Pubblichiamo un articolo di Claudio Riccio uscito su Il Corsaro.
Claudio Riccio
Decostruire la Casta. Costruire il popolo
Chi ricorda più l’oggetto del caos parlamentare di alcuni
giorni fa? Si dibatteva del regalo per le banche italiane contenuto nel decreto Bankitalia,
ma l’argomento è scivolato, sparito nel calderone di insulti e accuse
reciproche, insieme al caso Electrolux, ai tassi drammatici di
disoccupazione, alla nascita di FCA e al compimento della strategia di
Marchionne. Tutto è passato in secondo piano.
In molti hanno liquidato tutta la vicenda come “una
clamorosa serie autogol di Grillo”, “segno del nervosismo di un leader
che prova disperatamente a recuperare consensi”; ma siamo sicuri sia
così?
Il post di Grillo che aizzava i suoi contro la Boldrini, il tweet di Messora sullo stupro e il falso tweet del Presidente della Camera costruito
ad arte ci dicono molte cose sulla strategia di Casaleggio e Co. [Altri
hanno scritto a riguardo, molto è sintetizzato bene in due articoli di
Dino Amenduni 1/2]
Il contesto politico è cambiato da due mesi ormai, le
europee si avvicinano e Renzi punta la sua intera strategia elettorale
sul fare, convinto che il suo attivismo sarà sufficiente a far
sgonfiare il consenso attorno a Grillo e a sconfiggere il centrodestra
berlusconiano che con Casini torna ad essere realmente competitivo. Il
sindaco di Firenze punta a capitalizzare consenso con rapide accelerate e
proposte a effetto che possano anche solo apparire concrete, ed
effettivamente nel dibattito superficiale che caratterizza media e sfera
pubblica riesce a risultare convincente ai più finché si discute di
questioni concrete. Grillo davanti a questo contesto sceglie la
gazzarra, decide di radicalizzare lo scontro parlamentare-televisivo,
polarizzandolo sullo schema casta-anticasta puntando a capitalizzare al
massimo l’insofferenza diffusa.
Grillo non cavalca la confusione istituzionale, la genera,
approfittando di un contesto favorevole e utilizzando, come nel judo,
l’energia che tutti i sostenitori delle larghe intese e della stabilità
riversano contro di lui per rilanciare i propri attacchi, compattare il
Movimento al proprio interno e continuare a crescere. All’aumentare del
caos, infatti, davanti a uno spettacolo “che ricorda le migliori zuffe
da trasmissione di Maria De Filippi” sale l’audience, la discussione
entra nei bar e anche gli spettatori-cittadini più distratti, quelli che
spesso non votano, si accorgono di quel che sta accadendo in
parlamento. Agli occhi di chiunque osservi la scena lo spettacolo
risulta indecoroso e il disgusto aumenta esponenzialmente. Tale disgusto
travolge tutti, allo stesso modo, eccezion fatta per i grillini, che su
larga scala e al netto di un numero risibile di elettori persi, vedono
lievitare i propri consensi elettorali. Più caos, più disgusto, più
consenso anticasta. È la legge ferrea del disgusto.
Con l’aumentare della crisi economica e sociale, e in assenza di una
vera opposizione, forte ed efficace, radicalmente alternativa alle
larghe intese, la strategia di Grillo e Casaleggio, apparentemente
rozza, risulta essere estremamente efficace. Se cresce l’unanimismo
della stampa e delle forze politiche raccolte nelle larghe intese, e se
al contempo si indebolisce l’opposizione sociale e politica di sinistra,
a crescere sarà la forza potenziale del grillismo.
Lo scontro e la sua spettacolarizzazione non servono quindi
alla battaglia politica, ma a quella elettorale: il fine passa in
secondo piano rispetto alla crescita elettorale del Movimento (che
dovrebbe esserne solo lo strumento).
Il problema quindi non è la durezza dello scontro (al netto
delle minacce e dei vergognosi insulti sessisti di queste ore), ma la
finalità per cui lo si innalza. L’inutilità di uno scontro fine a se
stesso è data anche dall’assenza di relazione tra palazzo e piazza, e
dalla distanza dai conflitti reali che pure esistono nella nostra
società. Come evidenzia questo articolo, anche nel 1953 contro la legge truffa ci furono durissime scazzottate nelle aule parlamentari, ma fuori da quelle mura uno sciopero generale rendeva vero e non simulato tale scontro.
