08 maggio 2014

MESSAGGI IN BOTTIGLIA DA AMICI SPAGNOLI







Un suggerimento
Almudena Grandes
El País, 5 maggio 2014

Spesso apprezziamo le cose solo quando le perdiamo. In piena crisi di tutti i sistemi, con tagli selvaggi nei pubblici servizi, posti di lavoro d’infima qualità e giovani senza futuro, i sindacati hanno festeggiato ancora una volta il 1º maggio. Affrontando una campagna di discredito di cui non s’intravede la fine, addossandosi gli errori che sono loro costati il favore di molti cittadini e la quota loro spettante di disaffezione generale verso le istituzioni, ancora una volta hanno tirato fuori in strada le proprie bandiere.
La loro tenacia è ammirevole, ma le vecchie formule che si ripetono anno dopo anno sembrano sempre più inefficaci, forse perché ci troviamo in una situazione che non abbiamo mai vissuto prima. Le manifestazioni di forza, gli scioperi, i boicottaggi, nacquero come armi potenti contro gli abusi del capitalismo tradizionale, basato sulla proprietà dei mezzi di produzione, ma ora l’economia produttiva non è la più importante. Sono stati gli abusi dell’economia speculativa a rovinarci, e se i sindacati non sviluppano strumenti efficaci per moderarne gli eccessi, arriverà un 1º maggio senza bandiere per strada.
Non mi piacerebbe vederlo, né assistere al momento in cui la gente che adesso li denigra, comincerà a sentirne la mancanza. Perciò mi azzarderò a dare un suggerimento. Perché non cambiare il senso della lotta e proporre un altro tipo di scioperi? In una società come la nostra, quelli dei consumi, ad esempio, potrebbero avere un impatto maggiore di quelli tradizionali. Per provocare un collasso rivendicativo in tutto il paese, non sarebbe più efficace fissare un giorno della settimana per non fare benzina o non pagare con carte di credito? Nessuno meglio dei sindacati potrebbe sostenere una campagna del genere. E magari nel migliore dei casi sbaglio, ma nel peggiore l’immobilità sfocerà in una paralisi permanente. Auguriamoci di no.
Almudena Grandes

Fonte

Dalla Spagna Almudena Grandes mette il dito nella piaga. La stessa, sembra, di tanti altri paesi. Sicuramente, dell’Europa. La rappresentatività, la disaffezione, la deriva qualunquista, che investono istituzioni non certo graziosamente elargite dagli antagonisti storici di sempre.
È difficile abbandonare i dogmi e le liturgie rassicuranti, ma le lacrime e il sangue che sono costati i diritti universali dei lavoratori – e, in tutte le possibili attività, dei sempre più numerosi aspiranti tali (quelli che l’hanno perduto, il lavoro, o non l’hanno ancora mai avuto) – impongono riflessione e rinnovamento. Il Vecchio Continente fu guida, modello, meta ed oasi sin dai tempi del famoso fantasma che si aggirava entro i suoi confini. Lo è tuttora? Studiamo, dunque, perché abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Forse senza accorgersene, la scrittrice spagnola prende in mano il testimone gramsciano. E certo non possiamo non pensare al primo sciopero alla rovescia di Danilo Dolci (1956) e a tutti gli altri più o meno somiglianti.
Almudena Grandes rivendica la sua appartenenza alla sinistra critica spagnola ed è tra i sostenitori più convinti del dibattito sulla storia recente del suo paese, a partire dalla guerra (in)civile (1936-1939) che fa da sfondo ai suoi tre ultimi libri e agli altri tre già prospettati. Si tratta di un ambizioso progetto narrativo scandito in sei Episodi di una guerra interminabile: titolo complessivo in cui è evidente l’allusione agli Episodios nacionales del classico Benito Pérez Galdós (1843-1920). La scrittrice è perciò tra quanti difendono i diritti ancora non riconosciuti dei vinti in quella guerra e dei loro familiari, e lottano per una politica della “memoria” che diradi il velo nebbioso di oblio che forzosamente ricopre tutt’oggi i crimini di una dittatura, il franchismo, durata quarant’anni, e per giunta a quasi altri quaranta dalla morte del Caudillo [Duce] Francisco Franco (1975).
Almudena Grandes è tradotta in Italia dall’editore Guanda: Le età di Lulù (1990), Ti chiamerò Venerdì (1991), Malena: un nome di tango (1995), Atlante di geografia umana (2001), Gli anni difficili (2003), Troppo amore (2004), Cuore di ghiaccio (2008), Inés e l’allegria. Episodi di una guerra interminabile I (2011), Il ragazzo che leggeva Verne. Episodi di una guerra interminabile II (2012). Il suo ultimo libro, non ancora tradotto, è: Las tres bodas de Manolita. Episodios de una guerra interminable III [Le tre nozze di Manolita. Episodi di una guerra interminabile III (2014).
È collaboratrice fissa di El País, su cui scrive una columna [articolo di fondo] tutti i lunedì.
[nm]

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