L’altro Carnevale
“Udii
tra il sonno i campanacci
Ho
udito un suono di carnevale.!
“I pecurara, i
pecurara!!”
Sono tornati ieri sera, a Mezzojuso, per il secondo anno
consecutivo “i pecurara”.
Erano assenti da 35 anni circa.
Costituivano, assieme ai gruppi mascherati che, guidati dal bastuneri, chiedevano ospitalità nelle
abitazioni in cui si “tinìa sonu” e
alla morte “ru Nannu”, l’altro
Carnevale. Un Carnevale minore rispetto alla grande festa del Mastro di Campo.
I pecorai, pecorai anche nella
vita, nelle ultime sere di Carnevale, di sera, scendevano in paese scorrazzando
per le vie e la piazza. Abbigliati con il tradizionale abbigliamento composto
da vraca, gileccu, birritta, vastuni
e con una serie di campanacci attaccati alla cintola, con il viso annerito di
fuliggine, facevano un rumore assordante.
Da due anni la tradizione è stata
ripresa da un gruppo di giovani, (molti pastori o figli di pastori) in maniera
spontanea, con il passa parola.
E così questo travestimento da
capro, con tutto il simbolismo che evidentemente contiene, sembra essere
risorto.
Che dire? Probabilmente il
bisogno di far festa, quella vera, popolare, dal basso, che non si confonde con
quella propinata e pianificata da “altri”, resiste e non intende confondersi
con quest’ultima.
Ieri sera era un’emozione
continua, durata quasi due ore, vedere sfilare e saltellare più di trenta
pecorai, tra cui una decina di bambini. Il tutto è terminato in piazza mescolandosi
con il prove del Mastro di Campo.
Giuseppe Di Miceli
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