Palermo, piazza S. Domenico
Questa mattina sul sito http://www.leparoleelecose.it ho trovato un pezzo di Marilena Renda dedicato ad una famosa piazza di Palermo. Eccolo:
Piazza San Domenico, Palermo
Quando ci si dirige verso un luogo i
nostri passi non misurano solo la distanza dall’oggetto – la persona, il
cibo, il sentimento – verso cui siamo diretti, ma prima ancora misurano
e assorbono la vita che vortica nelle immediate vicinanze, nelle
traverse e stradine contingenti, prima ancora di arrivare al luogo che
ci interessa. Non che i motivi di attrazione del luogo non contino –
ogni piazza, ogni strada ha il suo punto d’approdo – ma di quante piazze
e strade alla prima occhiata vediamo solo l’aria che rotea e circonda
le persone e le case, come se non sostasse in nessun luogo preciso?
Per anni è stato così che ho guardato
piazza San Domenico a Palermo. Il turista che arriva se la ritrova
improvvisamente a destra, in mezzo al caos di via Roma, mentre cammina
dalla stazione verso il centro della città. È un’apparizione inaspettata
e incongrua; non che le manchino i motivi di bellezza – anche senza
sapere che la chiesa custodisce degli affreschi del Gagini, già solo la
facciata suggerisce che siamo in un posto in cui la luce batte
felicemente e sempre –, e tuttavia l’occhio, nonostante questo accenno
di comprensione, non si ferma, non la contempla che per qualche secondo.
Colpa forse del rumore di fondo – le strade a volte fanno troppo
chiasso, figurarsi a Palermo – ma complessivamente la piazza fa
l’effetto di quelle persone dalla conversazione così poco avvincente che
mentre ci parli ti guardi attorno pensando che forse nei dintorni ci
sono persone più interessanti – e forse è un errore, ma inevitabile,
perché l’occhio segue la mente, e la mente si fa distrarre volentieri.
Da qualche anno in piazza San Domenico
hanno aperto un negozio multipiano; un colosso dalle luci fortissime che
adesso illumina a giorno via Roma. Dieci anni fa, dopo l’orario di
chiusura dei negozi, le prostitute prendevano per strada il posto dei
clienti dei negozi; oggi si fanno vedere di meno. Immagino che le luci
del colosso multipiano le spingano altrove, forse nelle vie laterali in
cerca dell’oscurità perduta. Da quando è possibile salire in cima
all’edificio, però, il visitatore ha la possibilità di guardare la città
in tutte le sue dimensioni a partire da un luogo assolutamente centrale
della città: davanti c’è la piazza, a destra le strade, più avanti il
mercato, anche se poco visibile, in alto le montagne, e più lontano
ancora, ma non tanto da non sentirne la presenza, il mare. Anche qui lo
sguardo si muove in molte direzioni, ma in questo caso è diverso,
stavolta può fermarsi a capire, o almeno possiede tutti gli elementi
utili per la comprensione, basta che non si spaventi della densità
dell’aria e della sua pesantezza sibilante.
Anche qualche amministratore locale deve
averla finalmente vista, questa piazza, nel senso di usare lo sguardo
per farci qualcosa di politico, perché l’ultima volta che sono stata a
Palermo, l’estate scorsa, piazza San Domenico era stata chiusa al
traffico e sottratta al suo triste destino di disordinato parcheggio
abusivo per diventare un’isola pedonale disseminata di panche e cuscini
bianchi. La mafia ha avuto da ridire; c’è stata una contromanifestazione
di cittadini che hanno difeso la decisione del Comune; quando sono
arrivata dei grillini stavano arringando la folla. Li ho ascoltati per
qualche minuto, ma non capivo i riferimenti, non ero sicura di conoscere
le persone di cui parlavano, però ero abbastanza certa che lì ci fosse
un aggancio, una piazzola di sosta sia per lo sguardo che per il corpo, e
mi sono seduta sulle panche ad aspettare che il pomeriggio finisse.
[Questa è la quinta puntata della
rubrica dedicata alle piazze a cura di Adelelmo Ruggieri. In precedenza
erano usciti i testi di Enrico Capodaglio, Franca Mancinelli, Linnio Accorroni ed Eliana Petrizzi].
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