08 febbraio 2014

PAOLO VOLPONI


Ricordando Paolo Volponi

Il 6 febbraio 1924 nasceva a Urbino Paolo Volponi. Lo ricordiamo con un intervento di Alessio Torino, urbinate e autore del romanzo Urbino, Nebraska uscito per minimum fax a settembre 2013. 


I due amici si ritrovarono a fianco appoggiati sul muro della loro città, umido e bagnato come sempre da novembre a marzo: lo stesso muro dell’estate, con i mattoni rotti, i canali di calcina, l’erba murella o la malva e più dispersi i capperi e la mentuccia.

Questa è la descrizione, tratta da La strada per Roma, del muro che sovrasta Piazza del Mercatale, il muro sopra le antiche Stalle Ducali, la cosiddetta Data, a pochi passi dal Teatro di Urbino.
È uno di quei brani che quando leggi i romanzi di Volponi ti spingono a fare un gesto ben preciso – chiudere il libro.
Chiudere il libro non per noia o per fatica, ma perché basta. In tre righe si crea lo stesso effetto che altri libri creano dopo pagine e pagine, magari alla fine. È un senso di completezza – basta così, potresti dire, sono a posto.
Si potrebbero trovare tanti aggettivi e superlativi per esaltare questa descrizione – evocativa, intensa e via dicendo –  ma ne sceglierei uno solo: vasta. Un altro scrittore, uno scrittore ‘normale’, forse si sarebbe limitato a scrivere I due amici si ritrovarono a fianco appoggiati sul muro della loro città. Oppure avrebbe aggiunto qualcosa sul tema del muro, umido e bagnato come sempre da novembre a marzo. Ma quello che succede dal passo successivo, da lo stesso muro dell’estate in poi, è impresa per pochi, insomma è il sentiero non battuto. Il discorso si allarga, si espande: lo stesso muro dell’estate, con i mattoni rotti, i canali di calcina, l’erba murella o la malva. Qua, non c’è solo immaginazione, ma anche conoscenza.
La mente che muove la scrittura non solo immagina quello stesso muro durante l’estate, ma sa che cosa sono i canali di calcina e che differenza c’è tra l’erba murella e la malva – per lo scrittore normale, foglioline indistinte che crescono sui mattoni delle mura. Alla fine della frase, poi, c’è quello che non saprei come definire se non, banalmente, colpo di genio: e più dispersi i capperi e la mentuccia. Prima erano gli occhi del muratore – i canali di calcina tra un mattone e l’altro – e del botanico – la malva – a vedere le cose, ora sono gli occhi di Petrarca: e più dispersi i capperi e la mentuccia. Dispersi è parola che qui diventa poetica grazie al nesso così ardito con i capperi e la mentuccia, nesso che lascia pieno il lettore e sgomento lo scrittore normale – capace, al massimo, di uno ‘sparsi’.
Altri modi per celebrare i novant’anni dalla nascita di Paolo Volponi ce ne sarebbero, ma per intuire la grandezza della sua scrittura, basta leggerne tre righe.
Alessio Torino

 Fonte: http://www.minimaetmoralia.it/wp/paolo-volponi/

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