05 maggio 2014

PRIMATI DELLA CINA

Shangai

La Cina supera gli Stati Uniti e conferma che questo sarà il secolo dell'Asia. Una rivoluzione che cambierà radicalmente gli assetti planetari e gli equilibri interni alle singole potenze, Europa per prima. Eppure, niente di tutto questo appare nel dibattito elettorale, anche se larga parte delle politiche e delle problematiche sociali europee (maggiore competitività, riduzione del costo del lavoro e del debito pubblico, taglio dello Stato sociale, ecc) hanno la loro causa prima proprio in questo gigantesco sconvolgimento degli equilibri mondiali.


Giampaolo Visetti

La Cina prima economia del mondo


PECHINO. La Cina, entro il 2014, potrebbe superare gli Stati Uniti e diventare la prima potenza economica del mondo. Il sorpasso era previsto nel 2019, ma l’accelerazione della crescita cinese, unita al rallentamento di quella Usa, potrebbe anticipare di cinque anni un passaggio di consegne che diventa il simbolo statistico del cambio di un’epoca. Washington detiene il primato economico dal 1872, anno in cui lo ha rilevato dalla Gran Bretagna. Se il 1800 è stato il secolo del colonialismo e della corona inglese e il 1900 quello del dollaro e della democrazia americana, il 2000 si conferma quello dello yuan e dell’autoritarismo di mercato cinese. Per la prima volta, a indirizzare il destino dell’economia mondiale, sarà una potenza comunista sostenuta da un capitalismo di Stato, ma pure una nazione in via di sviluppo e con un reddito pro capite tra i più bassi del pianeta.

Ad annunciare il sorpasso, uno studio del Programma di comparazione internazionale della Banca Mondiale. Ma dai dati emerge anche che alla super- potenza più ricca del mondo corrisponde uno dei popoli più poveri. Effetto senza precedenti dei modelli matematici. Per la prima volta gli analisti hanno valutato il costo reale della vita, sostituendolo al tasso di cambio ed aggiornandolo a dopo il 2005. È emerso che nel 2012 il Pil cinese è stato pari a 8,2 miliardi di dollari, contro 16,2 miliardi di quello Usa. Il Fondo monetario internazionale stima che nel quadriennio 2011-2014 la crescita di Pechino sarà del 24%, rispetto al 7,6% di Washington.

È dunque la differenza di velocità della crescita a proiettare la Cina al primo posto per volume complessivo di ricchezza.La nuova statura globale della Cina non rispecchia però la realtà interna. Quella che i mercati considerano già la prima economia del pianeta, vanta un reddito annuo pro capite di appena 2 mila euro, che la pone al 110° posto al mondo. Nei villaggi rurali si guadagnano mille euro all’anno, un terzo rispetto al reddito nelle città, 26 volte meno della media Usa. Alla quantità totale della ricchezza non corrisponde dunque la qualità reale del tenore di vita, che vede esplodere il divario tra ricchi e poveri.

Le stime della Banca mondiale potrebbero inoltre essere smentite dai fatti. Nel decennio d’oro 1998-2008, la crescita cinese si è mantenuta al di sopra del 10%. La crisi finanziaria di Stati Uniti ed Europa, con il calo dei consumi, ha travolto un sistema fondato sull’export low cost. Nel 2013 la crescita del Pil ha frenato al 7,7%, quasi la metà rispetto al 2006, la più bassa da un decennio. Per l’anno in corso Pechino ha fissato il target al più 7,5%, ma il primo trimestre si è fermato al 7,4%.

La Cina potrebbe così mancare il sorpasso sugli Usa, o centrarlo nel pieno della crisi del proprio modello di sviluppo. A confortare Pechino, i due “primati impossibili” raggiunti lo scorso anno. Dopo oltre un secolo è tornata ad essere il primo mercato mondiale del commercio, con un volume di beni esportati pari a 4.160 miliardi di dollari. E in ottobre lo yuan è diventata la seconda valuta globale per transazioni finanziarie, dietro il dollaro.

L’atteso sorpasso anticipato Pechino-Washington serve dunque a definire il nuovo peso di economie e mercati in crescita, i mutati equilibri all’interno delle organizzazioni internazionali, dall’Fmi alla Banca mondiale. Resta incomparabile il tenore di vita reale, con il mondo ricco che possiede il 50% del Pil globale e il 17% della popolazione. Una sfida per giustizia sociale e diritti umani che la Cina, nel prossimo decennio, senza riforme profonde difficilmente potrà vincere.


La Repubblica – 1° maggio 2014

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