“Cogito, ergo sum”,
diceva Cartesio. E questa frase basta a farci capire la sostanziale
non libertà del vivere nell'attuale società informatica. Perchè
nell'assoluta mancanza di pensiero di un mondo che vive alla velocità
di un tweet sta un radicale rifiuto della vita come insieme di atti
consapevoli e dunque di scelte libere. Da qui l'importanza della
filosofia - non tanto come pensiero astratto, ma come elemento di vita
quotidiana e di agire anche collettivo - rivendicata con passione da Nicla Vassallo.
Ernesto
Milanesi
La ricerca
della verità oltre il potere dei "sapienti"
Intervista.
La filosofia nella polis mediatica. Parla la studiosa
italiana Nicla Vassallo
Rimedio
alle trappole della seduzione mediatica,
«perché con la retorica delle ideologie
si finisce per pensare in modo indegno».
Disciplina che permette a tutti la libertà «di
analizzare a fondo il presente grazie ad
uno sguardo pulito e critico». È la filosofia
secondo Nicla Vassallo, cinquant'anni, professore
ordinario di Filosofia teoretica
all'Università di Genova. Specializzatasi
al King's College London, si è dedicata alla
ricerca nei settori dell'epistemologia, della
filosofia della conoscenza, della
metafisica e dei gender studies. Nel
2011 ha vinto il premio di filosofia Viaggio
a Siracusa. Ha pubblicato e curato oltre un
centinaio di saggi e volumi, fra cui Filosofia
delle donne (con Pieranna Garavaso, Laterza,
2007), Per sentito dire (Feltrinelli, 2011),
Reason and rationality (Ontos Verlag,
2012).
«È sempre
conveniente dare per morta la filosofia,
in una società, in cui conoscenza e ragione vengono
sottovalutate, se non addirittura
minate — sostiene Vassallo — Dov'è finito l'amore
per la sapienza e il sapere? Dove sono finite le buone
argomentazioni? In luoghi
inaccessibili a più, abitati da poche
élite intellettuali, che rifiutano
l'imbarbarimento. Oggi, a danno della nostra cittadinanza
e umanità, insulti e volgarità dominano,
mentre vengono disprezzate la libertà di
pensiero e d'espressione, libertà che non
equivalgono a 'penso ciò che voglio' e 'dico ciò
che voglio', bensì a 'penso sulla base di buone ragioni' e
sempre 'sulla base di buone ragioni mi esprimo'. Come
reagire? Con la buona filosofia per
analizzare il presente grazie a
concetti chiari, per far emergere i nostri errori,
per uscire dalle trappole in cui si è precipitati».
Riflettere
con filosofia rappresenta anche un
antidoto alle «ideologie» della politica
sempre più flebile?
Nel nostro
paese, e non solo, manca la dimensione della polis,
dimensione essenziale per la politica
onesta. Basti osservare i contenuti
stentati dei comportamenti e del
linguaggio della maggioranza dei nostri
cosiddetti rappresentanti, soggiogati
dalla mania del potere individualista e
dispotico. Quando si fa politica nella
convinzione che occorra stregare i
cittadini con ideologie fabbricate
ad hoc, quando pure valori falsati vengono
impiegati per catturare consensi, il
risultato non può non consistere in una
durevole corruzione delle menti. O, meglio,
in un'allucinazione di cui si è al contempo
protagonisti e vittime. La
filosofia, purché – ripeto — buona
filosofia, costituisce un ottimo
antidoto, se non fosse altro nel rimarcare il
significato della verità.
Ha appena
pubblicato con la casa editrice Mimesis
«Orlando in ordine sparso», raccolta di versi che
spazia in un arco di tempo che va dal 1983 al 2013.
Perché la poesia? È l'altra faccia della
medaglia del «lavoro» filosofico?
Filosofia
e poesia devono rimanere attività distinte.
Mentre in filosofia occorre chiedersi
«cos'è la verità?» e «cos'è la conoscenza?»,
queste domande non appartengono al poetare.
Per di più, in poesia è possibile
esprimere la propria soggettività;
la filosofia aspira invece all'oggettività, senza
cadere in quei rovinosi relativismi, che
hanno obnubilato i diritti e doveri di troppi. Se
la vita del poeta emerge spesso nei suoi versi, il filosofo
deve invece ignorare l'autobiografia, la propria
storia personale, la propria
appartenenza sessuale, di genere, di classe
sociale, politica, religiosa, e così via. Detto
ciò, Orlando in ordine sparso rimane un omaggio
all'«Orlando» di Virginia Woolf, ove, tra
l'altro, viene sottolineato il problema
dell'identità personale, problema che la
filosofia affronta da sempre, insieme a
quello, insisto, della conoscenza:
aristotelicamente parlando,
quando non aspiriamo a conoscere, cessiamo di
appartenere agli esseri umani.
Dal Festival
di Modena alle «lezioni» fuori dal recinto accademico:
la filosofia ritorna ad appassionare le
nuove generazioni?
Nonostante
la loro moltiplicazione e, a tratti,
banalizzazione, alcuni luoghi
garantiscono un alto livello della divulgazione.
Questo perché lì le lezioni magistrali
vengono affidate a intellettuali retti,
con un'importante preparazione
specialistica, senza cui la buona
divulgazione sarebbe impossibile.
Le nuove
generazioni accorrono, con la loro sete di
conoscenza, sete tradita non solo dai tanti social
network, ma anche da decenni di disinformazione,
incoscienza, oscurantismo che i giovani
intelligenti ora rifiutano con risolutezza.
Evitano così i pseudo-intellettuali dilettanti,
narcisi che indottrinano, che parlano
senza sapere, in modo incomprensibile. La
buona filosofia appassiona quei giovani
che mirano a pensare in modo virtuoso, senza
ideologie, filosofie ideologiste
e populiste incluse. Con le ideologie di
qualsiasi matrice si pensa in modo indegno.
Lei mantiene
anche un punto di vista differente rispetto alla
filosofia femminista italiana.
Perché?
Perché è
filosofia, per l'appunto, ideologica
nell'assumere che esistano differenze
significative tra i due sessi (femmina e
maschio) e tra i due generi (donna e uomo). Tocca alla
scienza, non alla filosofia, stabilire
la realtà e portata di queste differenze,
biologiche e cognitive, sempre che
i sessi e i generi siano solo due. Per di più, l'idea che
si dia un'essenza femminile e un'essenza maschile
non produce alcunché di positivo: un
pregiudizio genera solo altri pregiudizi
portatori di inciviltà. Così il nostro
paese continuerà a rimanere maschilista,
come attesta il Global Gender Gap 2012 che lo
classifica all'80/mo posto, preceduto
per esempio da Cipro, Perù, Botswana, Brunei,
Honduras, Repubblica Ceca, Kenya, Repubblica
Slovacca e dalla Cina al 69/mo posto.
Senza poi
rammentare il fatto che decretare l'esistenza
di due sessi e due generi tra loro differenti crea
il «giusto» humus per avallare l'assoluta,
benché assurda, complementarietà
tra donna/femmina e maschio/uomo, per fomentare,
quindi, eterosessismo e omofobia,
e negare senza ragione il diritto ai matrimoni
same-sex. E, infine, la ricchezza dell'identità
personale ne esce distrutta. Ognuno di noi è
unico; nessuno si riduce insipidamente a
una femmina/donna o a un maschio/uomo. Ha perduto il
proprio sé chi si ostina a pensare e agire solo
da femmina/donna o da maschio/uomo.
il manifesto | 04
Febbraio 2014
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