Foto di Pino Di Miceli
Pubblico con particolare piacere le bellissime foto e il testo del caro amico Pino di Mezzojuso che ricorda una delle manifestazioni più partecipate e belle di tutti i tempi, preparata con tanta cura a forza da Pio La Torre.
Come ben sai, caro Pino, a quella marcia c'ero anch'io, con mia moglie e la mia primogenita a cui, non a caso, avevamo dato il nome di IRENE! Partecipò infatti anche lei, la piccola Irene con il suo passeggino, alla marcia. E qualche giorno, se riesco a trovare la foto, la pubblicherò...
Franco Virga
NOI C’ERAVAMO
di Pino Di Miceli
Noi c’eravamo a Comiso il 4
aprile 1982. Domenica delle Palme. Eravamo più di 50 mezzojusari sul pullman
inviato dai sindacati confederali, ma pagato al 50% da noi in una colletta che
voleva essere anche una scelta d’impegno. Oltre a noi, partiti in pullman,
altri amici e compagni erano arrivati in auto. In tutto eravamo più di
settanta.
Ci si era preparati a puntino.
Avevamo scelto come centro logistico l’oratorio della Anime Sante. Lì, usando
come base per non sporcare il pavimento un telone di cerata colore arancio,
messo a disposizione dal parco Giochi Robinson, avevamo allestito il grande
striscione bianco - donatoci dal negozio Russotto - con la scritta “Mezzojuso per la pace”, dipinta da
Nicola Figlia che aveva abbellito il tutto con la stilizzazione di alcune
colombe di picassiana memoria. Nicola Figlia aveva anche ingrandito per
l’occasione alcune vignette da impiegare a mo’ di tazebao per la sfilata.
C’erano state altre iniziative
già dall’autunno, ma quella di aprile fu la più grande. E così ci ritrovammo in
tanti, al di là della militanza partitica: c’erano iscritti al Pci e al Psi, la
sinistra democristiana, le Acli, molti giovani dei gruppi parrocchiali e tanti
amici con cui avevamo condiviso diverse iniziative. Dalla mobilitazione in
occasione del varo della legge 285 sull’occupazione giovanile (con un capillare
lavoro di informazione e un radicale azzeramento delle rappresentanze sindacali
all’interno dell’ufficio di collocamento locale), alla mobilitazione in occasione
del terremoto in Irpinia del 1980, al grande happening del Mastro di Campo del
1981. Una “società civile” di fatto, senza etichette: amicizie nate sul campo
di battaglie di civiltà.
E così la mattina del 4 aprile si
partì. L’arrivo a Comiso ci sorprese per una sorta di diversità di umori tra
noi e la popolazione locale: una base americana, in fin dei conti, poteva dire
per i comisani un bel gruzzolo di introiti. Ci guardavano con indifferenza, se
non diffidenza. Mentre sui tetti di alcuni palazzi e sulle colline lontane
facevano mostra scritte anti-missili.
Ci accampammo in un’area alberata
per uno spuntino al sacco. Diciamo al sacco, ma le teglie di pasta al forno
erano impressionanti. Poi ci incamminammo.
Il corteo si ingrossava sempre di
più. Incontrammo gli altri mezzojusari arrivati in auto. Ci organizzammo. Il
nostro gruppo era aperto dai tre tazebao di Nicola Figlia, seguiva lo
striscione e poi noi tutti. Accompagnati da due chitarre, sciorinavamo tutte le
possibile canzoni antimilitaristiche che conoscevamo, alcune anche in un delirante
inglese. Ai nostri fianchi avevamo alcuni amici più anziani che spesso
invitavamo a non farsi distrarre dalla qualità del “lavuri”. Dietro avevamo un
gruppo che aveva iniziato a scandire slogan farciti da qualche bestemmia. Poi
capirono… e cambiarono registro.
Durante la sfilata fummo
sorpassati da un’auto della Rai con telecamera accesa. Gridammo a gran voce: “Ditelo che siamo in tanti! Ditelo che siamo
100.000!”
Arrivammo alla fine nel grande
spiazzo per i discorsi finali. Sul palco, tra gli altri, spiccavano Domenico Rosati delle Acli e Pio La
Torre. Al tramonto ammainammo tutto e
raggiungemmo il pullman: la strada del ritorno era lunga.
L’indomani all’opera. In un
incontro fu deciso all’unanimità di aderire alla raccolta delle firme contro
l’installazione dei missili a Comiso. C’era una scadenza: fine aprile. Ci demmo
un obiettivo: 1.000 firme a Mezzojuso.
La sera del 29 aprile ne avevamo
più di 1.050. L’indomani in pochi scendemmo a Palermo per consegnare le firme.
Il centro raccolta era presso la redazione de L’Ora, in via Mariano Stabile.
Salendo le scale notammo troppa confusione: gente che si rincorreva,
agitazione, grida. Chiedemmo spiegazioni e Guido Valdini quasi in lacrime ci
informò: avevano sparato a Pio La
Torre e al suo autista.
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