03 maggio 2014

UNA MISTICA AMICA DI DIO



Nella nuova edizione del libro di Luisa Muraro «Le amiche di Dio» spicca la figura di Margherita Porete, religiosa, teologa e scrittrice vissuta sotto Filippo Il Bello e poi condannata al rogo per eresia.

Alessandra Pigliaru



La libertà delle mistiche

Nell’ambito della mistica cri­stiana la pre­senza fem­mi­nile è sem­pre stata rile­vante. Basta ricor­dare i nomi di Angela da Foli­gno, Giu­liana di Nor­wich, Hadewi­jch d’Anversa ma anche Matilde di Mag­de­burgo e Teresa D’Avila, per ren­dersi da subito conto che si tratta di una scena gene­rosa dotata di splen­dore. Que­ste donne hanno fatto della pro­pria espe­rienza spi­ri­tuale una ricerca ine­sau­sta e sor­pren­dente con deci­sive rica­dute sulle pra­ti­che quo­ti­diane e sulla rela­zione con il divino.

La nuova edi­zione del libro di Luisa Muraro, Le ami­che di Dio. Mar­ghe­rita e le altre (Ortho­tes, pp. 262, euro 17), a cura di Clara Jour­dan e ampliata in appen­dice da un sag­gio di Blanca Garí, è il rilan­cio di una scom­messa ini­ziata ormai oltre vent’anni fa. Si col­loca in un corol­la­rio di testi e inter­venti pub­blici pre­cisi, alcuni dei quali apparsi anche nelle pagine di que­sto gior­nale dalla fine degli anni Ottanta. Da libri impor­tanti come lo stu­dio dedi­cato all’eresia fem­mi­ni­sta diGuglielma e Mai­freda (1986), a Lin­gua materna scienza divina (1995) fino ad arri­vare a Il Dio delle donne (2003), il punto è sem­pre anche poli­tico, trat­tan­dosi di un’esperienza di dif­fe­renza e dun­que di un sim­bo­lico fem­mi­nile che la sostanzia.

Le ami­che di Dio attiene al gran­dioso affre­sco della mistica fem­mi­nile euro­pea vista come risorsa di libertà. Cen­trale nel volume di Muraro è Mar­ghe­rita Porete, beghina vis­suta durante il regno di Filippo il Bello. Il suo per­corso spi­ri­tuale audace e fuori dal comune le costò l’accusa di ere­sia, pro­cu­ran­dole infine la morte sul rogo il 1° giu­gno 1310 a Parigi, in place de Grève. Le parole con­te­nute nel suo capo­la­voro Lo spec­chio delle anime sem­plici hanno cir­co­lato in Europa, sep­pure ano­ni­ma­mente, per sette lun­ghi secoli fino a quando nel 1965, gra­zie a Romana Guar­nieri, al testo viene resti­tuita la sua legit­tima autrice.

Un mondo intero e deci­sivo si muove già den­tro quelle parole che vanno a creare una vera e pro­pria teo­lo­gia in lin­gua materna. Que­sta teo­lo­gia nata nel XIII secolo, su cui si con­cen­tra Muraro, è sto­ria di uno scam­bio, un con­ti­nuum che esor­bita dal tra­di­zio­nale rap­porto dell’uomo con Dio.

Cono­scere e far cono­scere la scrit­tura della mistica signi­fica dare conto di una mol­ti­tu­dine di saperi, pra­ti­che e desi­deri, e insieme della sco­perta di un tesoro da un punto di vista let­te­ra­rio, poe­tico spi­ri­tuale e poli­tico. Le espe­rienze, le scrit­ture e le sto­rie ripor­tate da Muraro bucano l’ordine sociale così come i codici lin­gui­stici della tra­di­zione cri­stiana, in rap­porto ai quali non stanno con­tro ma oltre.

