Dalle allusioni
mitologiche all'arte africana dalla scoperta delle Americhe alle
religioni, un appassionante racconto sull'oceano.
Se vi piacciono i libri
grandi, i libri da leggere piano, senza sentir voglia di finirli in
fretta e gustandone anzi le pagine una dopo l’altra, Atlantico,
dell’inglese Simon Winchester (Adelphi, tradotto in italiano da
Jacopo M. Colucci), è quel che fa per voi. Uno straordinario
racconto/affresco geografico che ha per oggetto l’immensità
dell’Oceano Atlantico sia in senso geografico e spaziale, sia in
senso temporale, sia in senso – ed è quel che più conta –
antropico.
Del resto è lo stesso
autore (giornalista fecondo, geografo, viaggiatore, storico di
scuola erodotea) che trova nella poesia, solo nell’immaginifica
profondità della poesia di Shakespeare una cornice adatta ad
accogliere, seppur parzialmente e mai in modo automatico, la massa
sterminata di informazioni e storie che ha raccolto in anni di
lavoro: si tratta di una celebre pagina dell’As you like it del
Bardo in cui la vita dell’uomo viene ripartita e raccontata in
sette grandi età/scene: «Primo, il bambino che sbava e piange in
braccio alla nutrice e poi lo scolaro piagnucoloso; l’amante che
sospira come una fornace e poi il soldato, pieno di strampalate
imprecazioni, sempre alla ricerca di una reputazione da quattro
soldi; poi il giudice che recita la sua parte; la sesta scena che
ti trasforma in un pantalone in ciabatte; l’ultima scena infine,
una seconda infanzia, senza denti, gusto, occhi, senza niente».
Ecco che, da qui in
poi, si dispiega una serie infinita di racconti che, per quanto
possano essere interessanti anche informazioni come le formazioni
geologiche che dallo stadio di Panthalassa e Pangea hanno condotto
all’attuale forma del nostro pianeta, o la durata complessiva
dell’Atlantico, conteggiata in 370 milioni di anni, o il peso
totale delle sue acque di 1,3 miliardi di miliardi di tonnellate,
rendono l’affresco di Winchester interessante e godibilissimo.
Come le allusioni
mitologiche al gran mare che si apre oltre le colonne d’Ercole
(già in Omero Oceano è figlio di Urano e Gea e padre di una lunga
serie di divinità fluviali) e le prime esplorazioni atlantiche dei
Fenici con la fondazioni di Cadice nell’XI sec. a.C., i costumi e
le straordinarie imprese di Vichinghi e Norreni e il loro approdo,
a bordo di minuscole imbarcazioni chiamate knaar, nel nord di quel
continente che, solo secoli dopo, Colombo avrebbe pensato di
scoprire per primo.
E, ancora, come la
vicenda plurisecolare della (ri)scoperta delle Americhe e della
loro cruenta colonizzazione da parte degli europei, le migliaia di
guerre (fino a quella incredibile delle Falkland) e i milioni di
morti che giacciono nell’abisso, l’infamia dello schiavismo e
la vicenda della pirateria, la fisionomia urbanistica e culturale
delle tantissime città atlantiche (tra le altre Città del Capo,
Rio De Janeiro, Cadice, Rotterdam, Santo Domingo, New York,
Jamestown nell’isola di Sant’Elena) e delle terre che
dall’Atlantico prendono vita, clima e respiro (dalle remote isole
Faeroer alla Patagonia, dalle coste africane a quelle brasiliane),
ed ancora l’arte che all’Atlantico s’è ispirata (i
fiamminghi soprattutto), la poesia (Shakespeare forse, ma
sicuramente John Donne, e Milton), le narrazioni, le leggende, le
religioni che vi sono fiorite, le migliaia di lingue parlate lungo
le coste atlantiche.
E poi, ovviamente, le
marinerie con le loro tradizioni e le loro tecniche, le centinaia
di storie di navigazione che quell’infinita distesa d’acqua
grigia, sublime, rombante e apparentemente immobile hanno avuto
come scenario e protagonista.
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