07 maggio 2014

UNA MOSTRA SU MUSSOLINI SOCIALISTA



Una mostra ricca di documenti d’archivio nella casa restaurata. Esposte le carte sugli anni socialisti di Mussolini. Lo scopo? Liberare finalmente Predappio dalla colpa di aver dato i natali al fascismo
Vittorio Emiliani

Il giovane Mussolini

È trascorso ormai un secolo dalla prima guerra mondiale che lacerò profondamente il movimento operaio e socialista internazionale fra neutralismo pacifista e interventismo dalle varie connotazioni (democratico, rivoluzionario, nazionalista), eppure le riflessioni storiche continuano, utilmente. Per approfondire le ragioni strutturali di quel conflitto che, al di là delle varie interpretazioni, cambierà in modo diverso ma radicale l’Europa. In Italia e in Germania la profondissima crisi della prima democrazia a suffragio universale maschile sarebbe sfociata a destra anziché a sinistra.

L’occasione della guerra viene cavalcata con esiti opposti da Lenin in Russia e da Mussolini in Italia, quest’ultimo partito da posizioni sovversive. E «Il giovane Mussolini» è il tema di una bella, documentata mostra che il Comune di Predappio (amministrato prima e dopo il fascismo dalle sinistre) ha organizzato nella casa natale del futuro duce acquistata e restaurata dall’amministrazione locale. Per il sindaco Giorgio Frassineti e per l’assessore alla cultura, Francesco Billi, essa rappresenta un punto di partenza. Il suo scopo? Liberare finalmente un Comune democratico e progressista «dalla colpa di aver dato i natali a Mussolini e quindi al fascismo» (che invero nasce a Milano, finanziato largamente dalla grande industria, dalla finanza e dalla banca, nonché dall’agraria padana).

Mostra resa particolarmente interessante dalla ricca documentazione d’archivio del collezionista e ricercatore Franco Moschi (la cui preziosa collaborazione, mi auguro, proseguirà col Comune), curatore dell’esposizione con lo storico e docente universitario Mauro Ridolfi. Del giovane Mussolini, socialista e rivoluzionario, tesserato al Psi fra 1901 e 1914, lo storico Roberto Balzani sbozza subito nell’introduzione i tratti fondamentali: in pieno giolittismo, nel cuore del riformismo municipale e della politica dei «blocchi popolari», «il percorso di Mussolini è del tutto al di fuori di questa traiettoria», lui «s’iscriverà fra gli irregolari, gl’imprevedibili, i marginali potenziali e reali», miscelando «la retorica estremista e la costruzione di una “carriera”, l’ambizione sfrenata e il bisogno di carisma», per uscire dal borgo rurale in cui è nato, ben descritto da Mario Proli.



Tornato a Forlì, dopo il soggiorno in Svizzera fra rivoluzionari, il suo esordio in piazza nel 1909, per manifestare contro la fucilazione del pedagogista libertario Francisco Ferrer, è incendiario: «Tutti al Vescovado!» per invaderlo e, come ripiego, per abbattere la colonna votiva della Madonna del Fuoco. Il disegno di Mussolini - nota lucidamente Ridolfi - allorché sarà poi direttore di successo dell’Avanti! e, in pratica, leader del partito è quello di ridefinire «in senso centralistico e militante il Psi inteso come punta di diamante e polo di riferimento di tutti i “sovversivi”». Centralismo politico e milizia partitica che saranno i pilastri del «mussolinismo » fascista. Così come l’insistenza retorica ossessiva su se stesso come «l’uomo nuovo».

Nel catalogo edito da Neriwolff (277 pagine, 28 euro), Ridolfi ridisegna bene anche lo stile giornalistico e oratorio del futuro duce in una regione di grandi comunicatori di piazza, fortemente influenzato dal sindacalismo rivoluzionario, con Filippo Corridoni in particolare, caduto in trincea dopo essersi peraltro pentito (lo provano le sue lettere dal fronte) di aver optato per l’intervento. Alle politiche del 1913 Mussolini perde contro l’uscente repubblicano Gaudenzi a Forlì (dove dirige Lotta di classe e, con grande autonomia, la Federazione), stravince a Predappio con 393 voti a 8,ma soprattutto pone le basi per la grande popolarità fra i giovani quando svolterà per l’intervento in guerra, fondando, coi denari degli industriali, il suo Popolo d’Italia.

Leader lo è sin dal tempo delle Magistrali di Forlimpopoli dov’è preside Valfredo Carducci, fratello del poeta. A volte si ritira a leggere sul campanile della vicina chiesa alternando Marx a Bakunin, ma ancor più a Nietzsche e a Stirner. «La più nobile aspirazione dell’uomo è di essere un capo», scrive un giorno sulla lavagna. Ora, siamo alla vigilia delle scelte decisive, Benito non è più il «Benitouscka» dell’esilio svizzero in mezzo ai russi, scrive con enfasi sul primo numero del suo Popolo d’Italia: «Gridare: non potrebbe essere - allo stato dei fatti - molto più rivoluzionario che gridare “abbasso”?» Raccontano che Lenin, dopo la scissione di Livorno (che Trotzki sarà poi incaricato, invano, di ricucire), accolse la prima delegazione del Pcd’I, guidata dal romagnolo Antonio Grazia dei, col sorprendente rimprovero: «Avevate un leader, Mussolini, che vi avrebbe fatto vincere, e l’avete perduto». Ma Benito nel 1921 era già da tutt’altra parte.


l’Unità – 29 aprile 2014

1 commento:

  1. Non so quanti sanno che il giovane Gramsci ha ammirato il Mussolini socialista!

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