendicante), devono capire che lo spettacolo della politica non può
durare all’infinito. Il mondo si fa per le strade, nelle case,
dentro la terra, non sugli schermi della finzione globale, non tra le
ombre digitali della finanza e della Rete. L’agenda delle riforme
dovrebbe vedere al primo posto il ritorno delle cose vere. E ognuno
di noi deve partecipare a questa riforma con un gesto, con un
pensiero radicalmente onesto. Essere adulti è questo, nient’altro
che questo. Forse facciamo ancora in tempo a evitare il tempo in cui
di noi diranno che fu finta anche la vita più convinta.
il Fatto quotidiano - 13
febbraio 2014
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