Il conflitto politico e sociale è utile a contrastare chi
porta avanti provvedimenti socialmente iniqui e a cambiare i rapporti di
forza nella società. La caciara e gli insulti sono utili a chi porta
avanti provvedimenti socialmente iniqui, per distrarre l’opinione
pubblica, e a chi mira solo a guadagnare qualche punticino percentuale
nei sondaggi.
Ideologici senza ideologia
Nel secolo passato le ideologie sono state, oltre che un
grande motore della storia, con un imponente carico ideale e di
contenuto, anche uno schema interpretativo della realtà.
Indipendentemente dal livello di studi conseguiti e dal tasso di
alfabetizzazione, attraverso le ideologie ciascuno riceveva degli
strumenti di interpretazione della realtà e poteva così scegliere da che
parte stare, di modo che alla mancanza di istruzione non corrispondesse
la mancanza di coscienza.
Oggi la critica sistemica al capitalismo viene ridotta a
teorie complottiste: c’è il mito esterofilo di un capitalismo buono;
fuori dai confini nazionali c’è un mondo funzionante, governi onesti, si
vive meglio e non esiste la casta, ma lobby transnazionali che tramano
nell’ombra e un’Unione Europea di burocrati che ci affama.
Nella lotta casta-anticasta il reddito e la condizione
sociale non hanno influenza alcuna, come si evince non solo dai messaggi
interclassisti dei forconi, ma anche da come sono percepiti gli
imprenditori “buoni” in stile Della Valle, che pontificano contro la
casta seduti sulle loro grandi ricchezze.
Azzardando una semplificazione lo schema politico del
grillismo si basa su un sistema ideologico senza ideologia. Il conflitto
capitale-lavoro diventa uno scontro tra onesti e ladri, l’alienazione è
ridotta a frustrazione e rabbia per una classe dirigente corrotta e i
cittadini stanno alla casta come i proletari stavano al capitalismo.
Grazie a questo schema che agisce come un potentememe i
cittadini individuano facilmente chi è il nemico e qual è la parte da
cui schierarsi. Aumentare il livello dello scontro e di disgusto per il
sistema politico serve solo per portare un numero crescente di cittadini
a schierarsi, maturando una coscienza anticasta.
La like democracy è
anche questo. I messaggi si propagano indipendentemente dal contenuto,
si basano sull’emotività che generano, di modo che diventa impossibile
distinguere l’evento di portata storica dalla cazzata. Più i
messaggi sono semplici più si diffondono rapidamente e in maniera
efficace; e più un messaggio si diffonde velocemente più è difficile
contrastarlo. I tempi dell’azione politica sono oggi molto più lenti
della politica intesa come pensiero, discussione e azione collettiva, e
approfittando dei meccanismi di diffusione emotiva tale schema
ideologico trova terreno fertile.
Lo schema è totalizzante, la divisione delle parti è netta e
senza sfumature. Scrive Laclau che il populismo, più che una categoria
politica, è un’enfasi sul discorso, ancor di più il grillismo è enfasi
senza un contenuto a priori. L’alternativa a tale progetto di egemonia
a-culturale non può essere un razionale e ponderato rifiuto di schemi
semplificati. Serve, invece, una proposta politica chiara, netta,
profonda ma semplice, che unisca contenuto e enfasi abbandonando
l’inefficace ostentazione di sobrietà ereditate dalla cultura
dell’Ulivo, come “la serietà al governo” o “l’opposizione responsabile”.
Quel mostro della casta
La casta, così centrale nel nostro dibattito pubblico, era
stata creata in laboratorio come arma finale per eliminare gli avversari
politici della peggior borghesia italiana; è poi ben presto sfuggita di
mano ai suoi creatori, ritorcendosi contro loro stessi.
Ne ha parlato qualche mese fa Massimo Mucchetti, ex vice direttore del Corriere della Sera
e attualmente senatore del Partito Democratico, che in un’intervista ha
raccontato come il libro di Rizzo e Stella e le inchieste che lo hanno
preceduto facessero parte di “una campagna politica che, mettendo in
luce le debolezze reali del governo Prodi, puntava sui tecnici che
avrebbero dovuto avere alla loro testa Montezemolo. Una grande idea
giornalistica, una piccola idea politica. E alla fine, complice una
politica cieca, la guerra alla Casta senza la capacità di proporre
alternative reali ha generato il Movimento 5 Stelle. Che ora attacca
politici e giornalisti”.
