19 maggio 2014

AMICIZIA TRA AUSTER e COETZEE


Caro Auster», «Caro Coetzee» cos’è l’amicizia?

Questo pezzo è uscito su Europa. (Fonte immagine)

«Ho smesso di leggere tutte le recensioni ai miei libri, che siano positive o negative», scrive Paul Auster in una lettera indirizzata a J. M. Coetzee. Coetzee ne prende atto e risponde ad Auster. Si interroga: «bisognerebbe scrivere una lettera al direttore, replicare alla recensione ingiusta?», ma poi riflette: «I direttori sarebbero felicissimi di un responso del genere: non c’è niente che i lettori amino di più di un bel battibecco letterario nelle colonne della corrispondenza». Nella lettera successiva, Paul Auster conclude: «hai ragione: per uno scrittore sarebbe fatale rispondere pubblicamente a un attacco velenoso».
I lettori saranno anche privati dei battibecchi letterari e delle repliche alle stroncature ricevute da Auster, ma possono ora leggere il libro in cui è riportato il suo carteggio con il premio Nobel per la letteratura J. M. Coetzee. La raccolta di lettere si intitola Qui e ora. Lettere 2008-2011 (Einaudi, pp. 237, euro 19,50).
Sono tanti i temi che vengono dibattuti in queste lettere. Uno è l’amore. Sul quale, però, sembra prevalere, come valore, l’amicizia: «Diversamente dall’amore e dalla politica che non sono mai quello che sembrano essere – scrive Coetzee –, l’amicizia è quello che sembra. L’amicizia è trasparente». Di qualsiasi argomento si parli, infatti, è proprio l’amicizia tra i due ciò che più si respira in queste lettere, dal tono confidenziale e pacato, in cui lo scambio di opinioni mostra una reale curiosità di conoscere il punto di vista dell’altro.
I due parlano soprattutto di sport: lo si ama per ragioni estetiche o per questioni etiche? «Come te ritengo che guardare lo sport in televisione sia in gran parte uno spreco di tempo. Ma ci sono momenti in cui non è così: tipo nei giorni migliori di Roger Federer. Si comincia con l’invidiare Federer – scrive Coetzee –, poi si passa ad ammirarlo, e poi si finisce senza invidia né ammirazione ma esaltati alla rivelazione di quello che un essere umano – uno come noi – può fare». Qualche giorno più tardi, Auster replica: «Quanto all’esaltazione di cui parli quando vedi Federer nei suoi momenti dorati, sono pienamente d’accordo con te. Un senso di timore reverenziale davanti al fatto che un essere umano come me riesca a fare cose simili».
Le stagioni passano, si accenna a una bronchite della moglie, a viaggi, a conferenze da tenere, i due si consigliano film e libri. Intanto il mondo è pressato dalla crisi finanziaria, dal conflitto in Medio Oriente, dalla primavera araba e tutto filtra nel carteggio. Auster, – l’autore diTrilogia di New YorkFollie di BrooklynSunset Park – e Coetzee – lo scrittore di Vergogna,Gioventù o del recente L’infanzia di Gesù – provano a interpretare un mondo che rispetto alla scrittura procede a strappi e senza ordine. Discutono di ebook e di social network, ma intanto Auster fa aggiustare una macchina da scrivere. Discutono di come cambia la morale, e Coetzee scrive: «mi sembra singolare che oggi l’ordine abituale degli eventi per un uomo e una donna sia di essere prima amanti e poi amici invece che prima amici e poi amanti» e si chiede: «quello che sconcerta di più è capire in quale epoca storica viviamo: in un’epoca puritana o in una permissiva?».
Leggendo queste lettere non sembra di spiare in una corrispondenza privata. Viene spesso da chiedersi in che momento i due abbiano deciso di pubblicarle e in che modo il tutto sia passato sotto un editing, fosse pure degli autori stessi. Curioso infatti, se confrontato con altri epistolari, che non si parli mai male di nessuno, neanche una malignità verso un collega, non c’è traccia di invidie, gelosie e veleni che di solito occupano le corrispondenze dei grandi scrittori.
Sempre interessante, comunque, ascoltare le idee di due che vivono di immaginazione. Come quando Paul Auster scrive: «Senza lo scandalo sessuale di Clinton, probabilmente niente Bush. E senza Bush, forse niente 11 settembre – che avrebbe voluto dire niente Iraq, niente Afghanistan, niente torture illegali». O quando Coetzee, sudafricano che vive in Australia, scrive: «In Africa non è possibile essere un intellettuale nella propria lingua madre; e neppure uno scrittore di valore».
Tra insonnie, scrittura di romanzi che vengono abbandonati e jet leg, cresce in ognuno di loro la necessità di raccontarsi all’altro. Si sa, «le amicizie migliori sono basate sull’ammirazione».

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