19 febbraio 2014

il laboratorio di Fosco Maraini



Alessandro Agostinelli

Il laboratorio Maraini



C’è un documentario in cui alcuni amici di Fosco Maraini raccontano esempi e suggestioni della sua vita. Buona parte del filmato è stata girata in montagna, all’Alpe di Sant’Antonio, in un luogo che si chiama Pasquigliora, dove molti anni fa lo scrittore decise di comprare casa insieme alla seconda moglie, Mieko Namiki Maraini. Lì scrisse quasi tutta la sua autobiografia Case, amori, universi, seduto su una sedia vicino alla finestra.

Siamo in Garfagnana e qui davanti c’è il tavolo quadrato che Maraini aveva comprato da un antiquario di Cortina d’Ampezzo, per la vecchia casa di Selva Val Gardena. Lo studio a Pasquigliora è una piccola stanza al piano superiore della casa in pietra. Su un lato c’è una libreria e poi una poltrona e due piccole cassettiere al cui interno, ancora in perfetto ordine, ci sono tutti gli oggetti di cancelleria che gli servivano per scrivere, archiviare, spedire lettere e ordinare gli appunti. Alla parete dietro la sedia c’è una foto dello scrittore, viaggiatore, antropologo e fotografo, ripreso qualche mese prima della morte, e un’altra foto, con lui più giovane e Mieko che lo abbraccia. C’è anche uno scatto di lui vestito da arrampicata, in cima a una montagna innevata, il Gasherbrum IV.
Dalla finestra vicino alla sedia si vede parte di un grande albero di noce, un pezzo dell’orto, uno sperone di roccia dell’Appennino e, poco più in là, la sagoma dell’uomo che dorme, una particolare conformazione della montagna che sembra la testa e il torace di un gigante disteso.
In uno scaffale della libreria ci sono tutti i libri di Maraini pubblicati in italiano. E sopra gli altri scaffali molti libri, alcuni dei quali hanno dei post-it inseriti tra le pagine, dove si trovano frasi sottolineate da Maraini stesso. Ci sono le Georgiche di Virgilio, dove lui ha segnato un passo del primo libro (“Il sole, chi oserebbe chiamarlo fallace?” È il pezzo in cui Virgilio paragona Cesare al sole) che a Maraini sembra interessare quasi esclusivamente per la questione dei prodigi naturali o sovrannaturali che erano connaturati alla vita dei romani. Poi è sottolineato un passo del secondo libro: “felix qui potuit rerum cognoscere causas”, cioè “felice colui che ha potuto indagare la causa delle cose”.
Sono sottolineate righe e pagine anche da Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani e tante pagine da La luna e i falò di Cesare Pavese. Da Minima Moralia di Adorno, Maraini ha sottolineato soltanto il passo in cui è scritto che: “Basta ascoltare la voce di una donna al telefono per capire se essa è bella”. Mentre sono tantissime le sottololineature da Le Confessioni di Rousseau, che pare di intuire sia stato utilizzato molto come guida alla stesura di Case, amori, universi. Una sottolineatura in particolare è più evidente di altre, cioè quella del passo che comincia in questo modo: “Raccontando i miei viaggi mi sento come quando li intraprendevo, non vorrei mai arrivare…”.
Poi c’è una parte di libri che pare legato al tema religioso, con una attenzione particolare al tema ebraico. Mentre pone un interesse particolare la sottolineatura nel romanzo di Pasternak, Il dottor Zivago: “Quando il Vangelo dice che nel regno di Dio non c’è né greco né giudeo, vuol forse dire che davanti a Dio tutti sono uguali? No, per questo non occorreva il Vangelo, lo sapevano ancora prima i filosofi della Grecia, i moralisti romani, i profeti dell’Antico Testamento. Ma il Vangelo intendeva: in quel nuovo modo di esistenza pensato dal cuore, in quella nuova forma di comunione, che si chiama regno di Dio, non ci sono popoli ma individui” – e la citazione prosegue con un pezzo sottolineato dedicato “agli uomini politici mediocri”. Accanto a Pasternak c’è I fratelli Karamazov di Dostoevskij, anche questo titolo ampiamente studiato da Maraini. Poi ci sono molti libri in inglese e in giapponese.
Un piccolo studio in una casa di montagna isolata e sperduta in mezzo ai boschi dell’Appennino; un rifugio per scrivere in vita e successivamente il luogo che uno dei maggiori viaggiatori del Novecento ha scelto per dimorare dopo la morte, in un minuscolo cimitero a terrazza che guarda i monti. Qui Fosco Maraini riposa, all’aria buona. Quell’aria di buono che ha infuso nei suoi libri e che ancora oggi richiama qualche curioso che non avendolo conosciuto di persona, ma avendo letto le sue opere, si arrampica fin quassù per rendergli omaggio. Un omaggio a un uomo che ha sempre vissuto cercando di spiegare l’importanza delle differenze tra culture, popoli, individui di buona parte dell’Asia. L’Asia che ha tanto amato e che aveva ricercato anche qui, in Garfagnana, in braccia all’Appennino.
(da L’Espresso Web)

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