L’effetto Frankenstein, la ribellione della casta ai propri
creatori, era allora evitabile? In parte no: solo una classe politica
più attenta, meno corrotta e più capace di rispondere alle esigenze dei
cittadini avrebbe potuto disinnescare l’ordigno. Ma nel momento in cui
una parte consistente dell’establishment ha iniziato a sostenere e
alimentare il frame della casta, esso è divenuto indomabile. Le classi
dirigenti non potevano maneggiare a lungo una retorica concepita per
distruggere i propri simili.
Il terreno di ogni discorso ha delle direzioni
predeterminate che non sempre è possibile dirottare. Le parole producono
emozioni, sentimenti, suggeriscono risposte. Il terreno del discorso è
un piano inclinato: il frame della casta circonda ogni ambito del
discorso politico, anche a livello quasi inconscio. È difficilissimo
sostenere un discorso politico con un qualunque cittadino, elettore di
qualunque forza politica, senza che questo scivoli più o meno
rapidamente sul tema dei costi della politica, facilmente il dibattito
verrà travolto, semplificato al punto da essere svuotato del contenuto, e
il “sono tutti uguali”si afferma senza possibilità di smentita.
Tale scontro tra casta e anticasta, è uno scontro in cui i
due nemici si alimentano a vicenda, ciascuno consolida la propria
posizione, da un lato chi evoca il cambiamento, dall’altro chi mima la
rivolta. Per cacciare le classi dirigenti responsabili dello sfacelo del
nostro paese serve decostruire il discorso della casta, disinnescare
l’ordigno e mettere fine a questa finta guerra che ci costringe a stare
rintanati nei nostri rifugi, osservando dalla finestra le macerie del
massacro sociale e in televisione la “guerra civile simulata” (come
l’ha definita Giuliano Santoro).
La casta, infatti, banalizza la questione democratica al
punto da annullarla come problema politico. Il tema viene ridotto non
più a un’assenza di democrazia in quanto autodeterminazione, tutto si
sposta sul mero giustizialismo e su un generalizzato desiderio di
trasparenza, in cui la legalità soppianta la giustizia sociale.
Democrazia non significa più “noi vogliamo decidere”, ma “non vogliamo che lui rubi”;
Il tentativo messo in campo da Grillo è che non si giudichi più il
proprio rappresentante nelle istituzioni sulla base di quel che pensa,
ma di quanto ruba.
E siccome “tutti rubano, hanno rubato, o ruberanno”, se ne
deduce che “sono tutti uguali”, indipendentemente dalla parte politica.
Lo schieramento diventa una variabile ininfluente, si afferma il “né destra né sinistra”. La
politica diventa funzione amministrativa, gestione dell’esistente,
schiacciata tra trionfo della tecnica e banalizzazione del governo,
rinunciando così a qualunque vocazione di trasformazione dell’esistente.
Sono molte le tendenze ambivalenti e le contraddizioni che
convivono in questo tipo di discorso pubblico. Da un lato l’affidarsi
ciecamente ai tecnici, agli esperti, alla retorica delle competenze: il
fondamentalismo della meritocrazia su cui si fondano i conservatori, i
tecnocrati e anche i falsi innovatori à la Renzi. Dall’altro l’idea del
governo come semplice amministrazione, per cui chiunque può governare,
non esistono statisti, politici, ma solo cittadini onesti, “dipendenti
di altri cittadini”, meri esecutori. Non si tratta di due idee
contrapposte, e neppure delle opposte facce di una stessa medaglia, ma
due terreni contigui di un medesimo discorso, i cui labili confini
sfumano l’uno nell’altro. Nello stesso sistema di parole-chiave
dell’anticasta ritroviamo entrambi gli schemi, solo apparentemente
opposti e incompatibili. Si rivendica gente competente e onesta, tecnici
che ci salvino dal baratro, ma al contempo la storica ambizione della
gente comune, del popolo, di irrompere nella politica e nella scena
pubblica, in assenza dei partiti di massa viene ridotta a semplice
aspirazione individuale a dare il proprio contributo, si afferma la like democracy; l’alternanza è tra il fideismo nei tecnocrati, socialmente stronzi ma
rassicuranti, e la delega senza programma al magma indistinto dei
cittadini, due schemi che non producono cambiamento, ma consentono al
pilota automatico di governare, lasciando invariati i rapporti di forza.
