13 febbraio 2014

DALLA PADELLA ALLA BRACE



Un paese intero prima in ostaggio di un vecchio satrapo debosciato e oggi di un bimbo capriccioso dall'io smisurato. Come si dice: dalla padella alla brace.


Franco Arminio

Individualismi. La Repubblica dei capricciosi


I bambini in Italia sono pochi e durano pochissimo, fino a sei anni. L’adolescenza ormai va dai sei a sessant’anni. Poi comincia una terra di nessuno, un’ampia fascia di confine tra l'adolescenza e la vecchiaia. Dunque, le pizzerie sono piene di adolescenti, il Parlamento è pieno di adolescenti. Dunque, Renzi è uno statista o un brufolo? Il suo successo viene dalla sua immagine di figlio. Non ci sono padri sulla scena politica italiana. La faccia da padre apparteneva a Togliatti, a De Gasperi, a Berlinguer. Berlusconi, ovviamente, non è padre, al massimo zio impertinente.

Viviamo nella dittatura del capriccio. D’Alema è un capriccioso gelido. Grillo è un capriccioso furente, sempre di capricciosi si tratta. Se il Pd a suo tempo avesse dato la tessera a Grillo, il suo movimento avrebbe avuto tutta un’altra storia. Poi ci sono quelli fintamente pacati, capricciosi anche loro. Penso al Presidente della Repubblica. I capricciosi non si stancano mai. Il nostro Presidente non è ancora stanco. Non è stanco Casini. E ovviamente non è stanco Berlusconi. 

Tutti animati non da ideali, ma dall’idea di non darla vinta agli altri. Tutti accesi dal gruppo elettrogeno del rancore, dalle pile della miseria spirituale. Il tratto distintivo della casta non è l’ingordigia, quella è distribuita in tutta la popolazione, ma una particolarissima diserzione dalla serenità. Per arrivare al potere, sia esso culturale, economico o politico, bisogna essere dotati di un qualche squilibrio, di una foga senza fine. E allora c’è da riflettere sulla democrazia. Tutti possono concorrere, ma vincono i più aggressivi, i più ossessivi, non quelli che hanno le idee migliori. La differenza col passato è che non abbiamo e forse non avremo più Caligola e Hitler e Mussolini, ma gente come Berlusconi, Renzi, Casini. Più che cupe follie, ora siamo all’agonia ciarliera di una democrazia consumista che è diventata sempre più merce di se stessa.

L’uomo politico è un intrattenitore, in qualche caso un artista, anche se di infima categoria. Berlusconi ha portato in Italia il surrealismo di massa. Renzi ha riesumato il futurismo. Più che di correnti politiche, dovremmo parlare di correnti letterarie. Non ci sono più i progressisti e i conservatori, ma i cultori del sonetto, Napolitano, e i cultori del verso libero, Grillo. In nessun posto al mondo esiste un programma televisivo che dura tre ore, ma che conta solo per le cose che dice un comico nei primi cinque minuti: tutto il resto è una sorta di appendice, un velo lunghissimo e pietoso. Crozza illustra come stanno le cose. Gli invitati in studio stanno lì a convalidare lo stato inerte e delirante di tutta la nazione.

In un contesto del genere non ha senso cambiare governo e neppure Parlamento, è come truccare una faccia che non esiste. Gli italiani, ognuno col suo potere (nessuno ne è completamente privo, perfino il più avvilito mendicante), devono capire che lo spettacolo della politica non può durare all’infinito. Il mondo si fa per le strade, nelle case, dentro la terra, non sugli schermi della finzione globale, non tra le ombre digitali della finanza e della Rete. L’agenda delle riforme dovrebbe vedere al primo posto il ritorno delle cose vere. E ognuno di noi deve partecipare a questa riforma con un gesto, con un pensiero radicalmente onesto. Essere adulti è questo, nient’altro che questo. Forse facciamo ancora in tempo a evitare il tempo in cui di noi diranno che fu finta anche la vita più convinta.


il Fatto quotidiano - 13 febbraio 2014

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