“E poi dicono che
uno si butta a sinistra”, avrebbe commentato il grande Totò.
Peccato che non ci sia niente da ridere.
Marco Polombi
Jaki,
l’erede di Gianni Agnelli insulta i giovani senza lavoro
È un
bene che sia toccato a John Elkann rinverdire i fasti da
gaffeur di Tommaso Padoa-Schioppa (“bamboccioni”) ed Elsa
Fornero (choosy, schizzosi). È un bene perché si può fare i
conti con gli Agnelli come sono e non come vorrebbero che
fossero quelli li trattano come “la famiglia reale di Villar
Perosa”. Se Fortebraccio, per dire, irrideva la “faccia da
vacanziere” di Gianni Agnelli, definendolo “la fotocopia
d’un vero signore”, l’attuale giovin signore della Fiat
può ben definirsi “la fotocopia d’un vero imprenditore”.
Classe 1976,
figlio di Margherita Agnelli e del giornalista Alain Elkann, si
diploma a Parigi, motivo per cui l’italiano sembra sempre la
sua seconda lingua, laurea in ingegneria gestionale a Torino,
fa la sua gavetta alla maniera degli Agnelli: qualche giro di
giostra in posizioni di basso livello in una delle fabbriche di
famiglia o degli amici di famiglia. Poi, per solo merito, si
passa direttamente da operaio o venditore a presidente della
Fiat, della holding di famiglia Exor e di altre cosette.È
chiaro che a uomini che hanno realizzato così tanto nella
vita, succeda di incorrere in giudizi ingenerosi verso i comuni
mortali.
E così, ieri, il
buon Elkann - trovandosi di fronte gli studenti delle superiori
della provincia di Sondrio - s’è lasciato andare al giusto
disprezzo dell’uomo che s’è fatto da sé. Disoccupazione
giovanile? “Ci sono tantissimi lavori da fare, c’è
tantissima domanda di lavoro, ma manca l’offerta. Certo, io
sono stato fortunato ad avere molte opportunità, ma quando le
ho viste ho saputo anche coglierle”. E infatti quando, dopo
la morte di Giovannino Agnelli, suo nonno Gianni gli ha offerto
l’ingresso nel cda della Fiat, lui ha risposto prontamente
“sì”. Ecco come si prendono le opportunità e invece molti
ragazzi “non colgono le tante opportunità che ci sono perché
stanno bene a casa o perché non hanno ambizione”. Finito?
Macché. John vuole dire proprio tutto quello che ha nel cuore:
“Le opportunità esistono più oggi che una volta e sono
enormi”. Va detto che qualcuno tra i presenti ha equivocato.
Uno studente che sta ultimando il corso da elettricista ha
buttato lì: ma un posticino in Fiat? A quel punto il povero
Elkann ha capito l’errore: “Finisci bene e poi ci
risentiamo” (non risulta, però, che abbia lasciato
recapiti). Un altro, tapino, gli ha chiesto: “Perché,
nonostante la sua posizione, lei continua a lavorare?”.
Dimostrandosi proprio quel tipo privo di ambizioni che John
detesta: “Lavoro perché ho un grande desiderio di fare, di
partecipare. Questa è la motivazione principale che mi
permette anche di fare una vita interessante. Sicuramente è
più interessante essere impegnato, fare delle cose piuttosto
che vivere in vacanza tutto il tempo”. Controreplica: “Non
sono proprio d’accordo”.
La cosa, in
verità, non è piaciuta. Un tizio, per dire, s’è
intrufolato nella pagina “Wikipedia” di John Elkann
aggiungendo queste pacate righe alla biografia del nostro: “È
un figlio di papà e grandissimo paraculo, nato nella bambagia
e si permette pure di fare lo splendido dicendo che i giovani
italiani sono degli sfaticati”. Su Twitter pure non è che
sia andata meglio: “Ecco, un altro che le canne non le
passa”, il commento della Sora Cesira; “e nel CV di Elkann
alla voce esperienza lavoro soprammobile di Marchionne”
(scrive un certo Voar Livre); “Segnalo a Elkann che i miei
due figli ingegneri sarebbero restati a casa, ma stanno in
Svizzera dove per fortuna non ci sono imprenditori come lui”
(Ferruccio Staffetta).
I politici,
persino in area renziana, approfittano per azzannare la preda
preziosa: “Le parole del presidente Fiat arrivano del tutto
inaspettate, nel momento in cui l’azienda decide di spostare
la sede legale e fiscale all'estero - mette a verbale il
deputato Pd Michele Anzaldi - Nel momento in cui la
disoccupazione giovanile tocca la cifra record del 40 per
cento, non si capisce come si possa sostenere che i giovani non
trovano lavoro perché non lo cercano”.
La tesi del
giovane Elkann, peraltro, è particolarmente bizzarra alla luce
della politica occupazionale delle aziende che controlla: negli
stabilimenti Fiat italiani ormai sono più i dipendenti in
Cassa integrazione che quelli al lavoro, La Stampa e la
Rizzoli-Corriere della Sera vanno avanti coi prepensionamenti
pagati coi soldi pubblici e i contratti di solidarietà.
Esattamente, in quale comparto John Elkann sta riscontrando
questa penuria di offerta di lavoro che ha denunciato oggi?
Forse ha ragione Diego Della Valle, la sua nemesi: “Lo
conosco da bambino. Credo sia un ragazzo giovanissimo che
ricopre un ruolo che non ha l’esperienza di poter ricoprire e
che lo porta anche a fare degli errori. Ma mi costa fatica
discutere con un ragazzo che potrebbe essere mio figlio.
Purtroppo oggi in quella famiglia c’è lui e bisogna parlare
con lui”.
il Fatto 15 febbraio 2014
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