21 maggio 2014

PER MIGUEL HERNANDEZ







Miguel Hernández è stato a marzo protagonista di una memorabile conferenza di Miguel Ángel Cuevas (Università di Siviglia), promossa a Marsala dalla locale Associazione Sancho Panza.

Versi del poeta saranno riproposti a luglio nell’ormai tradizionale “lettura bilingue” di autori ispanofoni che viene inserita nei corsi di spagnolo organizzati, sempre a Marsala, dalla stessa Associazione. Quest’anno la lettura sarà dedicata alla memoria di José Luis Sagüés (Università Complutense di Madrid), tra i fondatori e i più convinti sostenitori della “Sancho Panza”.



Per la traduzione della seconda cronaca ci si è avvalsi della consulenza generosa dell’amico Eugenio Primerano, dell’Ordine degli Avvocati di Valenza, il quale tiene a sottolineare che il Tribunale Supremo spagnolo «non è una vera e propria Cassazione all'italiana o alla francese e nemmeno una Corte Suprema statunitense» e che il «Ricorso di Tutela Costituzionale, è uno strumento giuridico che in Italia non esiste; in Italia possono adire alla Corte Costituzionale le parti o il giudice solo nel corso di un procedimento ed avverso una legge o atto equiparato, oltre ad altri tipi di atti normativi, ma mai avverso ad una sentenza, ordinanza o quant’altro di natura giudiziale; in Spagna, il Recurso de Amparo è uno strumento in mano al cittadino, uno qualunque, per la difesa di un suo diritto riconosciuto e tutelato dalla Costituzione e che egli ritenga violato da un qualsiasi atto, compresa una sentenza.»



[nicolò messina]




Un altro scrittore giudicò e condannò Miguel Hernández


Ezequiel Moltó
Alicante

El País, 12 maggio 2014

La condanna di uno dei poeti spagnoli più universali, Miguel Hernández (Orihuela, 1910-Alicante, 1942), fu firmata da un giudice che, prima di vincere il concorso della magistratura, era stato un rinomato scrittore umoristico, autore di racconti pubblicati in diversi organi di stampa. Manuel Martínez Gargallo li firmava come Manuel Lázaro. Lo ha accertato e dimostrato Juan Antonio Ríos, ordinario di Lingua e Letteratura Spagnola all’Università di Alicante, dopo essersi immerso nella stampa del tempo per approfondire l’identità di questo umorista che negli anni del franchismo condannò decine di giornalisti e disegnatori umoristici.

«Sulla condanna di Miguel Hernández si è scritto tanto, ma nessuno si era interrogato sull’identità della persona che l’aveva inflitta», spiega questo docente che pubblicherà fra breve i risultati della sua ricerca su una rivista specialistica statunitense. Martínez Gargallo fu un collaboratore abituale delle pubblicazioni umoristiche, finché nel marzo 1931 non vinse un concorso e ad appena 26 anni non ottenne un posto di giudice a Murias de Paredes, un paese della provincia di León. «Il paradosso è che prima era stato un buon umorista e poi fu capace di condannare persino il caricaturista che aveva illustrato parte dei suoi racconti», afferma Ríos.

Le narrazioni umoristiche di Manuel Lázaro ebbero molti fedeli lettori e raggiunsero certa fama per «acume e ingegno», secondo Ríos, per il quale lo stile della prosa dello scrittore sarebbe paragonabile a quello di altri come Enrique Jardiel [Madrid, 1901-1952, scrittore e drammaturgo tendente al gusto dell’assurdo]. Il docente dell’Università di Alicante spiega che i racconti di Lázaro uscivano periodicamente su pubblicazioni quali Buen Humor, Cosmópolis, Ondas, Gutiérrez, Blanco y Negro, Nuevo Mundo, Cinegramas o il giornale ABC.

La critica lo collocò tra i membri dell’ “altra generazione del 27”, tra cui figuravano anche, fra gli altri, Enrique Jardiel Poncela, Rafael Sánchez Matas o César González Ruano. La produzione letteraria di Martínez Gargallo inizia negli anni Venti e, dopo la sua nomina a magistrato, El Heraldo de Aragón pubblicò una nota rivelatrice: «Manuel Lázaro, fine umorista, è lo pseudonimo di un sagace laureato in Giurisprudenza che rispondeva al nome di Manuel Martínez Gargallo». Non si trattava di un segreto, ma nessuno si era soffermato a smascherare il boia del poeta di Orihuela.

