“Come potrebbe il cuore non spezzarsi
Se l’improvvisa e dolce scossa del mattino
Dissipa l’ombra dell’infinito agitarsiIn dubbi, rimorsi, paura del destino?
La grazia lo ferisce; sanguina
Davanti alla pianura dove l’acqua stende
Una coltre di nebbia delicata
Sul ramo spoglio e tremante.
Sull’ala sospesa ed esitante,
L’aria da un debole lampo inondata”
E poi il commento
“L’ombra e la grazia, la pesantezza e la leggerezza, l’oscurità e la
luce, il dolore dell’anima e la stella del mattino, la dignità ferita e
la dignità salvata, sono esperienze che si intrecciano l’una all’altra, e
fanno parte della vita di ciascuno di noi: nelle loro vertiginose
alternanze e nelle loro misteriose alleanze.” La poesia è di Simone
Weil, l’ombra e la grazia è il titolo che Franco Fortini scelse nel
tradurre nel 1951 La pesanteur et la grâce, la raccolta di
pensieri stralciati dai quaderni della Weil da Gustave Thibon. Il
commento ai versi della mistica e rivoluzionaria scrittrice francese è
di Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale
Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e
mentali presso l’Università di Milano, il più grande psichiatra
italiano.
Eugenio Borgna è l’autore di
questo straordinario saggio, in cui indaga sulla dignità umana ferita,
nelle molteplici forme della malattia fisica e mentale, della
discriminazione razziale che ha toccato l’abisso nella Germania nazista,
ma che permane nelle variegate forme dell’esclusione e dell’abbandono
nei ghetti delle tante periferie del mondo, nel rifiuto ed emarginazione
dell’altro che viene da lontano alla ricerca di nuovi approdi, nel
criterio produttivistico che misura le persone, nelle mille barriere che
sono figlie del pregiudizio.
L’autore nei suoi ragionamenti,
e come fa in altri suoi libri, attinge a piene mani dalla grande
letteratura e dalla poesia. Ma cosa c’entra la poesia con la
psichiatria? Quale alleanza ci deve essere tra le razionali scienze del
corpo e le impalpabili scienze dell’anima? Perché la poesia e la
letteratura possono aiutare la psichiatria? Sono, queste, le domande che
si fa il lettore non addetto ai lavori, colpito dal continuo rimando
alle rime o alle frasi di Rainer Maria Rilke, di Nelly Sachs, di Thomas
Bernhard o di Leopardi, di Montale, di Kafka, di Tolstoj, di Antonia
Pozzi, di Thomas Mann, di Robert Walser o Paul Celan, di Sant’Agostino o
Santa Teresa D’Avila, tanto per citarne alcuni. E Borgna (pag.206)
sembra voler dare una risposta “La psichiatria italiana, sulla scia
degli ideali della psichiatria tedesca a suo tempo così legata alla
filosofia e alla poesia, non è più psichiatria manicomiale, ma
psichiatria attenta alle grandi questioni umane ed etiche della vita
alle quali può consegnare radicali ragioni di chiarificazione e di
comprensione, di approfondimento e di illuminazione tematica”.
La letteratura e la poesia
sembrano avere degli strumenti di analisi del cuore umano, attraverso
la parola, che spesso la psichiatria, e le altre scienze umane non
hanno, soprattutto se il medico si affida alla sola tecnica “non sempre
si ha il tempo di condividere il dolore e l’angoscia, la tristezza e
l’inquietudine dell’anima, lo smarrimento e la timidezza di una paziente
o di un paziente”…E allora cosa può fare il medico? Borgna servendosi
della frase di Isak Borg, il medico protagonista de “Il posto delle fragole”, uno dei capolavori di Ingmar Bergman, “il primo dovere di un medico è chieder perdono!”
Il libro si articola in tre parti:
la prima e la seconda parte affrontano il tema della Dignità,
dell’evolversi del suo senso nel corso della storia, del suo significato
filosofico, giuridico, religioso , sociologico, di come sia “ferita e lacerata” quando l’essere umano o gli esseri umani diventano oggetti e precipitano nell’ombra (che è altra cosa rispetto al perturbante, all’inconscio o all’ombra
di Freud o Jung) condizione umana che accomuna tutti dalla nascita e
che può manifestarsi nelle forme della malattia e del mal di vivere, del
dolore talvolta estremi, quali la depressione, la schizofrenia, la
follia, il desiderio di suicidio.
La terza parte ha per titolo “La dignità salvata”,
la stella del mattino, la speranza, la progettualità che ritorna.
Borgna usa termini che in una società competitiva e aggressiva, dominata
da uno sfrenato consumismo e liberismo, sono decisamente desueti. I
sottocapitoli di questa parte sono: “la gentilezza come forma di vita”,
“la mitezza come apertura all’altro”, “il sorriso e le lacrime”, “il
dicibile e l’indicibile”.
Eugenio Borgna sceglie di concludere il suo saggio con un pensiero di Dietrich Bonhoeffer (da Resistenza e resa, San Paolo, Milano 1988):
“Nessuna vita scorre tanto uniforme e piana che non si scontri con
qualche diga e formi un vortice; o che gli uomini non gettino pietre
sull’acqua chiara; sì, qualcosa capita a ogni uomo, e allora devi far sì
che la tua acqua resti chiara, e che possano specchiarsi cielo e
terra”.
Tonino Sitzia
E' il libro che sto leggendo. E' una risorsa incredibile di idee, pensieri, esperienze, emozioni.
RispondiElimina"Una parola muore appena è detta, dice qualcuno. Io dico che comincia appena a vivere, quel giorno"
Grazie per questo bel commento!
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