Un suggerimento
Almudena Grandes
El País, 5 maggio 2014
Spesso apprezziamo le cose solo quando le perdiamo. In
piena crisi di tutti i sistemi, con tagli selvaggi nei pubblici servizi, posti
di lavoro d’infima qualità e giovani senza futuro, i sindacati hanno
festeggiato ancora una volta il 1º maggio. Affrontando una campagna di discredito
di cui non s’intravede la fine, addossandosi gli errori che sono loro costati
il favore di molti cittadini e la quota loro spettante di disaffezione generale
verso le istituzioni, ancora una volta hanno tirato fuori in strada le proprie
bandiere.
La loro tenacia è ammirevole, ma le vecchie formule che
si ripetono anno dopo anno sembrano sempre più inefficaci, forse perché ci
troviamo in una situazione che non abbiamo mai vissuto prima. Le manifestazioni
di forza, gli scioperi, i boicottaggi, nacquero come armi potenti contro gli
abusi del capitalismo tradizionale, basato sulla proprietà dei mezzi di
produzione, ma ora l’economia produttiva non è la più importante. Sono stati
gli abusi dell’economia speculativa a rovinarci, e se i sindacati non
sviluppano strumenti efficaci per moderarne gli eccessi, arriverà un 1º maggio
senza bandiere per strada.
Non mi piacerebbe vederlo, né assistere al momento in cui
la gente che adesso li denigra, comincerà a sentirne la mancanza. Perciò mi
azzarderò a dare un suggerimento. Perché non cambiare il senso della lotta e
proporre un altro tipo di scioperi? In una società come la nostra, quelli dei
consumi, ad esempio, potrebbero avere un impatto maggiore di quelli
tradizionali. Per provocare un collasso rivendicativo in tutto il paese, non
sarebbe più efficace fissare un giorno della settimana per non fare benzina o
non pagare con carte di credito? Nessuno meglio dei sindacati potrebbe sostenere
una campagna del genere. E magari nel migliore dei casi sbaglio, ma nel
peggiore l’immobilità sfocerà in una paralisi permanente. Auguriamoci di no.
Almudena Grandes
Fonte
Dalla Spagna Almudena Grandes mette il dito nella piaga.
La stessa, sembra, di tanti altri paesi. Sicuramente, dell’Europa. La
rappresentatività, la disaffezione, la deriva qualunquista, che investono istituzioni
non certo graziosamente elargite dagli antagonisti storici di sempre.
È difficile abbandonare i dogmi e le liturgie
rassicuranti, ma le lacrime e il sangue che sono costati i diritti universali
dei lavoratori – e, in tutte le possibili attività, dei sempre più numerosi
aspiranti tali (quelli che l’hanno perduto, il lavoro, o non l’hanno ancora mai
avuto) – impongono riflessione e rinnovamento. Il Vecchio Continente fu guida,
modello, meta ed oasi sin dai tempi del famoso fantasma che si aggirava entro i
suoi confini. Lo è tuttora? Studiamo, dunque, perché abbiamo bisogno di tutta
la nostra intelligenza. Forse senza accorgersene, la scrittrice spagnola prende
in mano il testimone gramsciano. E certo non possiamo non pensare al primo
sciopero alla rovescia di Danilo Dolci (1956) e a tutti gli altri più o meno somiglianti.
Almudena Grandes rivendica la sua appartenenza alla
sinistra critica spagnola ed è tra i sostenitori più convinti del dibattito
sulla storia recente del suo paese, a partire dalla guerra (in)civile (1936-1939)
che fa da sfondo ai suoi tre ultimi libri e agli altri tre già prospettati. Si
tratta di un ambizioso progetto narrativo scandito in sei Episodi di una guerra interminabile: titolo complessivo in cui è
evidente l’allusione agli Episodios
nacionales del classico Benito Pérez Galdós (1843-1920). La scrittrice è perciò
tra quanti difendono i diritti ancora non riconosciuti dei vinti in quella
guerra e dei loro familiari, e lottano per una politica della “memoria” che
diradi il velo nebbioso di oblio che forzosamente ricopre tutt’oggi i crimini di
una dittatura, il franchismo, durata quarant’anni, e per giunta a quasi altri
quaranta dalla morte del Caudillo
[Duce] Francisco Franco (1975).
Almudena Grandes è tradotta in Italia dall’editore
Guanda: Le età di Lulù (1990), Ti chiamerò Venerdì (1991), Malena: un nome di tango (1995), Atlante di geografia umana (2001), Gli anni difficili (2003), Troppo amore (2004), Cuore di ghiaccio (2008), Inés e l’allegria. Episodi di una guerra
interminabile I (2011), Il ragazzo
che leggeva Verne. Episodi di una guerra interminabile II (2012). Il suo
ultimo libro, non ancora tradotto, è: Las
tres bodas de Manolita. Episodios de una guerra interminable III [Le tre
nozze di Manolita. Episodi di una guerra interminabile III (2014).
È collaboratrice fissa di El País, su cui scrive una columna
[articolo di fondo] tutti i lunedì.
[nm]
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