Stando all’indagine di Ríos, nella primavera del 1939 il magistrato passò dalla parte dei nacionales [così si autodefinivano i militari sollevatisi il 18 luglio 1936 contro il legittimo governo della Repubblica], una volta conclusa la Guerra Civile, e fu poi il giudice istruttore di decine di condanne a carico di giornalisti, scrittori, umoristi o fotografi, in qualità di titolare del Tribunale Speciale per la Stampa. «I particolari del processo di Miguel Hernández erano noti, ma non il dettaglio del personaggio che inflisse la pena al poeta oriolano», assicura Ríos, secondo il quale il giudice e il poeta non si sarebbero incontrati a Madrid prima del 1936, giacché «i loro mondi erano antitetici». Ciò nonostante, il docente conclude che il magistrato ebbe «coscienza piena e sapeva perfettamente chi era Miguel Hernández, quando emise il verdetto di condanna».

El Heraldo pubblicò il 1º maggio 1930: «Manuel Lázaro bilancia la sua prosa con il suo ingegno e il suo acume, ma quando riapparve Manuel Martínez Gargallo, il collaboratore di tante riviste e antologista dei suoi stessi colleghi si trasformò in fustigatore di eretici, molti dei quali conoscenti o sodali». Da giudice, non gli tremò il polso a condannare suoi ex-colleghi di professione, addirittura in qualche caso «fu capace di trasformare una pena iniziale a 12 anni in un’altra a morte». Il fatto è, sottolinea il docente dell’Università di Alicante, che «l’inquadramento dei reati nei diversi articoli del Codice di Giustizia Militare consentiva qualsiasi arbitrarietà senza rischi di ricusazione».


Una sentenza che è arrivata alla Corte Costituzionale


Ezequiel Moltó
Alicante

El País, 12 maggio 2014

La condanna a morte del poeta Miguel Hernández fu ingiusta e il suo processo pieno zeppo di irregolarità, a detta dei familiari dello scrittore, morto in un carcere di Alicante nel 1942, e della Commissione Civica per il Recupero della Memoria Storica di Alicante. La famiglia di Miguel Hernández iniziò nel 2010 una crociata per far annullare da un tribunale democratico la sentenza del consiglio di guerra franchista che aveva condannato a morte il poeta nel 1940. Franco gli aveva commutato la pena in 30 anni di reclusione, per evitare di trasformarlo in un altro Lorca, ma nel 1942 Miguel Hernández era morto in conseguenza delle dure condizioni di prigionia. I suoi discendenti si rivolsero al Tribunale Supremo affinché fosse chiarito che quel 28 marzo 1942 era morto un uomo «innocente», per dirla con parole della nuora Lucía Izquierdo.

La Sezione Militare del Tribunale Supremo, un anno dopo, nel febbraio 2011, denegò la revisione della condanna a morte del poeta, respingendo la richiesta della famiglia di ricorso straordinario avverso la sentenza emessa il 18 gennaio 1940 dal Consiglio Permanente di Guerra n. 5 di Madrid a carico di Miguel Hernández, imputato di un reato di Adesione alla Rivolta previsto dall’art. 238.2º del Codice di Giustizia Militare del 1890.

La Sezione denegò l’interposizione del ricorso per infondatezza, «secondo le disposizioni della legge della Memoria Storica», dato che tale condanna per motivi politici e ideologici è stata riconosciuta da questa legge radicalmente ingiusta e dichiarata illegittima per vizi di forma e di sostanza, in quanto priva oggi di vigenza giuridica.

I familiari non si dettero per vinti e si appellarono alla Corte Costituzionale per prospettare la nullità della condanna a morte del poeta del 1940. Secondo le informazioni fornite dalla Commissione Civica per il Recupero della Memoria Storica di Alicante, l’Alta Corte in un atto del 26 settembre 2012 non accolse neppure l’inoltro del Ricorso di Tutela Costituzionale presentato dalla famiglia di Miguel Hernández, in cui si richiedeva l’incostituzionalità della decisione del Tribunale Supremo con la quale si rigettava l’istanza di revisione della sentenza che nel 1940, a seguito di un processo sommario e senza garanzie di sorta, aveva sancito la condanna a morte dell’immortale poeta.

L’avvocato della famiglia, Carlos Candela, lamentò in quell’occasione che la Corte «non avesse esaminato a fondo il ricorso» e in poche frasi si fosse limitata a «manifestare – affermò testualmente – l’inesistenza della violazione di un diritto fondamentale salvaguardabile con la tutela costituzionale».



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1 commento:

  1. Vi invito a cercare, tramite il motore di ricerca interno al blog, gli altri pezzi che abbiamo dedicato quest'anno al grande poeta spagnolo.

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