27 maggio 2014

LA VITA DI MARGUERITE DURAS





In una biografia di Sandra Petrignani da poco in libreria la vita tempestosa di Marguerite Duras.

Pierluigi Battista

Nevrotica, bollente, unica Duras
La vita di Marguerite Duras è stata tempestosa, appassionata, segnata dall’eccesso. Raccontarla è impresa spericolata. Un impegno che però si è sobbarcato Sandra Petrignani, che con questo Marguerite (Neri Pozza) ha restituito nella sua pienezza letteraria ma soprattutto esistenziale la figura di una scrittrice che è stata un pilastro del mondo intellettuale francese del dopoguerra. 

Una presenza irregolare e mercuriale, un uragano di idee e di emozioni che hanno fatto irruzione nella vita di uomini condannati a perdere la testa per la Duras, di cineasti e scrittori che sono stati travolti da collaborazioni impossibili, di una madre complicata che non le ha mai perdonato di averla maltrattata nelle pagine di un romanzo, sminuendo l’eroismo di una donna restata vedova e costretta a resistere alla forza di un destino ingrato e di un oceano, il Pacifico, inarginabile.

Come sa chi ha letto L’amante o visto il film che Jean-Jacques Annaud ne ha ricavato, Marguerite Duras ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in Indocina, dal Vietnam alla Cambogia, portata da vicende familiari molto complesse e che comunque hanno depositato nella sua vita il senso di uno spaesamento mai più recuperato anche dopo decenni di «stanzialità» a Parigi.

L’avventura della sua vita, raccontata dalla Petrignani in un romanzo che non esita a inserire i dettagli biografici della Duras nella cornice narrativa di un’emotività nevrotica e ribollente di colpi di scena e colpi di testa, fu anche il tentativo disperato e mai raggiunto di trovare un’àncora di salvezza e di stabilità. Tentativo frustrato nella letteratura, inseguendo un ideale di purezza che mise la Duras in conflitto con editori, recensori, registi che volevano tradurre sullo schermo le sue opere o collaborare con la scrittrice per imprese ardue, di difficilissima collocazione nel mercato. Tentativo frustrato nella sua vita sentimentale, burrascosa e volubile, e in quella sessuale, bulimica, furiosa, errabonda, traditrice.

Tentativo frustrato nella politica. La Duras entrò nella Resistenza tardivamente, dopo aver accettato una posizione di acquiescenza durante l’occupazione nazista. Avrebbe potuto salvarla la militanza nella sinistra. Ma una libertaria indomabile e irriducibile come lei, che pure cercava nel Partito comunista quella che Sandra Petrignani chiama «una comunità zattera», non poteva respirare nell’atmosfera del Pcf della fine degli anni Quaranta, un partito «contro i “pederasti”, contro l’esistenzialismo, contro tutto ciò che nei comportamenti individuali minaccia la serietà, la centralità della famiglia. È contro per principio a quel che viene dall’America».

E perciò la Duras, insieme ai suoi amici e amanti più cari, venne accusata dal partito di ogni nefandezza, compresa l’«assiduità in locali notturni ove regna la corruzione politica, intellettuale e morale e si esibisce una nemica del popolo come Juliette Gréco», e infine radiata, costretta a lasciare quella comunità.

Marguerite Duras non voleva accettare compromessi, limitazioni, regole dettate dal buonsenso. Sandra Petrignani ci descrive una figura fragilissima ma dispotica, assediata dall’alcol ma sempre all’erta per restare lucida e non cedere al conformismo nemmeno un millimetro della sua esistenza. Una donna che sapeva distruggere relazioni con un autolesionismo patologico. Che conduceva una sua personale guerra con l’establishment culturale della Francia perbenista e accomodante, anche a costo di mettere in pericolo collaborazioni, progetti, sceneggiature, sicurezze editoriali.

La Duras ha contato moltissimo nella vita culturale della Francia e dell’Europa, ma avrebbe potuto contare ancora di più se anche gli ambienti aperti e sofisticati dell’intellighentsjia non fossero stati intossicati da un convenzionale ossequio alle regole della superiorità maschile, arbitrarie e decisamente immeritate. Un’intellettuale vulcanica che ha scritto molto. Alcuni romanzi bellissimi, altri più segnati da un’ostinazione sperimentale che voleva essere una sfida al senso comune ma che qualche volta finiva per umiliare anche il lettore.

La Petrignani racconta bene il senso di un’ingiustizia, lo stato di minorità che la vicenda della Duras ancora soffre se confrontata con la fama di altri scrittori e filosofi suoi contemporanei di talento inferiore eppure premiati oltre misura. Non è un risarcimento postumo, ma la ricostruzione di un percorso esistenziale accidentato eppure affascinante, atipico, non rinchiuso nelle poche certezze di una vita borghese di routine anche se baciata dal successo letterario e dalle mitologie nate nei caffè e nei bistrot della rive gauche. Il romanzo di una vita, di una vita difficile e tumultuosa. E proprio per questo sempre eccessiva, nel bene come nel male.

Il Corriere della sera – 26 maggio 2014

Sandra Petrignani
Marguerite
Neri Pozza, 2014

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