Per Mar­ghe­rita Porete l’autorizzarsi a una let­tura libera delle Sacre Scrit­ture (di cui tratta spe­cial­mente Blanca Garí) pro­cede per un iti­ne­ra­rio che le supera andando nella dire­zione di una man­canza che segna il rap­porto con il divino. Una man­canza che è un non bastarsi ori­gi­na­rio e che viene a risco­prirsi come gua­da­gno. Pen­sato e tra­dotto come un per­corso di luci e cadute, Lo spec­chio delle anime sem­plici sta fuori dal discorso ascen­sio­nale della mistica cri­stiana per rac­con­tare che il pas­sag­gio attra­verso quella man­canza, quando accet­tata, crea e attiva per poi far fluire un potente varco d’amore.

Diver­sa­mente da altre misti­che, per esem­pio Ilde­garda di Bin­gen, Porete non è visi­tata da nes­suna voce di auto­rità esterna. L’unica media­zione rico­no­sciuta tra l’essere finito (que­sto mondo) e l’assoluto (Dio) è il pas­sag­gio abi­tato dalle cosid­dette anime annien­tate, ovvero le dames che nelloSpec­chio appa­iono come le Signore che nes­suno cono­sce tranne Dio. L’annientamento di ogni facoltà, cir­co­lante in tutta la scrit­tura mistica, si accom­pa­gna però in lei, e potremmo dire nel beghi­nag­gio in gene­rale, ad una pra­tica quo­ti­diana e di impe­gno nei con­fronti del mondo, una con­di­zione che non implica pas­si­vità alcuna.

Il muta­mento radi­cale che viene agito passa per la rela­zione con Dio, ma in Porete così come in tutta la mistica fem­mi­nile l’essere donna è diri­mente per­ché quell’amore è la pos­si­bi­lità – del tutto con­tin­gente – che Dio capiti a que­sto mondo. Una dif­fe­renza senza ter­mini di con­fronto e impren­di­bile che non dice la libertà di Dio ma delle misti­che. L’amicizia con Dio non fa infatti di que­ste donne delle serve né delle rap­pre­sen­tanti ma, appunto, delle ami­che, sostan­zian­dosi in una spor­genza del desi­de­rio che oltre­passa la realtà visi­bile e già data, fino a con­ce­pire l’infinito.

La domanda che ci si può porre è: in che modo il discorso sulla mistica inter­lo­qui­sce con la rifles­sione poli­tica delle donne? In che modo cioè può essere un gua­da­gno per il pre­sente? In que­sto senso va accolta l’inaugurazione espli­cita della rubrica della rivi­sta Via Dogana che dal dicem­bre scorso si occupa appunto di «Impa­rare poli­tica dalla mistica». Ma non sarebbe suf­fi­ciente se non si desse conto di un tra­gitto più lungo che rac­conta di un gua­da­gno indi­scu­ti­bile nel fare la cono­scenza di que­ste donne e delle loro parole.

«Quella che le scrit­trici misti­che met­tono in parole, per quanto ciò sia pos­si­bile, è la verità dell’esperienza, gua­da­gnata dal vivo del loro vivere, lot­tando con le parole». E con i pro­pri corpi. Anche quando di que­ste vite sap­piamo poco, come per Mar­ghe­rita Porete la cui bio­gra­fia è rin­trac­cia­bile solo nei docu­menti sul suo pro­cesso per ere­sia. Anche in que­sto caso un corpo vivente, ses­suato, è stato al mondo rac­con­tan­doci la pro­pria rela­zione con la libertà, resti­tuen­doci l’essenziale della pro­pria espe­rienza.

Per dire la con­tin­genza di Dio, nel senso indi­cato sopra, e che il desi­de­rio passa per ciò che si scrive ma anche per il rifiuto, netto e sicuro, oppo­sto agli inqui­si­tori che esi­ge­vano da lei un giu­ra­mento di sot­to­mis­sione. Dagli atti del pro­cesso, risulta sia andata a morire serena. Vogliamo imma­gi­narla come un’amica esi­gente e inna­mo­rata, di Dio (lui o lei che sia) ma soprat­tutto di un ori­gi­nale quanto straor­di­na­rio cam­mino di verità che ce la rende prossima.



il manifesto - 29 Aprile 2014  
Luisa Muraro
Le ami­che di Dio. Mar­ghe­rita e le altre 
Ortho­tes, 2014

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