Chi lavora o ha
lavorato nella scuola conosce per esperienza diretta la disperata
solitudine di giovanissimi lasciati soli a cavarsela in un mondo di
adulti sostanzialmente indifferenti ai loro problemi. Adulti disposti
a concedere (e perdonare) tutto ai figli, pur di non essere chiamati
a svolgere un ruolo genitoriale, cioè ad assumersi le proprie responsabilità, a partire dall'essere presenti.
Melita Cavallo,
presidente del Tribunale dei Minori di Roma
“In gruppo perdono il senso del limite così giustificano le loro violenze”
Intervista di Maria Elena Vincenzi
«Il problema è che oggi
i giovani non hanno limite, non sono in grado di fermarsi e basta
nulla per arrivare alla violenza. È sufficiente pensare agli episodi
di bullismo: non ci si ferma più, anzi spesso c’è chi rinforza,
chi aizza, chi rincara la dose». Melita Cavallo, è presidente del
Tribunale dei Minori di Roma, e da anni si occupa dei giovanissimi.
Presidente, spesso
accade che anche quando vengono arrestati, gli adolescenti non
capiscano che hanno fatto qualcosa di grave.
«Non credo che non
sappiano cosa sia un reato, lo sanno eccome. Il problema è che
quando sono insieme non si rendono conto, non capiscono che avere
avuto un ruolo, anche se marginale, è comunque avere partecipato. Sa
quante volte nella mia carriera mi è capitato di sentirmi dire: “Ma
io ho fatto solo quello”? Come se fosse una parte e non il tutto. E
per questo non si sentono colpevoli».
E spesso poi accade
che le famiglie o la comunità in cui vivono li giustifichino.
«Il processo penale per
i minori è studiato per questo. Per metterli di fronte alle proprie
responsabilità, alle conseguenze di ciò che il reato ha
prodotto sulla vittima. È tagliato sulla personalità del ragazzo
per ottenerne il cambiamento ».
Magari non
bisognerebbe arrivare in un’aula di tribunale per capirlo.
«Certo. Ma purtroppo è
saltato il rispetto dell’altro. È saltato negli adulti,
figuriamoci nei minori che sono fragili, oggi più che mai. E le
famiglie in questo hanno una grandissima responsabilità perché poco
regolative. Voglio però aggiungere che ci sono comunque tanti minori
che hanno le idee ben chiare e si comportano bene».
Quanta e quale pensa
che sia la responsabilità del mondo esterno oltre che dei genitori?
«Tanta. È la società
che è così. Poi c’è la televisione e, soprattutto, ci sono
internet, facebook». Sembra che i ragazzi ormai vivano in un’altra
dimensione, scollegati dalla realtà.
«Questi mezzi sono
utilissimi perché permettono di mantenere il contatto con il mondo
esterno. Ma anche in questo serve un limite. Quando li ascolto mi
rendo conto che spesso, anche nelle famiglie semplici, i ragazzi
hanno il computer in camera e ne fanno l’uso che vogliono. Sono su
internet giorno e notte. E questo non va bene. Torniamo sempre allo
stesso discorso: ci vorrebbe un limite che spesso non c’è».
la Repubblica del 13
febbraio 2014
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