Lo spazio di una sinistra nuova
In tanti, elettori disillusi di sinistra, orfani di un
soggetto generale in cui organizzare la propria indignazione, guardano
il fenomeno Grillo e dicono “il Movimento 5 Stelle ha enormi potenzialità, peccato non le utilizzi appieno per cambiare il paese”.
Ma siamo sicuri che quelle potenzialità di cui tanti parlano siano da
attribuire al Movimento di Grillo? Le potenzialità di cui si parla
sarebbero da attribuire ad un soggetto radicalmente alternativo agli
attuali partiti, che esprimesse una critica profonda all’attuale sistema
economico e sociale e raccogliesse l’indignazione diffusa organizzando
dal basso i cittadini per cambiare i rapporti di forza, ricostruire la
democrazia e redistribuire le ricchezze. Ma il Movimento Cinque Stelle
si limita a sfruttare solo in termini elettorali tale potenzialità, che
invece un tuttora inesistente soggetto politico di sinistra potrebbe
raccogliere per far davvero vacillare l’equilibrio precario delle
gattopardesche larghe intese e del governo della crisi.
Tale potenzialità è inespressa non solo per colpa di errori
storici della sinistra italiana, ma anche perché lo spazio politico
odierno è schiacciato tra due differenti tipologie di forze, entrambe
conservatrici nella sostanza: entrambe conducono, avallano o consentono
politiche antisociali e che potremmo definire antipopolari. Sono
i tecnocrati antipopolari e i populisti antipopolari dall’altro; è il
nostro bipolarismo che consente la stabilità, più di qualunque legge
elettorale truffa.
Per costruire un’alternativa al bipolarismo bisogna allora
partire da un’analisi dell’attuale spazio politico. Proviamo a
semplificare i due poli in uno schema:
Tecnocrati e conservatori antipopolari | Populisti antipopolari |
Il governo si affida ai tecnici e al pilota automatico. “Non c’è alternativa di sistema possibile” |
Banalizzazione delle funzioni di governo: - tutti possono governare, indipendentemente dalle competenze; - tutti possono essere delegati, purché siano onesti. |
Conducono politiche inique e antisociali | Consentono politiche inique e antisociali |
Contro l’Europa dei popoli |
Contro l’Unione Europea
|
Metodi non democratici | Metodi non democratici |
Si oppongono al cambiamento | Incapaci di favorire il cambiamento |
Reprimono il conflitto sociale | Separati dal conflitto sociale |
Rappresentano le classi dominanti | Interclassisti |
La proposta politica della nuova sinistra deve essere chiara, comprensibile, replicabile, con la chiarezza schematica usata anche da altri, ma accompagnata dalla forza delle idee complesse e dalla pratica e dalla rivendicazione di una democrazia radicale che non si limiti al pur necessario scontro tra governati contro governanti, ma ponga il tema del cambiamento come esito non del governo a tutti i costi, ma dell’autogoverno, perché come scriveva Vittorio Foa “politica non è solo comando, è anche resistenza al comando, che politica non è, come in genere si pensa, solo governo della gente, politica è aiutare la gente a governarsi da sé”.
È prioritario e necessario che la politica torni a svolgere
la propria funzione di educazione delle masse. Al contrario, se la
politica si lascia dettare la linea dai peggiori istinti cannibaleschi
del tutti contro tutti, finirà per farsi educare (o diseducare) dalle
masse, abdicando alla propria funzione di scontro egemonico attorno alle
idee per ridursi a scontro elettorale che asseconda l’esistente.
La nuova sinistra deve produrre un lessico e una nuova grammatica e
creare nuove identità, a partire dalla ricostruzione di legami solidali e
collettivi; riannodare i fili di una umanità sfilacciata, di
soggettività sparse, far incontrare solitudini, destituire e decostruire
la casta, per costruire un popolo e una speranza di cambiamento.Questo articolo è stato pubblicato oggi anche dal sito minima&moralia
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