13 febbraio 2014

LA TEORIA DI DARWIN

la teoria dell'evoluzione di Darwin

  La spiegazione dell'evoluzione di Darwin-Wallace, nota come teoria dell'evoluzione per selezione naturale, può essere così riassunta:


  • fra gli individui di una stessa specie vi è grande variabilità genetica (che si manifesta in piccole differenze nei caratteri, quali corporatura, altezza, pigmentazione della pelle, colore degli occhi ecc.);
  • le variazioni individuali devono essere ereditabili, perché i figli sono simili ai genitori;
  • tutti gli organismi tendono a moltiplicarsi, ma l'ambiente non permette una crescita indiscriminata, per cui le dimensioni di una popolazione sono frenate dalla mortalità (selezione naturale);
  • sopravvivono e si riproducono più facilmente gli individui che hanno raggiunto un migliore adattamento all'ambiente in cui vivono, e che quindi sono favoriti nella lotta per l'esistenza;
  • con questi meccanismi, le specie nel tempo si evolvono, dando origine a nuove specie.
Darwin conosceva le tecniche della selezione artificiale, il mezzo attuato da secoli da allevatori e coltivatori per migliorare le razze economicamente utili, e ipotizzò che un meccanismo simile potesse verosimilmente agire anche in natura. 
Non conosceva invece le leggi dell'ereditarietà (gli studi di Mendel, suo contemporaneo, passarono quasi inosservati fino ai primi del '900) e non seppe quindi spiegare in particolare come si origina la variabilità di caratteri (sia fisici, sia comportamentali) sulla quale avrebbe dovuto agire la selezione naturale.

La teoria dell'evoluzione ha comunque il merito di aver sottolineato che i nuovi caratteri si originano indipendentemente dall'ambiente (cioè non è l'ambiente a creare nuovi caratteri, come sosteneva Lamarck), ma, una volta comparsi, sono selezionati dall'ambiente. 
L'evoluzione è quindi diretta dalla selezione naturale, ma procede in modo casuale.
La teoria dell'evoluzione ebbe grande impatto sul pensiero dell'800 e, in particolare, sulla biologia, di cui rimane ancora oggi una delle teorie unificatrici, perché permette di spiegare e di organizzare in modo logico tutte le conoscenze delle diverse discipline.


Gli studi di Darwin svilupparono gli spunti forniti da dottrine in precedenza eleaborate in ambito geologico (Lyell) e demografico-economico (Malthus). 
Secondo il principio dell'attualismo del geologo inglese C. Lyell (1797-1875) il modellamento della Terra è il risultato non di immani catastrofi, come terremoti o eruzioni gigantesche, ma di forze naturali lente e continue, sempre all'opera. Analogamente, in campo biologico piccole variazioni di forma da una generazione all'altra avrebbero potuto formare, nel corso del tempo geologico, tutte le specie animali e vegetali che conosciamo. 
Secondo la teoria demografica dell'economista inglese T. Malthus (1766-1834), le popolazioni umane tendono a crescere in progressione geometrica, mentre le risorse alimentari in natura crescono in progressione aritmetica, comportando una scarsità di risorse a danno degli individui più deboli, che soccombono. Da qui l'dea di una continua lotta per l'esistenza, generalizzabile a tutti gli organismi viventi, e il cui risultato sarebbe quello di favorire i più adatti (selezione naturale). 

La teoria dell’evoluzione presentata nell'Origine della specie (1859) di Darwin ha prodotto una rivoluzione in campo biologico di importanza pari a quella causata dalla teoria copernicana in astronomia. Per millenni l’uomo aveva pensato che la Terra fosse al centro dell’Universo: Copernico le tolse questa posizione privilegiata, dimostrando che la Terra ruota intorno al Sole.
Le idee di Darwin furono all’origine di un analogo capovolgimento in campo biologico. Secondo la sua teoria l’uomo non è, come fino ad allora si era ritenuto, il centro del mondo vivente e gli animali e le piante non sono stati creati per appagare i suoi bisogni; l’uomo è solamente il risultato finale di un lungo cammino evolutivo iniziato con la comparsa della vita sulla Terra.
 

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