Il 17 febbraio 1564
moriva a Roma Michelangelo Buonarroti. Aveva 89 anni e stava
lavorando alla «Pietà Rondanini».
Antonio Paolucci
Michelangelo
ultimo giorno
Michelangelo
lascia questo mondo alle 23 del 17 febbraio 1564 a 89 anni non
ancora compiuti. Le ultime ore di lucidità, prima di
ammalarsi, entrare in coma e morire, le dedica alla Pietà che
oggi sta al Castello Sforzesco di Milano e che tutti conoscono
come "Rondanini". La testimonianza è di Daniele da
Volterra, l'allievo che fu presente alla fine del maestro.
Scrivendo a Vasari il 17 marzo 1564, a un mese esatto dalla
morte di Michelangelo, e poi al nipote Leonardo Buonarroti l'11
giugno successivo, scrive: «Egli lavorò tutto il sabato che
fu inanti al lunedì che si ammalò; lavorò tutto il sabato
della domenica di Carnevale e lavorò in piedi studiando sopra
quel corpo della Pietà…».
La casa studio
dell'artista in Macel de' Corvi oggi non esiste più, demolita
alla fine dell'Ottocento negli sventramenti per la costruzione
del Vittoriano. Noi possiamo solo immaginare quella notte di
sabato quando il Carnevale tumultuava al Corso di Roma distante
poche centinaia di metri e il grande vecchio affrontava in
solitudine il suo ultimo duello con l'arte. «In piedi» –
dice Daniele da Volterra – e «studiando». Le due
espressioni non sono scelte a caso. «In piedi» perché il
confronto con l'arte è, appunto, un duello, un indomito
affrontamento; «studiando» a significare che per Michelangelo
l'espressione figurativa è stata sempre, fino all'ultima
vigilia, ricerca, rovello mentale, strenuo sperimentalismo
La prima
registrazione documentata, involontariamente e
inconsapevolmente "critica", della Rondanini, ci
viene da una fonte del tutto imprevedibile. L'autore non è un
artista né uno storico dell'arte ma un oscuro burocrate, un
piccolo funzionario del Tribunale di Roma. Il 19 febbraio 1564,
il giorno dopo la morte, viene stilato l'inventario delle cose
esistenti nello studio dell'artista. Michelangelo era una
celebrità internazionale, le sue opere avevano un altissimo
valore di mercato e questo spiega la sollecitudine delle
autorità. Il funzionario incaricato compila un elenco a uso
legale e quindi veloce e sintetico come avviene in questi casi,
allora come oggi. Ma ecco come l'impiegato in questione
descrive la Rondanini: «Un'altra statua principiata per uno
Christo con un'altra figura di sopra, ataccata insieme,
sbozzata e non finita». L'estensore dell'inventario è così
sommario nella descrizione (e forse così imperito) che non
arriva nemmeno a definire l'iconografia («uno Christo con
un'altra figura di sopra») eppure scrive che quelle figure,
sbozzate e non finite sono «ataccate insieme». Attaccate
insieme: il fulcro poetico della Rondanini sta tutto qui, in
quel corpo di Cristo che si attacca alla Madonna come per
annullarsi in lei, come per rientrare nel grembo materno.
La Rondanini,
singolarità all'epoca più unica che rara, nasce senza
committente e senza destinazione. Sembra che sia esistita e
abbia preso forma soltanto per il suo autore, quale strumento e
specchio di una privata riflessione spirituale e artistica.
Tutte le notizie e i documenti in nostro possesso lo
confermano. Giorgio Vasari che probabilmente la vide a Roma
negli anni fra il 1550 e il '53, durante una sua visita allo
studio dell'artista, la mette in relazione con la «Pietà»
oggi custodita nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze. Così
ne parla: «E tornando a Michelangelo, fu necessario trovare
qualcosa poi di marmo perché e' potessi ogni giorno passar
tempo scalpellando e fu messo un altro pezzo di marmo dove era
stato già bozzato un'altra Pietà, varia da quella (s'intende
la Pietà fiorentina) molto minore».
Il passaggio
non è chiaro. Si capisce tuttavia che Michelangelo nei suoi
anni tardi amava lavorare a una Pietà che aveva già
conosciuto una precedente parziale elaborazione. La frase
vasariana («perché e' potessi ogni giorno passar tempo
scalpellando») fa pensare a una attività privata, svincolata
da una committenza o da una occasione precise, altrimenti lo
storico non avrebbe mancato di segnalarcelo.
Dobbiamo
quindi guardare alla «Pietà Rondanini» come all'opera più
privata e sperimentale di Michelangelo, un'opera alla quale
egli ha lavorato solo per se stesso e che gli è servita per
meditare intorno al tema del rapporto fra il Figlio e la Madre.
È un tema questo che attraversa tutta la vita del Buonarroti.
Dalla giovanile «Pietà» di San Pietro, quella che a Giorgio
Vasari apparve come un miracolo («È un miracolo che un sasso
da principio senza forma alcuna si sia mai ridotto a quella
perfezione che a fatica la natura suol formare nella carne»),
alla «Pietà» fiorentina dove la Madre, nel gesto di
disperato possesso e quasi di fisica compenetrazione col Figlio
morto «si vede sottentrare a quel corpo col petto, colle
braccia e col ginocchio in mirabil atto».
Così il Condivi il
quale mostra di capire, meglio del Vasari, quale era l'idea che
ossessionava Michelangelo negli anni della tarda maturità:
l'idea cioè della Madre che si riappropria del corpo del
Figlio morto quasi a volerlo riportare nel grembo che l'ha
generato. La Rondanini rappresenta il punto di arrivo di questa
meditazione.
Lo possiamo capire
da un disegno dell'Ashmolean Museum di Oxford nel quale
Michelangelo elabora con finitezza maggiore o minore ma con
varianti importanti fra le varie proposte, tre idee. Il tema è
quello del Cristo morto in posizione verticale sostenuto dalla
Madonna. Se esaminiamo le tre idee grafiche pensando alla
Rondanini ci accorgiamo che c'è stato un processo di graduale
avvicinamento.
I tre schizzi
visti in successione testimoniano di un processo di smagrimento
formale e, quasi, di spiritualizzazione. Diminuiscono a poco a
poco l'evidenza e la venustà del corpo di Cristo, sempre di
più la Madre che sostiene diventa la Madre che copre, che
assorbe, che si identifica con il Figlio senza vita. Attraverso
i disegni del l'Ashmolean Museum, la cui datazione più
probabile si colloca nei primi anni Cinquanta del Cinquecento,
l'idea delle due figure «attaccate insieme» prende forma, si
definisce come l'immagine di un obiettivo gradualmente messo a
fuoco.
A questo, alle
due figure «attaccate insieme», pensava e lavorava
l'ottantanovenne Michelangelo nelle ultime ore della sua vita
cosciente.
Il Sole 24 Ore 16
febbraio 2014
Che io ricordi era iol 17 febbraio !
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